
L'ex terrorista rosso Raimondo Etro, già condannato in concorso per sequestro e omicidio di Aldo Moro, insulta pesantemente la leader di Fdi. Che lo querela: «Mezzo uomo mantenuto con il reddito di cittadinanza».«Sono psicopatico, disadattato e scassacazzi». Così si definisce Raimondo Etro sul suo profilo Facebook. Ma chi è Raimondo Etro? Ex brigatista finito al centro delle cronache per aver ottenuto il reddito di cittadinanza, ma non solo. Ieri, Giorgia Meloni ha diffuso un post sulla sua pagina Facebook per mostrare gli insulti che le sono stati rivolti dall'ex terrorista. «Questo individuo», ha spiegato, «è un ex brigatista italiano condannato per concorso nel sequestro e nell'omicidio di Aldo Moro e nell'eccidio della scorta. Invece di passare il resto dei suoi giorni dentro una cella a vergognarsi, questo mezzo uomo passa le sue giornate comodamente a casa - mantenuto da voi con il reddito di cittadinanza - a insultare di qua e di là. Io sono il suo bersaglio preferito, e siccome mi sono stufata ho deciso di querelarlo. E nonostante siano parole oscene ho deciso di metterle qui, perché tutta Italia deve leggere lo schifo che scrive questo essere».Ecco la frase: sotto a una foto della leader di Fratelli d'Italia incinta, si legge: «Certo che ci vuole un bel coraggio per gonfiare una nana coatta sgraziata fascia. Spero per lui (autore televisivo) che, prima, non sia anche stato obbligato a leccargliela (si riferisce al compagno dell'ex ministro, Andrea Giambruno, ndr). A meno che non gli piaccia il sapore di ricotta andata a male». Insulti che caratterizzano tutto il suo profilo Facebook: poche ore più tardi, una volta che il post è stato cancellato su segnalazione degli utenti, si affretta a definire «pappone» chi ha usato protestare. Di Etro, 62 anni, si era tornato a parlare pochi mesi fa, quando si era scoperto che aveva richiesto e ottenuto il reddito di cittadinanza. Nel 2000 era stato condannato in via definitiva a 20 anni e 6 mesi di carcere per concorso nella strage di via Fani e nell'omicidio del giudice Riccardo Palma, assassinato a Roma il 14 febbraio 1978 con una raffica di mitra mentre andava al lavoro. In un'intervista paradossale al Corriere della Sera, spiegava: «Ho sempre considerato le pene che abbiamo avuto, io e tutti gli altri Br, fin troppo miti. Io il 6 marzo scorso ho fatto domanda alle Poste perché sto affogando, sono un vero povero e devo riconoscere che, dopo aver detto tante cattiverie contro Luigi Di Maio e i 5 stelle, il reddito per me è una boccata d'ossigeno». E ancora: «Il mio Isee è pari a zero, non sono lavoratore dipendente, né autonomo, vivo vendendo libri su Ebay, ho una Ford fusion del 2004 comprata usata. Mia zia Valeria morì nel 2013 e mi lasciò 55.000 euro, la sua polizza sulla vita. Ma pian piano questi soldi sono finiti, perché dopo la separazione nel 2011 vivo da solo in affitto a via della Pisana e pago 850 euro al mese, più le bollette. Sono anche invalido, operato di tumore al rene nel 2012 al San Carlo di Nancy: tra i chirurghi c'era un ex di Ordine nuovo...». Gli sono stati assegnati 780 euro al mese, di cui 280 come contributo per l'affitto. Sempre sul Corriere, alcuni mesi prima, Etro aveva attaccato una «collega», l'ex brigatista Barbara Balzerani che aveva deriso le celebrazioni per la strage di via Fani. In una lettera aperta aveva scritto: «Il silenzio sarebbe preferibile all'ostentazione di sé, per il misero risultato di avere qualche applauso da una minoranza di idioti che indossano la sciarpetta rossa o la kefiah. Ci rivedremo all'inferno». Parole evidentemente di facciata, visti gli insulti rivolti a Giorgia Meloni, e che non sono un caso isolato: sul suo profilo si trovano numerosi post in cui fa battutacce sulla presunta mancanza di virilità di chiunque reputi «fascista». La storia di Etro e del reddito di cittadinanza ricorda quella di Giorgio Pietrostefani, condannato per l'omicidio del commissario Luigi Calabresi e fuggito in Francia, dove è ancora latitante. Condizione che non gli impedisce di percepire ogni mese un assegno di circa 1.500 euro dall'Inps grazie a una pensione di vecchiaia. Il tutto grazie a una convenzione fra i due Paesi.Ieri sera non si registravano attestati di solidarietà dei gruppi femministi, di solito sempre pronti a saltare su in caso di sospetto sessismo. Ma lo stesso silenzio aveva già circondato la Meloni quando era stata attaccata sempre a causa della sua gravidanza. In quell'occasione, la protagonista della vicenda era stata Asia Argento, che l'aveva fotografata di spalle per poi scrivere online: «La schiena lardosa della ricca e svergognata - Make Italy great again - fascista ritratta al pascolo». La deputata l'aveva zittita così: «Lo pubblico per dire a tutte le donne che hanno partorito da pochi mesi e che per dimagrire non usano la cocaina di non prendersela se qualche poveretta fa dell'ironia sulla loro forma fisica».
Ursula von der Leyen (Ansa)
- L’aumento di temperatura previsto entro il 2100 passa da 4 gradi a 2,3. Von der Leyen dà i numeri: «Grazie alle mie leggi verdi».
- Tovaglieri (Lega)al convegno sull’automotive: «Le rivoluzioni non si impongono».
Lo speciale contiene due articoli.
Nella giornata campale di ieri a Bruxelles non poteva mancare la figura di Ursula von der Leyen. Il presidente della Commissione è comparsa davanti al Parlamento europeo in seduta plenaria per riferire sulla riunione del Consiglio europeo del 23 ottobre scorso. La tedesca ha iniziato il suo discorso dai successi (sic) ottenuti dall’Unione europea sui temi climatici. «Dobbiamo accelerare la transizione pulita, ma anche utilizzarla per stimolare crescita e prosperità. Il lavoro per la decarbonizzazione va di pari passo con il lavoro per la nostra competitività». Sarebbe importante capire come Von der Leyen immagini di tenere insieme decarbonizzazione e competitività, che sinora hanno solo generato un originale ossimoro. Dal disastro del settore automobilistico all’aumento dei costi dell’energia, dai buchi nell’acqua di idrogeno e acciaio verde alle gigafactory immaginarie, per l’industria è tutto un calvario. Ciononostante, Von der Leyen si è poi lanciata in due o tre ardite considerazioni sul successo del modello europeo di fronte alla «sfida» (c’è sempre una sfida) climatica. La più semplice: «Da quando abbiamo introdotto il nostro sistema di scambio di quote di emissione, le emissioni nei settori interessati sono diminuite del 50%, mentre il nostro Pil è cresciuto del 27%».
(IStock)
Svanisce l’accusa di falso ideologico per una professionista di Roma che aveva esentato alcune persone a rischio. Finisce un calvario fatto di incursioni dei Nas e documenti spacciati per falsi. La storia della pandemia viene riscritta poco alla volta.
Niente falso ideologico. Niente reato. Invece piena assoluzione per un medico di base di Roma che nel 2022 aveva firmato l’esenzione al vaccino anti Covid a quattro pazienti. L’ennesima di una serie di sentenze che ormai, una dopo l’altra, stanno riscrivendo la storia della pandemia in Italia e soprattutto della sua malagestione.
Il caso è quello di una dottoressa accusata perché avrebbe avuto l’ardire di esentare dalla vaccinazione alcune sue pazienti. E di aver prodotto certificazioni false. Documenti che il medico aveva firmato perché le pazienti erano portatrici di una serie di fattori di rischio e se vaccinate, avrebbero potuto sviluppare malattie gravi o incorrere in un peggioramento del loro quadro clinico. Come purtroppo è successo a molti pazienti che dopo la vaccinazione hanno visto l’insorgere di danni collaterali gravi e invalidanti.
Christine Lagarde (Ansa)
Nel consueto bollettino, gli economisti della Bce (a guida francese) parlano di una Ue a due velocità trainata dalla crescita del Pil di Macron & C. Non citano la crisi politica più grave degli ultimi 70 anni, deficit fuori controllo, tagli al rating e spread zero con l’Italia.
Qualche settimana fa (inizio ottobre), era balzato agli onori delle cronache un report degli analisti di Berenberg che per la prima volta parlavano di un vero e proprio scambio di ruoli all’interno dell’Ue: «La Francia sembra la nuova Italia». Dietro a quel giudizio tranchant ci passa un’epoca di almeno tre lustri che parte da un altro mese di ottobre, quello del 2011, e dalla risatina tra gli allora leader di Parigi e Berlino, Sarkozy e Merkel. Il sorrisetto beffardo nascondeva un giudizio di inaffidabilità politica ed economica rispetto alla traballante situazione del governo Berlusconi e ai conti pubblici che a detta dei sostenitori dell’austerity dell’epoca, nel Belpaese non rispettavano gli impegni presi.
Jeffrey Epstein (Getty Images)
Pubblicati i primi file. Il trafficante morto misteriosamente in carcere disse: «Sono l’unico in grado di abbattere Trump».
La torbida vicenda che ruota attorno alla controversa figura di Jeffrey Epstein è tornata di prepotenza al centro del dibattito politico americano: nuovi documenti, nuovi retroscena e nuove accuse. Tutte da verificare, ovviamente. Anche perché dal 2019, anno della morte in carcere del miliardario pedofilo, ci sono ancora troppi coni d’ombra in questa orribile storia fatta di abusi, ricatti, prostituzione minorile, silenzi, depistaggi e misteri. A partire proprio dalle oscure circostanze in cui è morto Epstein: per suicidio, secondo la ricostruzione ufficiale, ma con i secondini addormentati e l’assenza delle riprese delle telecamere di sicurezza.






