2025-11-22
Con Garofani gran consigliere il Quirinale ci ha incatenati a Parigi
Mattarella e macron in occasione dell'incontro per la firma del Trattato del Quirinale del 2021 (Ansa)
Il Trattato del 2021 vincolava l’Italia alla Francia anche nello sviluppo dell’industria spaziale, satellitare e della difesa. Ma i gruppi transalpini partivano da una posizione di vantaggio e i nodi vengono al pettine.«Le Parti riconoscono l’importanza della loro cooperazione bilaterale nella costruzione dell’Europa dello spazio, che costituisce una dimensione chiave nell’autonomia strategica e nello sviluppo economico europeo». Recita così il primo comma dell’articolo 7 del Trattato del Quirinale, uno degli accordi bilaterali più importanti siglati nel secondo dopoguerra tra due potenze del Vecchio continente: Italia e Francia, appunto. Quel patto, eravamo nel novembre del 2021, fu voluto fortemente dal premier dell’epoca Mario Draghi e ancor più convintamente sostenuto dal capo dello Stato Sergio Mattarella. Francesco Saverio Garofani, l’uomo del presidente che auspica uno «scossone» contro il governo Meloni, già all’epoca lavorava per il Quirinale. Era consulente per le questioni istituzionali, ma da lì a breve (nel 2022) sarebbe diventato consigliere per gli affari del Consiglio supremo di difesa. E Garofani, come documentato dalla Verità, di spazio e satelliti se ne intende. Nella sua decennale carriera in commissione difesa (da relatore e poi da presidente) ha seguito il sistema di satelliti militari denominato SICRAL, prodotto dalla società italo-francese (Thales Alenia Spazio), auspicando «una possibile intesa bilaterale con la Francia».Proprio quelle che si è avverata nel 2022 sul Colle. Certo, nel Trattato si parla di collaborazione a 360 gradi - dagli affari esteri fino agli accordi migratori per arrivare ai progetti in tema di cultura, ricerca e transizione digitale ed ecologica - ma stringi stringi è sui temi di economia e difesa che si fanno i conti. E su quelli vale la pena insistere, anche perché a detta di buona parte degli analisti in molti punti quel trattato ha spianato le strade del Belpaese ai cugini d’Oltralpe. «Nel settore dell’accesso allo spazio», si legge ancora al comma 3 dello stesso articolo di cui sopra, «le parti sostengono il principio di una preferenza europea attraverso lo sviluppo, l’evoluzione e l’utilizzo coordinato, equilibrato e sostenibile dei lanciatori istituzionali Ariane e Vega [...] Nel settore dei sistemi orbitali, esse intendono incoraggiare e sviluppare la cooperazione industriale per l’esplorazione e l’osservazione della terra e per le telecomunicazioni...». Di cosa parliamo? Di satelliti che possono servire ai fini più disparati - dalla difesa alle tlc fino al monitoraggio - e dei lanciatori, cioè delle piattaforme dalle quali i vettori prendono il via. Quattro anni fa dire che Parigi partiva da una situazione di vantaggio appariva addirittura pleonastico: l’industria dei lanciatori dipendeva sostanzialmente dalle commesse di ArianeGroup (francese) e il lanciatore Vega (della nostra Avio) era commercializzato dalla Arianespace. La storia poi ci ha detto che quell’alleanza non ha avuto seguito. Ariane e Vega (Avio) hanno divorziato, ma le premesse erano quelle descritte.Passiamo ai satelliti. Chiaro che il Trattato del Quirinale fosse una sorta di patto costitutivo per la creazione di un sistema orbitale europeo che potesse far concorrenza, anche per gli scopi militari, alla strapotenza tecnologica americana. Missione difficile, se non impossibile, ma lo scopo nel lungo periodo era quello. E a quattro anni di distanza possiamo dire che l’obiettivo di fondo è stato raggiunto, ma che è difficile affermare che tutto questo abbia portato a un effettivo vantaggio per imprese e cittadini europei. Qualche mese fa è miseramente fallito il tentativo di Musk di entrare in Italia con la sua SpaceX e quindi con i satelliti di Starlink. Il primo passo era un contratto quinquennale per il governo e la difesa, ma le mosse successive avrebbero sicuramente riguardato le telecomunicazioni e le possibilità di cablare le aree meno raggiungibili del Paese. Quell’accordo, ormai è storia, non piaceva allo stesso Quirinale e sembra che il consigliere per la Difesa del Colle, Francesco Saverio Garofani, abbia avuto un ruolo non secondario in quella decisione. Mentre poche settimane fa la nostra Leonardo, la francese Thales e la franco-tedesca Airbus hanno dato vita al cosiddetto progetto Bromo, proprio con l’obiettivo di sfidare il dominio spaziale di Starlink.Parliamo di una società da 10 miliardi. Un potenziale colosso rispetto al quale restano però delle incognite. Tecnologiche di certo, perché proprio in questi giorni Musk ha raggiunto l’obiettivo dei 10.000 satelliti in orbita, e in quanto a costi, resilienza e qualità delle connessioni è avanti. E poi sulla governance. Chi comanderà nell’alleanza dello spazio europeo? I comunicati evidenziavano che si sarebbe trattato di un controllo congiunto e bilanciato, con una ripartizione azionaria che vedeva Airbus al 35% e il 32,5% ciascuno per Leonardo e Thales. Ma i conti si faranno in seguito. Con la scelta degli uomini.Vedremo. La speranza è che i moniti dei detrattori del Trattato del Quirinale non si avverino. Perché vorrebbe dire che la decisione anche del Colle di legarci a doppia mandata con Parigi non è stata così avveduta. E probabilmente che non è stata neanche ben consigliata.
Fabrizio Cicchitto (Ansa)
Angelo Fanizza (Imagoeconomica)
Francesco Saverio Garofani (Imagoeconomica)
Roberto Fico (Imagoeconomica)