2020-12-14
Caro Mattarella, cosa aspetta a fare il Cossiga?
Ma so anche che se davvero lei ha a cuore il bene del Paese, starà soffrendo, tanto quanto soffrono gli italiani di fronte a uno spettacolo politico indegno della tragedia che stiamo vivendo: i tira e molla, i ricattini, le trattative segrete, il rimpasto, le manovre, gli sgambetti, le vanità. Caro presidente Mattarella, lo so che per il fatto solo di rivolgermi a lei sto già commettendo un'infrazione. Lo so che nei salotti buoni storceranno il naso e diranno che non si fa. Lo so che ripeteranno la filastrocca del capo dello Stato che «non si tira per la giacchetta». Lo so che ultimamente lei vive in una specie di iperuranio mistico, circondato da sacrale riverenza, e parla soltanto per mezzo di aruspici e quirinalisti ventriloqui. Lo so che ormai sembra peccato mortale anche solo citare il suo nome, come se fosse Dio. Ma so anche che se davvero lei ha a cuore il bene del Paese, starà soffrendo, tanto quanto soffrono gli italiani di fronte a uno spettacolo politico indegno della tragedia che stiamo vivendo: i tira e molla, i ricattini, le trattative segrete, il rimpasto, le manovre, gli sgambetti, le vanità. Un palazzo che si contorce su sé stesso mentre il Paese va cadendo a pezzi. E lei che di questo Paese dovrebbe rappresentare la tenuta e l'unità, come fa a tacere?Lo so che il galateo tradizionale impone di non dare consigli al presidente della Repubblica, così come non si danno consigli al Papa e tantomeno a Dio. Però stiamo vivendo una strana epoca in cui ogni galateo è saltato, tutte le regole sono violate, stiamo facendo ciò che mai avremmo pensato. Se il presidente del Consiglio può vietarmi con un Dpcm di vedere mia mamma a Natale, non si può forse rompere anche la consuetudine che vuole il capo dello Stato inarrivabile nel suo iperuranio mistico? E dunque, smettendo ogni prudenza, le pongo la domanda che conservo in cuore da qualche tempo: scusi, Mattarella, ma che aspetta a fare il Cossiga?Ci pensi: la nazione smarrita ha bisogno di sentire una voce forte. Il palazzo deve esser strapazzato per uscire dalle sue nebbie appiccicose. È urgente. Bisogna farlo subito. E se lei non lo farà, diventerà complice di questa situazione, delle crescente rabbia degli italiani, di una società che si sta sgretolando, di un'economia che sta morendo. Dell'incapacità di chi ci governa. Che aspetta dunque a parlare? Che aspetta a pronunciare parole finalmente all'altezza del momento? È finito il tempo delle cerimonie vacue, delle dichiarazioni impomatate, delle formule vuote. Di fronte ad aziende che chiudono, imprenditori che si ammazzano, famiglie che vedono svanire il loro futuro, non sono accettabili le solite frasi borotalco che le abbiamo sentito dire in queste ore: «nuova stagione di sviluppo», «priorità strategiche per diffondere il benessere», «grandi opportunità che non possiamo disperdere»…. Ci vuole ben altro. Una svolta. Ci pensi. In fondo anche Cossiga era democristiano come lei, anche lui era silenzioso come lei, anche lui era servitore delle istituzioni. Ma a un certo punto, di fronte al precipitare degli eventi, capì che bisognava cambiare passo. Anche ora gli eventi stanno precipitando. Da una parte ci sono gli italiani che non ce la fanno più, dall'altra il palazzo che ripete all'infinito i suoi riti osceni. Non sarebbe il caso di far sapere lei da che parte sta?