2025-11-28
Caos sul Dna trovato su Chiara Poggi: «Non si può dire che sia di Sempio»
Chiara Poggi e Andrea Sempio (Ansa)
La relazione del perito del tribunale di Pavia evidenzia che il materiale sotto le unghie della vittima è riconducibile ai maschi del ceppo familiare dell’indagato. La difesa: «Valori che escludono un’aggressione».Dietro a una manciata di numeri, 39.150 profili dell’Europa occidentale, 349.750 del resto del mondo, si gioca una partita che ha già scatenato il tutti contro tutti nella storia giudiziaria del delitto di Garlasco. È da quelle colonne fredde, da quegli «aplotipi Y» incrociati con un sofisticato software che macina statistica, che passa la nuova vita delle indagini scientifiche su Andrea Sempio, l’amico del fratello di Chiara Poggi con due archiviazioni sulle spalle (una che ha prodotto un’inchiesta con l’ipotesi di corruzione in atti giudiziari) e di nuovo indagato per concorso nell’omicidio del 13 agosto 2007. La perita nominata dal Tribunale di Pavia, Denise Albani, ha mandato alle parti una mail asciutta per comunicare che i calcoli biostatistici sono stati eseguiti, che la relazione è «in fase di stesura». I numeri dell’indagine biostatistica si ricavano dai reperti estrapolati nel 2007 dai carabinieri del Ris e analizzati in tre repliche, tutte discordanti fra loro, e consumati dal professor Francesco De Stefano a Genova nel 2014 durante la perizia dell’appello bis (che condannò Alberto Stasi a 16 anni di carcere). In udienza la Albani era stata chiara. Aveva spiegato la conservazione frammentaria delle unghie di Chiara, ha ricordato le conclusioni del collega De Stefano, che già molti anni fa aveva giudicato quella traccia «non utilizzabile» perché degradata e ha ripetuto più volte lo stesso concetto: quello trovato è «un aplotipo parziale misto non consolidato». Un «Y», quindi un profilo relativo alla linea paterna, comparato per esclusione con gli amici del fratello Marco, con il padre di Chiara e perfino con i due medici che fecero l’autopsia: Dario Ballardini ed Ernesto Gabriele Ferrari. Poi la frase che pesa come un macigno sull’intera operazione: «Non potrò mai dire, e ci tengo a sottolinearlo, che quel profilo è di Tizio, perché è proprio concettualmente sbagliato essendo un aplotipo. La sola deduzione che si può andare a evidenziare è un contesto familiare di appartenenza, ma sicuramente non va a individuare una singola persona». Questo è l’unico punto fermo. Il resto è disputa. La novità, se così si può definire, è che i dati di Albani non si discosterebbero da quelli dei consulenti della difesa di Stasi, i genetisti Ugo Ricci e Lutz Roewer. Da lì sono ripartiti i magistrati pavesi (e per la verità era lo stesso punto di partenza anche dei pm Mario Venditti e Giulia Pezzino nel 2017) per spingere sull’acceleratore della riapertura del caso. Le conclusioni di allora dicevano questo: su due frammenti di unghie di Chiara (quinto dito della mano destra e primo della mano sinistra) compariva un Dna maschile «perfettamente sovrapponibile» a quello attribuito ad Andrea Sempio. Ma un altro frammento, sempre della mano sinistra, escludeva la compatibilità. E soprattutto compariva anche un secondo Dna maschile, ignoto e minoritario. È qui che si apre il fosso. La difesa di Sempio, con i consulenti Armando Palmegiani e Marina Baldi, insiste: quei valori non dicono nulla dell’aggressione. In sostanza quel Dna potrebbe essersi depositato in un momento qualsiasi, da un oggetto condiviso, da una superficie sfiorata nella stessa casa che Sempio frequentava. «Mi preoccuperei solo se la perizia nelle sue conclusioni definitive dovesse affermare con alta probabilità che il Dna sulle unghie sia riconducibile in modo diretto con Andrea Sempio o con altri e non sia un contatto con una superficie toccata da entrambi», afferma l’avvocato Liborio Cataliotti, difensore di Sempio, invitando alla prudenza. Ma Cataliotti aggiunge anche: «Può mai essere che si svolgono a due, tre quattro, cinque processi per dei reati commessi da uno solo? Non è logico e non è razionale sul piano giuridico». Il riferimento è a due indagini, una a Pavia e una a Brescia. Secondo Cataliotti «si sta cercando in maniera sotterranea di trovare un colpevole alternativo spacciandolo per concorrente».L’avvocato a questo punto si chiede: «Si sta indagando su un concorrente o si finge e si cerca un colpevole alternativo?». Anche l’avvocato Giada Bocellari (che difende Stasi), a Ignoto X su La7, concorda sulla «prudenza»: «Quello che ci è stato comunicato non è la perizia, ma un report con i dati biostatistici. Nessuno ora potrà dirci se il dato scientifico ci dirà se si tratta di un contatto diretto o di uno mediato. Solo la valutazione della prova logica potrà fornire il valore del dato scientifico». Il 18 dicembre si chiuderà l’incidente probatorio. E il quadro sarà più completo. Perché finora si è escluso che Chiara si sia difesa da un’aggressione. E a questo punto sarà determinante la perizia dell’antropologa forense Cristina Cattaneo, chiamata a riesaminare differenze, direzione e compatibilità delle ferite, a valutare la dinamica dell’aggressione in rapporto all’ambiente della casa e a fornire una nuova stima su tempi e modalità della morte di Chiara Poggi. Se dovesse emergere, con elementi concreti, che Chiara si è difesa, l’elemento del Dna potrebbe assumere nel quadro indiziario un peso diverso. Non ne è convinto Venditti, che ha ribadito che «dal famoso giudicato che ha portato alla condanna definitiva di Stasi risulta che l’autore dell’omicidio è uno solo. E che l’autore dell’omicidio è stato Stasi. Vige il rispetto assoluto del giudicato. Questo è un pilastro della giurisdizione». Proprio lui però aveva riaperto l’inchiesta (con gli stessi presupposti) che poi è stata archiviata. E ha aggiunto: «Il mio avvocato ha ragione quando dice che c’è un falso enorme, perché un’accusa di concorso, come quella contestata a Sempio, con Stasi o con ignoti nell’omicidio della povera Chiara Poggi, è una cosa che non esiste da nessuna parte, anzi risulta il contrario». Poi ha parlato dell’altro fascicolo, quello su corruzione e peculato. Per i 750.000 euro di «spese abnormi», sostiene Venditti, «si tratta di spese per le intercettazioni che riguardano dieci procedimenti, le più importanti indagini della Procura di Pavia nel periodo in cui ero procuratore aggiunto, ma c’erano due procuratori e di questi dieci procedimenti sono stato titolare o contitolare forse in uno o due soltanto. Gli altri erano di altri pubblici ministeri e non capisco perché le spese per queste intercettazioni vengono addebitate a me». Sull’acquisto di automobili (ipotizzata a prezzo di favore), invece, sostiene che ci sia un’altra informativa della Guardia di finanza (rispetto a quella che segnalava le incongruenze) che smonterebbe quanto sostenuto nel decreto di perquisizione (successivo per data all’informativa): «Dimostra», afferma Venditti, che avevo acquistato l’auto al prezzo di mercato e con modalità tracciate, perché pagate con bonifici bancari. Nel decreto si dice che ho acquistato con modalità non tracciate e a prezzo di favore. Questo è un falso in atto pubblico di cui chiederò conto».
Una vista della Piazza Imperiale a Bissau dove il capo dell'ufficio militare presidenziale della Guinea-Bissau, Denis N'Canha, ha annunciato che il pieno controllo del Paese era stato assunto presso il quartier generale dello Stato maggiore (Getty Images)
Umaro Sissoco Embaló è fuggito dopo il colpo di stato che ha consegnato il Paese alla giunta guidata dal generale Horta N’Tam. Elezioni sospese, opposizione arrestata e traffici di droga che continuano a condizionare uno degli stati più instabili dell’Africa occidentale.