Gli Stati Uniti hanno detto sì. E ora un finto mix di ambientalismo e «tutela» della salute potrebbe portare entro tre anni alla vendita pure in Ue di cibi nati in laboratorio. Idea su cui l’Italia si è già messa di traverso.
Gli Stati Uniti hanno detto sì. E ora un finto mix di ambientalismo e «tutela» della salute potrebbe portare entro tre anni alla vendita pure in Ue di cibi nati in laboratorio. Idea su cui l’Italia si è già messa di traverso.Il paradosso è che mentre la Food & drug administration americana dà il via libera alla carne sintetica non eccependo su un pollo prodotto in laboratorio, l’India, dove la religione indù impone il rispetto delle vacche sacre, fa togliere, d’accordo con Nuova Zelanda e Kenia, dal rapporto Ipcc (il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, ndr) ogni riferimento al menù vegano. Il documento a corredo di Cop 27 (l’adunata per il clima risoltasi in un flop mondiale) evocava la necessità di «diete a base vegetale», ma dopo il no di indiani, kenioti e neozelandesi l’hanno scritto così: «Servono diete sane equilibrate e sostenibili» nell’accertata convinzione che mangiare solo verdure a fini di protezione del clima non serve a nulla, ma è la foglia di fico dietro cui si riparano i grandi inquinatori.Un problema per i sostenitori della carne sintetica che vogliono cancellare gli allevamenti per impedire le emissioni di metano degli animali. Soprattutto in Italia, l’argomento clima non regge: la zootecnia ha ridotto l’impatto del 50% in venti anni e l’agricoltura genera solo l’8% delle emissioni. Eppure questo dei campi, e soprattutto delle stalle, nemici dell’ambiente è il motivo per cui l’Europa insiste nel voler cancellare la zootecnia e farci mangiare i cibi Frankenstein come la carne sintetica, che arriveranno sul mercato da qui a tre anni. Non è un caso che Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, sia andata a rendere omaggio a Bill Gates primo sponsor e investitore nella carne sintetica, né che Frans Timmermans, vicepresidente dell’Ue, insista per chiudere le stalle. In Olanda, nella sua Olanda, rischia la rivolta visto che lì si produce la maggior quantità di carne d’ Europa - un settore che vale il 40% del fatturato agricolo, circa 180 miliardi e impiega nel continente quattro milioni di persone - ma Timmermans non molla perché si è fatto finanziare dall’Ue le start up sulla carne e il latte sintetico che hanno casa ad Amsterdam.Il primo a metterci i soldi è Jitse Groen, il fondatore di Just eat, che sta finanziando Mosa meat che produce carne sintetica tra i tulipani. È uno scontro durissimo quello che si sta combattendo in Europa: e la ragione non sono né l’ambiente, né la salute (come vorrebbe far credere la Beca, la commissione Salute dell’Ue che bolla la carne rossa come cancerogena), ma sono i soldi. Un recentissimo report stima che da qui al 2035 il 22% delle proteine nel mondo sarà consumato attraverso cibi che imitano le carne, per un valore di 290 miliardi di dollari. Già oggi in Italia le imitazioni «vegetali» valgono mezzo miliardo. Le start up sulla carne sintetica sono passate da 600 milioni di dollari investiti nel 2018 a 4,5 miliardi di dollari dello scorso anno. Per vincere la guerra delle proteine, sono stati mobilitati 25 miliardi di dollari in comunicazione a livello mondiale, insistendo su tre argomenti: la salute del pianeta, la salute degli umani, la crudeltà sugli animali. Parole d’ordine recepite nei programmi di Bruxelles. Il dossier The protein transformation, elaborato da Bcg, prevede che si passerà, nell’arco di dieci anni, dagli attuali 13 milioni di tonnellate di alimenti succedanei della carne oggi prodotti a 97 milioni di tonnellate e che l’Europa sarà il primo mercato per le proteine alternative.La prova è il Farm to fork, il programma (non) agricolo europeo che, di fatto, vuole ridurre del 30% la produzione continentale (per quanto riguarda la zootecnia, se ne prevede il dimezzamento) compensandola con massicce importazioni. La Francia, intanto, ha vietato per legge di etichettare come carne qualsiasi prodotto non zootecnico, ma la resistenza più dura e intelligente la sta facendo l’Italia. Il neo ministro per l’Agricoltura e la sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida (FdI), ha dichiarato: «Finché saremo al governo, sulle tavole degli italiani non arriveranno cibi creati in laboratorio. Il governo è contrario a cibo sintetico e artificiale e ha intenzione di contrastare in ogni sede questo tipo di produzioni». La Coldiretti, con Filiera Italia, ha lanciato una sottoscrizione per bloccare la carne sintetica, forte anche di un sondaggio - sottolinea il presidente Ettore Prandini - secondo cui «il 75% degli italiani è contro i cibi Frankenstein».Tuttavia, l’Europa non molla. Il direttore scientifico dell’Efesa - l’Ente europeo per la sicurezza alimentare -, che ha sede a Parma dove dalle vacche si fa il Parmigiano reggiano e dai maiali il prosciutto di Parma, Wolfgang Gelbmann, ha dichiarato: «Credo che la carne sintetica arriverà presto anche in Europa. Personalmente non ho alcuna preclusione verso questi prodotti. Per ora non ci sono richieste di autorizzazione per questi novel food, ma credo che entro tre anni chi fa cibi sintetici ci chiederà l’accesso al mercato». Gelbmann non è lontano dalle posizioni di Uma Valeti, ad di Upside food, l’azienda del finto pollo americano, che sostiene: «Questa è una pietra miliare che segna una nuova era nella produzione della carne».Non è d’accordo il professor Giuseppe Pulina (Università di Cagliari), presidente dell’Associazione carni sostenibili, che ha aderito alla dichiarazione di Dublino. È un manifesto in cui centinaia di scienziati di tutto il mondo si impegnano a «ripristinare una verità scientifica, come antidoto alle pericolose fake news che inquinano l’informazione e impediscono di guardare con lucidità al futuro del comparto». Dice Pulina: «L’impegno è raccogliere evidenze scientifiche sui benefici nutrizionali, ambientali ed economici della zootecnia e proporre soluzioni per migliorare e rendere ancora più sostenibile la filiera della carne».
Bivacco di immigrati in Francia. Nel riquadro, Jean Eudes Gannat (Getty Images)
Inquietante caso di censura: prelevato dalla polizia per un video TikTok il figlio di un collaboratore storico di Jean-Marie Le Pen, Gannat. Intanto i media invitano la Sweeney a chiedere perdono per lo spot dei jeans.
Sarà pure che, come sostengono in molti, il wokismo è morto e il politicamente corretto ha subito qualche battuta d’arresto. Ma sembra proprio che la nefasta influenza da essi esercitata per anni sulla cultura occidentale abbia prodotto conseguenze pesanti e durature. Lo testimoniano due recentissimi casi di diversa portata ma di analoga origine. Il primo e più inquietante è quello che coinvolge Jean Eudes Gannat, trentunenne attivista e giornalista destrorso francese, figlio di Pascal Gannat, storico collaboratore di Jean-Marie Le Pen. Giovedì sera, Gannat è stato preso in custodia dalla polizia e trattenuto fino a ieri mattina, il tutto a causa di un video pubblicato su TikTok.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Il ministro fa cadere l’illusione dei «soldi a pioggia» da Bruxelles: «Questi prestiti non sono gratis». Il Mef avrebbe potuto fare meglio, ma abbiamo voluto legarci a un mostro burocratico che ci ha limitato.
«Questi prestiti non sono gratis, costano in questo momento […] poco sopra il 3%». Finalmente il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti fa luce, seppure parzialmente, sul grande mistero del costo dei prestiti che la Commissione ha erogato alla Repubblica italiana per finanziare il Pnrr. Su un totale inizialmente accordato di 122,6 miliardi, ad oggi abbiamo incassato complessivamente 104,6 miliardi erogati in sette rate a partire dall’aprile 2022. L’ottava rata potrebbe essere incassata entro fine anno, portando così a 118 miliardi il totale del prestito. La parte residua è legata agli obiettivi ed ai traguardi della nona e decima rata e dovrà essere richiesta entro il 31 agosto 2026.
I tagli del governo degli ultimi anni hanno favorito soprattutto le fasce di reddito più basse. Ora viene attuato un riequilibrio.
Man mano che si chiariscono i dettagli della legge di bilancio, emerge che i provvedimenti vanno in direzione di una maggiore attenzione al ceto medio. Ma è una impostazione che si spiega guardandola in prospettiva, in quanto viene dopo due manovre che si erano concentrate sui percettori di redditi più bassi e, quindi, più sfavoriti. Anche le analisi di istituti autorevoli come la Banca d’Italia e l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) tengono conto dei provvedimenti varati negli anni passati.
Maurizio Landini (Ansa)
La Cgil proclama l’ennesima protesta di venerdì (per la manovra). Reazione ironica di Meloni e Salvini: quando cade il 12 dicembre? In realtà il sindacato ha stoppato gli incrementi alle paghe degli statali, mentre dal 2022 i rinnovi dei privati si sono velocizzati.
Sembra che al governo avessero aperto una sorta di riffa. Scavallato novembre, alcuni esponenti dell’esecutivo hanno messo in fila tutti i venerdì dell’ultimo mese dell’anno e aperto le scommesse: quando cadrà il «telefonatissimo» sciopero generale di Landini contro la manovra? Cinque, dodici e diciannove di dicembre le date segnate con un circoletto rosso. C’è chi aveva puntato sul primo fine settimana disponibile mettendo in conto che il segretario questa volta volesse fare le cose in grande: un super-ponte attaccato all’Immacolata. Pochi invece avevano messo le loro fiches sul 19, troppo vicino al Natale e all’approvazione della legge di Bilancio. La maggioranza dei partecipanti alla serratissima competizione si diceva sicura: vedrete che si organizzerà sul 12, gli manca pure la fantasia per sparigliare. Tant’è che all’annuncio di ieri, in molti anche nella maggioranza hanno stappato: evviva.





