2022-05-27
Così il ministero ha censurato le cure Covid
A inizio pandemia si diceva non esistessero terapie. Poi alcuni medici hanno salvato i pazienti, rifiutando la «vigile attesa» e prescrivendo farmaci di uso comune. Hanno scritto al dicastero, che li ha ignorati. Mentre Roberto Speranza dribblava i giornalisti.«Direttore, i morti di Covid che ci sono stati finora sono quasi tutte persone che non sono state curate in tempo. Direttore, non curano la gente e la gente muore […]». Mario Giordano, il mio direttore, continuava a rispondermi che la cura per il Covid non c’era e che io ero troppo coinvolta emotivamente […]. Era il dicembre del 2020 e quindi poco più di un anno fa. Avevo appena terminato La vita che ci state rubando e avevo scoperto quello che accadeva nelle case di chi sfortunatamente si contagiava: i malati di Covid venivano lasciati senza cure […] in quanto i medici di base eseguivano i protocolli ministeriali: non visitavano i malati e non davano loro nessuna medicina a parte la tachipirina per la febbre e quelli che non guarivano da soli finivano a un certo punto in ospedale e molti morivano perché soltanto in ospedale iniziavano a curarli, tra l’altro in una situazione, molte volte, di totale caos. [...] Di questo fui sicura quando iniziai a intervistare quei medici di base che invece di seguire i protocolli, [...] avevano iniziato a trattarli con farmaci che si comprano normalmente in farmacia. Bastava sapere usare quei farmaci nei tempi e nei modi giusti e i malati, curati fin da subito, non morivano quasi mai. […]«La cura c’è, direttore. […] Te lo ricordi il professor Luigi Cavanna di Piacenza? Lui faceva questo già mesi fa, curava i pazienti a casa in fase precoce ed è andato per questo pure sulla copertina del Time la scorsa primavera e noi credevamo che era una specie di bestia rara e invece quello che ha fatto lui lo stanno facendo tantissimi medici e funziona!».[…] La cura c’è e Fuori dal coro l’ha documentato in un’ampia inchiesta a puntate. Quando c’è la notizia più si scava e più si trova e così si scoprì che il ministro e le autorità sanitarie erano stati informati dalla primavera dell’anno prima che la cura per il Covid c’era e non avevano fatto nulla. Le autorità avevano continuato a scrivere sui protocolli che a casa i malati non bisognava curarli se non con la tachipirina, eppure il ministero della Salute e l’Aifa avevano ricevuto numerosi appelli scritti da diversi gruppi di medici che affermavano il contrario e però di questo la gente non era stata informata. Questi gruppi non erano collegati tra loro e scrivevano al ministero le stesse cose, cioè che esisteva una terapia farmacologica precoce che stava dando eccellenti risultati… [...] I farmaci impedivano, in pratica, l’aggravamento della malattia e il primo di questi appelli era stato consegnato a mano al parlamentare Emilio Carelli da una dottoressa, la professoressa Roberta Ricciardi, neurologa responsabile di reparto all’ospedale universitario di Pisa. La neurologa aveva firmato quella lettera insieme a trenta colleghi perché, avendo in cura all’epoca 7.500 pazienti provenienti da tutta Italia che soffrivano di una malattia invalidante chiamata miastenia gravis, e per questo assumevano regolarmente antiinfiammatori, soprattutto cortisone, aveva notato come nessuno tra questi suoi pazienti che avevano contratto il Covid, indipendentemente dall’età e dalle condizioni pregresse di salute, aveva sviluppato la malattia in forma grave. La dottoressa […] conosceva personalmente Emilio Carelli e lo pregò di consegnare quell’appello firmato da lei e dagli altri medici nelle mani di qualcuno; e Carelli così fece, consegnò l’appello al sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri. […] […] Non capivo il motivo per cui il ministero non avesse ancora convocato questi medici, anche perché tra loro c’erano professionisti autorevoli, come il ricercatore e professore di Farmacologia Pier Paolo Sestili; l’anestesista Stefano Manera; i cardiologi Matteo Ciuffreda e Fabrizio Salvucci, medici ospedalieri impegnati nei reparti Covid fin dalla prima ondata. «Abbiamo scoperto come trasformare una malattia grave da trattare solo in ospedale in una malattia lieve da curare a casa», mi spiegava Ciuffreda, ma quelli che fino a ieri venivano chiamati «eroi» adesso non venivano ascoltati e io non capivo il perché. Non capivo il perché, visto che il sottosegretario Sileri è un medico. Egli rispose via mail alla dottoressa Ricciardi annunciandole che avrebbe sottoposto l’appello, che riteneva interessante, all’Agenzia italiana del farmaco e poi però non era successo niente. […] Leggevo a pagina 3 della prima circolare ministeriale di febbraio 2020 […] che per i medici di famiglia e i pediatri non era prevista alcuna visita domiciliare a un paziente sintomatico: la visita non era elencata tra i compiti del medico di base per i malati sintomatici. […] Non capivo perché dopo gli allarmi ripetuti dei medici che lavoravano sul territorio, il ministero aveva scritto quel che leggevo in una successiva circolare, datata novembre 2020: anche in quel documento era assente, tra le istruzioni impartite al medico di base, quella riguardante le modalità di visita domiciliare ai malati di Covid […]. La circolare, d’altra parte, sconsigliava apertamente qualsiasi tipo di cura e che ci va a fare un medico da un paziente se non lo può curare? «Non utilizzare routinariamente corticosteridi», recitava la circolare, ritenendo il cortisone adatto solo per i malati in ospedale e dunque ignorando le esperienze dei medici; «non utilizzare eparina»; «non utilizzare antibiotici» se non dopo tre giorni di febbre; «non utilizzare idrossiclorochina perché la sua efficacia non è confermata da studi». Al medico restavano vaghe istruzioni per un monitoraggio telefonico e si scriveva poi che egli doveva collaborare con le Usca, senza specificare in che modo. Le Usca erano unità mediche speciali che nel frattempo erano state istituite per l’assistenza domiciliare ai malati di Covid e però la loro «istituzione» non corrispondeva in molti luoghi a una effettiva «costituzione». […]Io e altri colleghi di Fuori dal coro tentammo di sfondare il muro del silenzio, ma ai piani alti di ministero, Cts e Aifa fummo snobbati […]. È inammissibile che si debba subire, per ogni conferenza stampa, una «selezione» all’ingresso da parte dell’Ufficio stampa del ministro, perché questo accadeva: per partecipare alle conferenze bisognava rientrare in una lista di giornalisti «ammessi» e in uno Stato democratico non può succedere […]. Fuori dal coro mandava in onda una solida inchiesta e la risposta era il silenzio. Mario Giordano urlava che era criminale negare le cure e la risposta era il silenzio. Il presidente di Aifa Giorgio Palù fu l’unico a risponderci, con una frase scarna: affermò che la questione delle cure domiciliari era assai seria ammettendo successivamente in un’intervista alla Verità che anche a causa di mancate cure erano aumentati i ricoveri negli ospedali e tuttavia intorno rimase il silenzio. Mesi dopo Palù divenne membro del Comitato tecnico scientifico del governo e non cambiò nulla […]. Fabrizio Pregliasco mi disse che per i malati di Covid c’era il destino, Massimo Galli sentenziò che non c’erano studi e Matteo Bassetti deviò la risposta iniziando a parlare di disavventure capitate a persone curate da medici azzeccagarbugli, il che non era argomento del discorso. La cura esisteva e loro non l’avevano né studiata, né sperimentata eppure la negavano […].
(Ansa)
Il ministro Guido Crosetto in occasione dell'82°anniversario della difesa di Roma: «A me interessa che gli aiuti a Gaza possano arrivare, le medicine possano arrivare, la vita normale possa riprendere». Nonostante tutto, Crosetto ha ben chiaro come le due guerre più grandi - quella Ucraina e quella a Gaza - possano cessare rapidamente. «Io penso che la decisione di terminare i due conflitti sia nelle mani di due uomini: Putin e Netanyahu».