2025-02-22
Calenda spara su governo e bollette, non sugli energivori che lo finanziano
Il politico chiede tagli e attacca chi produce energia e rinnovabili. Però omette che aziende come Arvedi beneficiano di sussidi per 2 miliardi, tutti sulle spalle dei cittadini. Forse perché il gruppo sostiene Azione?Come Giano bifronte: da una parte attacca il governo sul caro bollette e le aziende che producono energia rinnovabile, dall’altra dice che bisogna aiutare le imprese sotto stress ma omette di citare gli energivori. Un bel pasticcio per cui è difficile capire la linea del leader di Azione spesso tentata dall’abbraccio con i 5 Stelle pure loro in contraddizione sulle rinnovabili che prima sposano in pieno poi ostacolano quando incidono sui loro bacini elettorali. Si veda a tal proposito il caso della Sardegna. Dietro le quinte di tale arringa di Carlo Calenda si scopre che tra i principali finanziatori del suo partito c’è un gruppo che si colloca tra gli energivori.Ma cerchiamo il bandolo di questa matassa complicata. Calenda è tornato a sferzare il governo che sarebbe inerte sul caro energia. Su Instagram ha ricordato che le bollette sono un problema per la famiglia «ma soprattutto per le imprese». Poi va a testa bassa: «Oggi le grandi società di rinnovabili e idroelettrico guadagnano più del settore del lusso perché vendono al prezzo del gas. L’idroelettrico ha ammortizzato tutti gli investimenti, produce a 15 euro al megawattora e di fatto vende a 180-200 megawattora. Tanto che Enel Green Power fa 50% di utili che non li fa Ferrari o Hermes. È una rendita estrattiva che danneggia gravemente l’Italia». In tale arringa non una parola sugli energivori. Calenda non si ferma qui. Ha presentato una interrogazione al Senato a partire dalle proteste dei grandi utilizzatori di elettricità e del Gruppo Arvedi (che ha acquisito da TyssenKrupp la Acciai speciali Terni) chiedendo ai ministri del Made in Italy, Adolfo Urso, e dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, «se intendano promuovere le riforme normative sul funzionamento del mercato dell’energia elettrica per neutralizzare le dinamiche speculative che oggi lo caratterizzano». Nell’interrogazione, il politico sottolinea il caso Acciai Speciali Terni che «nei primi sei mesi del 2024 ha dovuto pagare mediamente 97 euro per megawattora. Contro i 21 in Francia, i 32 in Germania e 62 in Spagna pagati dai produttori di acciaio concorrenti». Va avanti commentando che «l’elevato costo dell’energia elettrica compromette la competitività dell’acciaieria umbra che ha dovuto in più occasioni fermare i forni». E conclude che «l’intera industria italiana, in particolare nei settori più energivori è messa fuori gioco da questa situazione cui sarebbe possibile porre rimedio disaccoppiando il prezzo dell’energia rinnovabile dal gas e arginando le dinamiche speculative della borsa elettrica». In tutta questa tirata, Calenda dimentica che le imprese energivore sono le più aiutate dai sussidi pubblici poi riversati sulle bollette e godono di sgravi fiscali per un totale di oltre 2 miliardi l’anno. Una omissione che, a pensar male, potrebbe aver origine dal fatto che la Fondazione Giovanni Arvedi e Luciana Bruschini, che fa capo al gruppo Arvedi, ha contribuito ad Azione dal 2020 ad oggi per oltre 200.000 euro (rispettivamente, secondo fonte parlamentare, nel 2020 con 100.000 euro, nel 2021 con 50.000 euro, nel 2022 con 50.000 euro e nel 2024 con 10.000 euro).Sono tante le aziende che si trovano nella situazione di Arvedi. Ma ci sono anche quelle che da un lato sono energivore e dall’altro con il trading di energia fanno importanti utili, come il gruppo Duferco, guidato da Antonio Gozzi. Per completare lo scenario vanno ricordate le principali misure di supporto agli energivori che si scaricano sulle bollette e delle quali si parla sempre poco: Interconnector, attivo dal 2010, permette alle aziende di acquistare energia a prezzi più bassi, in base ai mercati confinanti, come quello francese, dove il nucleare abbassa i costi. Questo meccanismo ha un costo annuale di circa 400 milioni. La misura è legata all’impegno alla realizzazione di infrastrutture di interconnessione con l’estero da parte dei soggetti energivori aderenti, ma in 15 anni sono stati realizzati poco più 700 MW rispetto ai 2500 MW previsti. C’è da chiedersi se sia corretta quindi la prosecuzione di questa agevolazione, mentre c’è chi pensa di fare ricorso su quanto già erogato alle imprese in questi anni; c’è l’interrompibilità, introdotta nel 2008, prevede un’indennità per le imprese in caso di interruzione della fornitura di energia, con un costo di circa 500 milioni all’anno. Infine il rimborso dei costi indiretti di Co2, introdotto nel 2020, che compensa i costi aggiuntivi derivanti dalle emissioni, con un impatto stimato di 140 milioni, cifra che potrebbe raddoppiare nel 2025. Non vanno dimenticati altri benefici, come l’esenzione parziale dalle componenti tariffarie per il supporto alle fonti rinnovabili (circa 1,1 miliardi dal 2018) e un credito d’imposta del 45% introdotto per fronteggiare l’aumento dei costi energetici, con un totale che supera i 2 miliardi di euro. Tanto che su più fronti c’è la possibilità di fare ricorso su quanto già erogato e incassato dalle aziende energivore durante gli ultimi anni. Nel complesso, misure delle quali tener conto quando si parla del caro bollette. A meno che non ci si fermi a Instagram.