2024-04-27
«Il mio Carlo invia segni e miracoli. In sogno mi disse: “Tornerai madre”»
Carlo Acutis. Nel riquadro, sua madre Antonia Salzano.
Antonia Salzano, mamma del beato Carlo Acutis: «Lo pregano da tutti i continenti e arrivano di continuo notizie di guarigioni. Il giorno del funerale una donna ha visto il tumore sparire. In ospedale offrì le sue sofferenze per la Chiesa».Chiedersi quante altre opere pie Carlo Acutis avrebbe realizzato ancora, nella sua esistenza terrena, se una leucemia mieloide M3 non l’avesse rapito, all’età di 15 anni, in sole 72 ore, il 12 ottobre 2006, è una domanda senza soluzione. Tuttavia, il beato che sta per diventare santo, ha risposto nel giorno stesso del suo funerale, compiendo il primo miracolo. Iniziò nella prima infanzia a tracciare la sua strada di devozione, le cui tappe quotidiane erano i sacramenti, ma anche l’umanità dimenticata negli asfalti di Milano. Antonia Salzano è la madre di un asceta moderno e ricorda un’espressione di Teresa di Lisieux, la santa che, nel film La leggenda del santo bevitore di Ermanno Olmi, appariva ad Andreas, senzatetto alcolista a Parigi: «Fare ogni cosa per amore». Animato da questo sentimento, quel ragazzo che, a 9 anni, progettava programmi informatici e poi siti Web per diffondere la fede, vedeva il futuro. Attraverso di lui e la propagazione delle Rete, preghiere, conversioni, richieste d’intercessione si moltiplicano esponenzialmente. Dal mondo giungono notizie di nuovi miracoli attribuiti a suo figlio? «Carlo ha devoti in tutti i continenti. Riceviamo notizie di un possibile miracolo quasi tutti i giorni. Il più recente riguarda un ragazzo, in Costa Rica, che aveva la leucemia. I medici si attendevano che morisse di lì a poco. Hanno preso una tesserina di quelle che spesso regalo, iniziando a pregarlo. Il ragazzo, morente, si è ripreso. Dopo gli esami, la leucemia era completamente scomparsa, a poche ore dall’inizio delle preghiere. Ma anche casi di tumori spariti istantaneamente, senza la chemio. E poi tante conversioni, miracoli per chi ha perso il lavoro, si stava separando...». Guarigioni anche durante la fase più terribile del Covid? «Ci sono centinaia di testimonianze di persone sopravvissute che, durante il periodo più virulento, stavano morendo e hanno pregato Carlo... Ma, siccome il Covid è una malattia moderna, per i miracoli non la considerano...». Come nacque l’attenzione di Carlo per dare aiuto ai clochard di Milano?«Abitiamo in centro a Milano e tantissimi clochard dormono nelle strade, nei gradini delle chiese. Andavamo spesso a messa alle 7 di sera e, soprattutto in inverno, quando fa buio presto, si mettevano lì a dormire. Iniziò a dire: “Portiamogli qualcosa da mangiare, da bere, dormono sui cartoni, un sacco a pelo, una coperta sarebbero meglio”. Mi chiedeva il permesso e glielo davo volentieri. Quando nonni e zii gli davano dei soldi, invece di spenderli per comprarsi un gioco - perché con sé stesso era molto parco - diceva “compriamo sacchi a pelo e coperte”». Poi, questo impegno divenne sistematico?«Fece una lista delle mense, dei luoghi con doccia e dove prendere indumenti, come accedere a una casa popolare. Dialogava con loro e ci faceva amicizia, anche con i volontari della nostra zona, corso Magenta, e con i portieri dei palazzi. Era solare, sorrideva a tutte le persone e questo le colpiva. Al suo funerale c’erano persone di tutte le religioni, toccate dalla sua testimonianza». Maldicenza e pettegolezzo imperano. Carlo non parlava mai male di nessuno.«No, aveva questa caratteristica, straordinaria. Cercava sempre di vedere i lati positivi di tutti. Piuttosto taceva. Oggi si chiacchiera tanto e si ferisce. Curiosità e pettegolezzi non gli piacevano, non guardava alle cose materiali, quello è vestito così o cosà, andava direttamente al valore della persona. Carlo rompeva le righe nei confronti d’indifferenza e individualismo».Era molto piccolo quando s’accorse che manifestava qualcosa di speciale? «Carlo correva davanti al tempo. A tre mesi la prima parola, a cinque mesi già parlicchiava. Così anche nelle questioni di fede. A tre anni voleva entrare nelle chiese, si metteva davanti al crocifisso e alla Madonna. S’interessava alle vite dei santi, leggeva il Vangelo e la Bibbia. A sette anni gli fu permesso di fare la comunione. Allora scrisse: “Essere sempre unito a Gesù, questo è il mio programma di vita”. Iniziò con messa e adorazione eucaristica tutti i giorni, con la recita quotidiana del rosario, che definiva “l’appuntamento più galante della mia giornata”. Aveva molto senso dello humor, ma uno humor pulito, fresco. Pur essendo un ragazzo un po’ “diverso” per la sua fede, che non ha mai fatto pesare, tanti amici lo cercavano». Anche la babysitter ebbe un ruolo. «Beata, una ragazza venuta dalla Polonia, me la trovò mio padre. Quando arrivò, rimase colpita perché avevo santini della Madonna di Czestochowa. Era una ragazza di fede, sicuramente ha contribuito. Le dirò che, a quei tempi, non ero molto religiosa. Sono cresciuta in una famiglia laica, figlia unica. A Roma feci prima comunione e cresima, ma a tutto pensavo, tranne che alla fede. Poi mi arriva questo ragazzino così intensamente devoto, che poneva domande molto profonde. Non sapevo rispondere. Ciò mi creò sconforto». E allora che fece?«Carlo aveva quattro anni e mezzo, mio padre morì a 57 anni per un attacco di cuore. Fu un trauma. Dopo qualche mese Carlo mi disse che il nonno, in sogno, dal Purgatorio gli chiedeva preghiere. Mi preoccupai. Una vicina molto pia, mi consigliò di andare a Bologna a conoscere don Ilio Carrai (nato a Livorno, morto a 96 anni il 18 marzo 2010, ndr). Ci andai. Senza saper niente di me, mi disse tutti i miei peccati e che avevo un figlio speciale che avrà una missione importante per la Chiesa. Da lì iniziò il mio cammino di conversione».Suo figlio comunica con lei attraverso i sogni?«Sì, mi ha dato segni. Carlo, figlio unico, non c’era più, stavo per compiere 40 anni. Feci anche domanda di adozione, con pratiche infinite. Carlo me l’annunciò prima, in sogno, dicendomi, sorridendo, “non ti preoccupare, sarai ancora mamma”. Dopo due mesi rimasi incinta, ed ebbi due gemelli, Michele e Francesca, oggi vanno per i 14 anni, sono molto devoti. Un’altra volta mi predisse: “Mamma, diventerò prima beato e poi santo”».Quanto tempo ritiene sarà necessario per la santificazione?«Ci sono miracoli in studio alla Congregazione per le cause dei santi. Quel momento potrebbe essere non lontano. Dei miracoli, ne sarà scelto uno. Sono ottimista».Quando Carlo fu colpito dalla malattia, si è chiesta il perché?». «Avevo già fatto un cammino di fede, iniziato undici anni prima. Pensavo alle parole del libro di Giobbe: “Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore”. Penso che sarebbe quello che tutti dovremmo fare. Qualsiasi cosa succeda dobbiamo accettarla con cristiana speranza». Come ricorda i momenti del ricovero?«Sembrava un banale raffreddore. Metà classe era a casa con l’influenza. Ma mi disse: “Offro queste sofferenze per il Papa, per la Chiesa e per andare dritto in Paradiso senza passare dal Purgatorio”. Pensavo quasi scherzasse perché mi prendeva in giro, essendo io un po’ ipocondriaca e apprensiva per lui. Ora la leucemia si può curare di più. Avevo chiesto a Carlo di far trovare la soluzione». E poi, all’ospedale? «Una mattina si sveglia e non riusciva a muoversi. In clinica mi disse “da qui non esco vivo, ma non ti preoccupare, ti darò molti segni”. Il primo miracolo l’ha fatto il giorno del funerale. Una persona, con un tumore al seno, l’ha pregato. Non aveva nemmeno iniziato la chemio e il tumore sparì. In ospedale mai un lamento, sempre il sorriso. I medici gli chiedevano “soffri?”. Rispondeva “c’è gente che soffre più di me”. Si preoccupava per le infermiere, che lo dovevano muovere. Pur essendo dimagrito, era alto 1,82».In un video ha predetto la sua morte. «Dopo che è morto, una mattina mi sveglio, come sentissi una voce, “testamento”. Vado in camera sua, accendo il computer e vedo un video che si era fatto, quasi tre mesi prima di morire, in cui dice, con un bel sorriso, guardando verso il cielo “quando peso 70 chili sono destinato a morire”. Lo dice con una tale serenità, ho pensato che quello fosse un messaggio».Ascoltava musica?«Gli piaceva Richard Wagner, ma non è che si metteva lì con le cuffie. Qualcosa anche di musica leggera, soprattutto inglese, americana, però poco». Diceva: «l’Eucaristia è la mia autostrada per il cielo». Lo spot tv di un marchio di patatine, ora ritirato, ha sostituito le ostie con chips.«Di offese ai cattolici purtroppo ce ne sono tante. Si predicano ideali di rispetto, ma secondo quello che fa comodo...».Carlo ha amato molto i suoi cani, Poldo, Chiara, Stellina e Briciola. E i suoi gatti, Bambi e Cleopatra. Ha dato segni di averli riabbracciati nell’invisibile. «Sì, ha dato dei segni. La Chiesa non ha mai definito il destino degli animali dopo la morte. Ma un passo della Bibbia fa sperare: “Tutta la creazione geme nell’attesa del Redentore” e Paolo VI disse al bambino che avrebbe rivisto il suo cane nell’eternità di Cristo. Quando Carlo è morto, dentro di me e senza dirlo a nessuno, gli chiesi: “Se gli animali dopo la morte non finiscono nel nulla, vienimi in sogno con il mio cane di quand’ero bambina, Billy”. Dopo qualche giorno mi telefona da Roma una zia, sorella di mia madre. Mi dice: “Sai, che strano, stanotte ho sognato Carlo con il tuo cane Billy”. Secondo me questa è stata la sua risposta. E ce ne sono state molte altre. Ora sono sicura che gli animali, dopo la morte, sopravvivono».Metta una persona in lutto per la morte del proprio gatto, che speri di rivederlo, ma si chieda: «E se andrò in Purgatorio?». «Il gatto la seguirà in Purgatorio» (sorride). «Le porterà le arance, sto scherzando, ma sicuramente sì. Poi, c’è l’inter-comunione. Chiesa trionfante, come si diceva un tempo, purgante e militante, che siamo noi, sono in interconnessione, non mi preoccuperei di questo».
Veduta aerea di San Paolo (IStock)