
Ogni svolta nel ciclo del tempo e della natura va celebrata. Ma la possibilità che nasca qualcosa di nuovo dipende dalla reale volontà di cambiare. Senza ripiegare nell'innovazione esteriore, pubblicizzata dai guru alla moda, che lascia tutto com'era.Perché negarlo? Quest'anno nella notte di San Silvestro noi che scriviamo e leggiamo La Verità avremo una speranza particolare: che molte cose cambino, davvero. Ci speriamo perché ha già cominciato ad accadere, a marzo, ma anche dopo, con le autonomie, l'immigrazione, l'attenzione alla natalità, e tanto altro. Vorremmo che continuasse. Che quanto di vecchio c'è in giro, falso come una moneta falsa, se ne vada e a mezzanotte cominci un tempo nuovo e buono. Del resto, questa è da sempre la grande possibilità del Capodanno, inaugurazione cosmica di un tempo nuovo; ma presenta qualche difficoltà. È per questo che già nell'impero romano, il dio di questa giornata e del mese che vi inizia era Giano, nume del passaggio, dai due volti: il vecchio, che guarda all'indietro e il giovane che guarda in avanti. Tutto il periodo che segue al Natale rappresenta infatti una svolta nel ciclo del tempo, nella natura ma anche nella psiche individuale e collettiva. È stato il Bambino di cui abbiamo parlato una settimana fa la vera nascita del nuovo, dentro e fuori di noi, che si svilupperà (se non lo facciamo fuori prima) durante l'anno e magari nei successivi. A Capodanno c'è naturalmente ancora in giro molta roba vecchia, dall'inossidabile pianeta Saturno coi suoi satelliti, ai diavoli o gli spiriti che non mancano mai, come sanno bene i napoletani, che infatti non risparmiano i «botti», sempre necessari. Giusto insomma fare festa a San Silvestro, ma senza pensare che i giochi siano già fatti e che il «Vecchio re» se ne sia già andato. Per esempio l'Epifania, con la sua «Comare secca» da bruciare, ci ricorda un aspetto femminile senza più linfa vitale, ma che pretende ancora attenzione e ossequio: ognuno veda cosa gli viene in mente, le persone e cose candidate certo non mancano. Superstizioni? Per uno sguardo selvatico, vale a dire attento a un maggior equilibrio tra uomo e natura, non è così. Tanto è vero che negli ultimi anni molte di queste tradizioni non si sono affatto indebolite e hanno anzi ripreso nuovo vigore. Il fatto è che lo spegnersi di un intero ciclo vegetativo e l'accendersi del nuovo è un processo silenzioso ma profondo, a cui il corpo e la psiche umana partecipano comunque. Il bisogno di riposo nel colmo dell'inverno; l'aprirsi a nuovi progetti, impegni, affetti; fare bilanci delle cose di ieri (e magari buttarle, o affidarle alla terra perché si trasformino), sono bisogni del corpo e della psiche umana da ascoltare con attenzione. Il tempo, infatti, anche quello della psiche e del corpo, non è lineare come immagina il pensiero unico della globalizzazione, che ci vorrebbe ridurre tutti a robot, programmabili come vuole il padrone, ma ciclico. Va a onde che nell'inverno scendono verso il profondo, e poi salgono verso l'alto. Riconoscere le direzioni di questa ciclicità, interpretarla assieme agli altri, partecipando e dando forza alle tradizioni che la rappresentano, fa bene. Ci fa sentire in sintonia con il cosmo. Riduce le sempre più frequenti forme depressive invernali (seguite poi in estate da picchi di euforie maniacali, ancora più pericolosi). Allontanandosi dalla natura l'uomo finisce col pensare che essa non esista più, mentre per fortuna continua imperterrita i suoi cicli vitali, magari accompagnati da riscaldamenti e raffreddamenti più o meno globali, anch'essi del resto ben noti a un pianeta che ha assistito senza fare una piega alla trasformazione dei dinosauri in lucertole. Non sorprende che partecipare consapevolmente ai cicli di una natura così potente migliori il nostro umore e la nostra vitalità.La crescita felice del nuovo dipende dal farsi da parte del vecchio, i vecchi modi di fare, le vecchie idee. Ciò è però legato alla volontà e capacità di cambiare: lo dimostrano le ricerche più diverse, da quelle sul cervello, a quelle sugli affetti e sulla psiche. L'essere umano è in continua crescita e mutamento, ed è tanto più felice quanto più asseconda questa sua vocazione. Che non significa buttar via quello che è stato, ma rinnovarlo in continuazione, come tende a fare il cervello. Le nostre sinapsi sono in continua trasformazione e hanno bisogno che noi diciamo loro cosa fare, per organizzare consapevolmente il nostro cambiamento.Lo sperimentiamo ogni giorno, in ogni campo. Ad esempio nell'amore. Ogni storia d'amore ci chiede di reinventarla sempre, di guardar l'altro con occhi nuovi, di sapere trasformarci ai suoi occhi, mostrando nuovi aspetti di noi, e del mondo. Quando ci stanchiamo di questo «lavoro», impegnativo ma indispensabile, la storia d'amore diventa ripetitiva, noiosa. E l'altro non ci ama più. Lo stesso succede in economia: nelle grandi aziende, come nei più modesti bilanci famigliari. Il benessere nasce da nuove idee e passioni, anche di sapere e di fare, che generano nuovi introiti. Oltretutto, siccome anche il mondo intorno a noi cambia, anche noi, come persone famiglie o Paese, dobbiamo mettere a punto nuove conoscenze, intraprendere nuove strade. Ma soprattutto cambiare. Rinnovarci.Attenzione però: l'avete sentita la musichetta dell'«innovazione»? Avete letto tutti gli articoloni che ne parlano con tono preoccupato perché non ce ne sarebbe abbastanza, e quello sarebbe il vero unico problema. Questa infatti è la solfa dei pensieri unici di ogni tempo: innovare, come se ce la si potesse cavare con alcuni espedienti tecnici, pubblicitari, formali. Insomma: innovare per non rinnovarsi davvero. «Innovare è proprio della tirannide», scriveva Giovanni Lido intorno al 559, riferendosi al tirannico imperatore Domiziano (come ricorda la antichista Lellia Cracco Ruggini). Insomma, i tiranni vogliono innovazioni, tecniche o di superficiali «stili di vita», per evitare così la vera sfida: il rinnovamento profondo. Degli uomini, personale. È questo, in ogni tempo, ciò che apre davvero un tempo nuovo. Ai poteri tirannici non piace affatto; ma anche a molti sudditi. Perché il vero rinnovamento significa anche impegnarsi a fondo, apprendere nuove cose e antichi valori, necessari per crescere. E con quelli essere liberi da ogni pensiero unico. Anche da questo punto di vista San Silvestro, questa notte affacciata in un altro anno e un nuovo tempo, è impegnativa. Davvero vogliamo rinnovarci, realizzare nuove cose? O preferiamo ripetere le stesse cose, magari un po' riverniciate, mantenere le stesse abitudini, portandoci dietro gli stessi vizi? Quanta fatica siamo disposti a fare? Che poi significa: quanto siamo davvero vitali, o quanto opportunisti? Il ciclo del tempo e la scansione delle stagioni dell'anno e della vita non sono convenzioni. Sono aspetti della natura, che segnano il ritmo della vita, personale e collettiva. Sottovalutarle priva la nostra esistenza di ritmo, pause, arresti e ripartenze, indispensabili nella vita. Rischia così di metterci fuori tempo, stonati. Per questo tutti i popoli sottolineano il succedersi degli anni e delle stagioni: perché fanno spazio all'aria nuova, alle situazioni e persone attuali, ormai diverse da quelle precedenti. Novità che offrono inedite opportunità, assieme a rischi di cui è meglio essere consapevoli. L'attenzione all'inizio dell'anno ci apre, infatti, al tema centrale della vita: il rinnovamento. Anche in ognuno di noi, in questo periodo milioni di cellule stanno morendo, e milioni di nuove si sono formate, anche tra quelle del cervello, ed entrano in funzione. Sta alle persone, spiegano le scienze del cervello, dare loro delle direzioni di attività, degli ordini, oppure lasciare che si indirizzino depressivamente lungo le piste fino a ieri percorse da quelli che li hanno preceduti. È dal nostro rigore e dalla nostra passione che dipende quale dei due volti di Giano vincerà.
Marcello Degni. Nel riquadro, Valeria Franchi (Imagoeconomica)
Marcello Degni, il giudice contabile ultrarosso e anti-Ponte, ha lavorato spesso con la collega Valeria Franchi che ha fermato l’opera.
Giuliano Pisapia, Goffredo Bettini, Emma Bonino e Anna Paola Concia (Ansa)
Dalla Bonino a Di Pietro: in tanti tifano per separare le carriere. Pisapia la sostenne in un libro scritto con l’attuale Guardasigilli.
Per i sondaggisti, da agosto a oggi la percentuale di chi è favorevole a sostenere il testo licenziato dal Parlamento è passata dal 50 al 70%. I fattori? Opposizioni divise, scarsa fiducia nelle toghe e degenerazione del correntismo.
L’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo Carlo Messina (Ansa)
L’istituto chiude «i migliori nove mesi di sempre»: utile su del 5,9%. Confermato l’obiettivo ben oltre i 9 miliardi sul 2025.





