2025-11-22
Per negare lo scoop si inventano pure il piano del Cremlino
Fabrizio Cicchitto (Ansa)
Rispunta Cicchitto e la spara: l’affaire Garofani sarebbe opera del Kgb. E per certi colleghi le uniche inchieste sono quelle su di noi.Se l’Italia è un paese limaccioso è perché non si parla mai della Luna, ma del dito che la indica. E il mondo dell’informazione sta facendo di questa opera di distrazione di massa una disciplina olimpionica. Dopo le rivelazioni di questo giornale sul caso di Francesco Saverio Garofani è partita una surreale caccia alle nostre fonti, in un misto di invidia e rimozione dei fatti. Questa caccia è una violazione smaccata della deontologia professionale, ma nei giornali di proprietà di editori non puri, impegnati nelle stesse ore a nascondere anche l’imbarazzante notizia dei patteggiamenti per la truffa all’Inps fatta a Repubblica, il fatto che nessuno abbia potuto smentire quei virgolettati sfuggiti a un consigliere di Sergio Mattarella non è bastato.Da sempre, tra colleghi, quando si prende un buco si tenta di restituirlo con gli interessi. Qui invece tutti a insinuare in pubblico e a chiedere in privato: «Avete l’audio?». I ragionamenti di Garofani a un tavolo di tifosi vip giallorossi erano decisamente interessanti. E si prestavano ad almeno un paio di letture: un consigliere del Quirinale ritiene la situazione attuale pericolosa e teme che Giorgia Meloni vinca di nuovo (quindi si augura «uno scossone») e poi vede la carenza di leadership all’interno del centrosinistra come un grave problema. L’incontro tra il premier e il capo dello Stato dovrebbe aver risolto il primo problema, anche perché di «scossoni» in Italia ne abbiamo già visti tanti, dal 1994 in poi. Il secondo tema invece avrebbe dovuto interrogare retroscenisti e commentatori vari, perché quelle chiacchiere di fronte a una carbonara confermano ciò che molti dicono a mezza bocca nelle opposizioni: con la Schlein non si vince.Di questo si sarebbe dovuto parlare di fronte allo scoop della Verità. E invece abbiamo assistito a fenomeni paranormali. Giornali come Stampa e Repubblica si sono dedicati alla caccia alla fonte della Verità, facendo uno scrupoloso (quanto inutile) esame dei 16 commensali. Lo scopo quale sarebbe? In una normale competizione tra cronisti, se si individua la fonte di chi ti ha dato il buco la si chiama e si tenta il contropiede. Qui invece bisogna arrivare a svelare la fonte, che per legge sarebbe da tutelare, per poterla poi incasellare, collegare, denigrare e silenziare. In modo che quei virgolettati, finora mai smentiti, possano essere cancellati collegandoli a un presunto traditore della Curva Sud. Che se poi la fonte fosse un laziale, il complotto sarebbe di una bellezza assoluta. In questa fatica degna di miglior causa si sono distinti anche i colleghi del Giornale diretto da Alessandro Sallusti, che hanno voluto far sapere all’Italia che anche loro avevano ricevuto analoghi virgolettati tramite email. Solo che, forse per la modalità della ricezione dello scoop, si sono comportati come l’ufficio postale di un’isola greca ad agosto. «Contiene notizie, non toccare». Poi siamo usciti noi, maledizione. Bei tempi quando il Giornale pubblicava lo scoop della casa a Montecarlo del cognato di Gianfranco Fini, «imponendo» la notizia con decine di prime pagine consecutive e nonostante la solita contraerea degli altri quotidiani (sì, già allora: è un vizio).C’è poi un tema che solo il miglior Paolo Guzzanti potrebbe sviscerare: Putin e il maledetto scoop di Maurizio Belpietro. In questi tempi grami, al posto dell’eroe della Mitrokhin abbiamo però Carlo Calenda, un uomo con più certezze che voti. Appena ha letto del «complotto del Quirinale», ha suggerito alla Meloni di chiamare Mattarella e ha spiegato che il momento è grave «perché siamo sotto attacco della Russia e della Cina». Come se ci fosse una correlazione. Due giorni fa, sul Corriere, l’editorialista Massimo Franco ha denunciato come «operazione insidiosa» il tentativo di gettare «un’ombra sul ruolo di garante del Quirinale» e l’ha collegata alle tensioni geopolitiche: «La prospettiva che appaia incrinata sarebbe un vantaggio concesso ai nemici di Italia e Ue: sovranisti e filorussi in testa». Invece ieri la Stampa, che da giorni adombrava presunti collegamenti tra la disinformazione russa e il carbonara gate del goffo Garofani, ha calato l’asso di bastoni: l’ex piduista Fabrizio Cicchitto. L’ex senatore socialista, definito dal giornale «uno che di 007 se ne intende», afferma che «Garofani per i dossier che segue è sicuramente attenzionato» dal Kgb e chiude il cerchio così: «È evidente che il quotidiano La Verità cavalca posizioni putiniste e perciò è anche il più critico con il Quirinale». Non male anche il titolone di un giornale semiclandestino come il Riformista di Alfredo Romeo: «Ombre russe dentro il caso Pravda-Verità». Il sito L’Inkiesta ha giustamente fatto un’inchiesta (su di noi, non sul Quirinale) e ha concluso che «il caso Garofani conferma il rapporto organico tra Fratelli d’Italia e il quotidiano pro Putin, no euro e no vax di Belpietro». Anche Dagospia si è distinto nella caccia alla fonte (altrui). Lunedì, appena sono uscite le rivelazioni della Verità, il sito fondato da Roberto D’Agostino ha pubblicato una rosicata tristanzuola, travestita da report: «Perché Belpietro ha deciso di dare spazio e risalto a una storia così ambigua? Ha in mano un audio o ci sono altre ragioni?». E poi ecco la rivelazione del noto sito romanesco: «Di certo l’ex allievo di Vittorio Feltri è un po’ in difficoltà: le copie vendute dal suo giornale calano e La Verità sta diventando la Post-Verità, con lo spazio concesso a complottisti, no vax e putiniani». Ancora? Ma avete ricevuto tutti la stessa mail?Gli unici due direttori capaci di riconoscere lo scoop sono stati Marco Travaglio e Antonio Padellaro, fondatori del Fatto Quotidiano. Verità e Fatto non hanno mai avuto paura a pubblicare le notizie, forse perché sono gli unici due giornali di proprietà di giornalisti e che non prendono fondi pubblici. Quindi, nel Paese all’incontrario, quello che processa il dito e nasconde la Luna, ci sta che chi pubblica notizie si becchi lezioni di giornalismo da chi è lì che aspetta la pensione. Sperando che vada tutto liscio anche con l’Inps.
Angelo Fanizza (Imagoeconomica)
Francesco Saverio Garofani (Imagoeconomica)
Roberto Fico (Imagoeconomica)