Il rialzo dei tassi della Bce ha fatto schizzare pure i costi dei bond emessi per il Recovery: dalla media dell’1% preventivata si va al 3%. Il mercato considera i titoli dell’Unione più rischiosi di quelli francesi e tedeschi. Un salasso anche per il bilancio italiano.
Il rialzo dei tassi della Bce ha fatto schizzare pure i costi dei bond emessi per il Recovery: dalla media dell’1% preventivata si va al 3%. Il mercato considera i titoli dell’Unione più rischiosi di quelli francesi e tedeschi. Un salasso anche per il bilancio italiano.Il rialzo dei tassi di interesse sta creando un duplice genere di problemi al finanziamento del Pnrr da parte della Commissione Ue. Da un lato, il bilancio Ue non è in grado di reggere il peso degli interessi. Dall’altro, nel contesto generalizzato di aumento dei tassi, i bond Ue devono costantemente pagare un tasso maggiore non solo rispetto ai Bund tedeschi, ma anche rispetto ai corrispondenti titoli francesi, nonostante questi ultimi abbiano un rating nettamente inferiore. E questo fa la gioia degli investitori che comprano un rischio (apparentemente) inferiore, ricevendo un tasso di interesse superiore. Un sovvertimento dei principi basilari della finanza che poteva riuscire solo alle disfunzionali istituzioni europee.Non devono ingannare i soliti toni trionfalistici con cui la Commissione martedì ha annunciato il collocamento di 9 miliardi di titoli. Con i quali i titoli in circolazione salgono alla rilevante cifra di 396 miliardi. Il trionfalismo è fuori luogo perché sui 5 miliardi emessi a 3 anni, la Ue dovrà pagare il tasso del 2,84% e sui 4 miliardi a 30 anni il tasso sarà pari al 3,48%. Numeri sideralmente lontani da quelli delle prime emissioni dell’estate 2021. Lo smacco per Bruxelles deriva dal fatto che quei tassi non solo superano ogni previsione, ma sono pure superiori a quelli dei corrispondenti titoli francesi per 17 e 13 punti base. Per non parlare dei 49 e 98 punti in più rispetto al Bund tedesco. Si tratta di uno scatto impressionante, considerato che il costo medio delle emissioni del 2021 è stato del 0,14%, salito al 2,6% nel secondo semestre 2022.Con l’essenziale differenza che la Ue non sa come coprire quei maggiori costi.Dove troverà la Ue il denaro per pagare tutti quei maggiori interessi? È la domanda che si è posto l’europarlamentare Johan Van Overtveldt solo qualche settimana fa in una relazione della Commissione Bilancio finalizzata ad una risoluzione parlamentare.Il parlamentare belga ha fatto notare che la spesa complessiva per interessi stanziata nel quadro finanziario pluriennale 2021-2027 era inizialmente pari a 12,9 miliardi. Tale cifra era fondata sull’essenziale premessa che i tassi aumentassero dall’iniziale 0,55% del 2021 al 1,15% del 2027. Numeri che sono stati spazzati via già dall’estate 2022. La conclusione è che nel bilancio 2024 non ci sarà spazio per tali maggiori costi e che si dovrà tagliare spese di altra natura, peraltro già soggette a limitazioni a causa dei crescenti fabbisogni finanziari della Ue per cause sopravvenute (guerra, in primis). E sul fronte delle entrate la Commissione è gravemente in ritardo nella definizione di nuove «risorse proprie», cioè nuove tasse a carico di tutti i cittadini europei. Una situazione «inaccettabile», secondo il relatore belga che invita la Commissione a proporre in tempi rapidi una revisione del quadro finanziario pluriennale.Se questi sono i problemi che la Ue mette in piazza senza nemmeno tanto pudore, come volete che reagiscano gli investitori? Chiedendo un premio al rischio, ovviamente. Si spiega così il maggior costo rispetto ai titoli francesi e tedeschi e l’allarmante articolo apparso su Reuters qualche giorno fa che titolava proprio sulla mancanza di «credibilità» della Ue come emittente. Quei titoli faticano ad entrare nei portafogli dei grandi investitori perché non sono debiti “sovrani”, ma sovranazionali. Dietro c’è quella strana creatura istituzionale della UE che fatica a disporre di entrate proprie e che spesso e volentieri non dà prova di unità.E questo i mercati hanno cominciato a prezzarlo. Inizialmente, si è data la colpa di questi maggiori tassi alla scarsa liquidità dei titoli, ma oggi, con le nuove ingenti emissioni, è una giustificazione che non regge. Anche se gli investitori scontano il fatto che si tratta comunque di emissioni limitate nel tempo, essendo il Next Generation Ue un programma una tantum.La tripla “A” dei bond Ue è basata sulla garanzia della Commissione che però dipende dai contributi degli Stati membri e questo è un altro fattore di rischio. E non basta che la promessa degli Stati membri di contribuire al bilancio Ue sia stata elevata fino al 2% del rispettivo Reddito Nazionale Lordo, aggiungendo uno 0,6% proprio per finanziare il Ngeu. Potrebbe sempre accadere che uno Stato non onori quell’impegno, onorando comunque i propri titoli nazionali, come recentemente ipotizzato sulle pagine del Financial Times. Insomma, quando gli investitori hanno cominciato a scrutinare più da vicino la solidità del debitore Ue, hanno realizzato che il merito di credito di quei titoli non giustifica la tripla A e continuano a chiedere uno spread crescente. E non regge nemmeno l’argomento che il nostro Btp a 10 anni attualmente costa circa 110 punti base in più rispetto al corrispondente titolo Ue. Perché qualcuno forse conosce il tasso che la Ue praticherà all’Italia sui prestiti? Certamente applicherà un margine per tenere conto di spese e commissioni varie, ma tale margine a quale tasso «base» andrà a sommarsi fino al 2058, quando è previsto il rimborso integrale da parte dell’Italia? Forse il tasso medio sulle emissioni, che però tiene conto delle scelte di durata del debito insindacabilmente operate dalla Commissione? E perché la Repubblica Italiana dovrebbe indebitarsi a 30 anni ad un tasso sconosciuto, quando nel 2021 ha emesso Btp a 30 anni a tassi oscillanti tra 1,47% e 1,82% e, se avesse chiesto altro, peraltro acquistato dalla Bce, avrebbe dormito sonni tranquilli? Invece ora deve subire le scelte della Commissione, che dei 396 miliardi di titoli in circolazione ne ha ben 223 con scadenza inferiore ai 10 anni, di cui 111 in scadenza entro 4 anni, esposti ad un rischio tasso di cui avremmo fatto volentieri a meno.Tutto questo mentre siamo al 12 maggio e la Commissione da 4 mesi (2 di proroga) non riesce a completare la valutazione «preliminare» del conseguimento di obiettivi e traguardi necessari per il pagamento della terza rata del Pnrr da 19 miliardi. Poi il comitato economico-finanziario avrà bisogno di altre 4 settimane per il proprio parere per sbloccare prestiti di cui non conosciamo il costo. Un vero affare.
Antonio Scurati (Ansa)
Eccoli lì, tutti i «veri sapienti» progressisti che si riuniscono per chiedere all’Aie di bandire l’editore «Passaggio al bosco» dalla manifestazione «Più libri più liberi».
Sono tutti lì belli schierati in fila per la battaglia finale. L’ultima grande lotta in difesa del pensiero unico e dell’omologazione culturale: dovessero perderla, per la sinistra culturale sarebbe uno smacco difficilmente recuperabile. E dunque eccoli, uniti per chiedere alla Associazione italiana editori di cacciare il piccolo editore destrorso Passaggio al bosco dalla manifestazione letteraria Più libri più liberi. Motivo? Tale editore sarebbe neofascista, apologeta delle più turpi nefandezze novecentesche e via dicendo. In un appello rivolto all’Aie, 80 autori manifestano sdegno e irritazione. Si chiedono come sia possibile che Passaggio al bosco abbia trovato spazio nella fiera della piccola editoria, impugnano addirittura il regolamento che le case editrici devono accettare per la partecipazione: «Non c’è forse una norma - l’Articolo 24, osservanza di leggi e regolamenti - che impegna chiaramente gli espositori a aderire a tutti i valori espressi nella Costituzione italiana, nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea e nella Dichiarazione universale dei diritti umani e in particolare a quelli relativi alla tutela della libertà di pensiero, di stampa, di rispetto della dignità umana? Poniamo quindi queste domande e preoccupazioni all’attenzione dell’Associazione italiana editori per aprire una riflessione sull’opportunità della presenza di tali contenuti in una fiera che dovrebbe promuovere cultura e valori democratici». Memorabile: invocano la libertà di pensiero per chiedere la censura.
Olivier Marleix (Ansa)
Pubblicato post mortem il saggio dell’esponente di spicco dei Républicains, trovato impiccato il 7 luglio scorso «Il presidente è un servitore del capitalismo illiberale. Ha fatto perdere credibilità alla Francia nel mondo».
Gli ingredienti per la spy story ci sono tutti. Anzi, visto che siamo in Francia, l’ambientazione è più quella di un noir vecchio stile. I fatti sono questi: un politico di lungo corso, che conosce bene i segreti del potere, scrive un libro contro il capo dello Stato. Quando è ormai nella fase dell’ultima revisione di bozze viene tuttavia trovato misteriosamente impiccato. Il volume esce comunque, postumo, e la data di pubblicazione finisce per coincidere con il decimo anniversario del più sanguinario attentato della storia francese, quasi fosse un messaggio in codice per qualcuno.
Roberto Gualtieri (Ansa)
Gualtieri avvia l’«accoglienza diffusa», ma i soldi andranno solo alla Ong.
Aiutiamoli a casa loro. Il problema è che loro, in questo caso, sono i cittadini romani. Ai quali toccherà di pagare vitto e alloggio ai migranti in duplice forma: volontariamente, cioè letteralmente ospitandoli e mantenendoli nella propria abitazione oppure involontariamente per decisione del Comune che ha stanziato 400.000 euro di soldi pubblici per l’accoglienza. Tempo fa La Verità aveva dato notizia del bando comunale con cui è stato istituito un servizio di accoglienza che sarà attivo dal 1° gennaio 2026 fino al 31 dicembre 2028. E ora sono arrivati i risultati. «A conclusione della procedura negoziata di affidamento del servizio di accoglienza in famiglia in favore di persone migranti singole e/o nuclei familiari o monogenitoriali, in possesso di regolare permesso di soggiorno, nonché neomaggiorenni in carico ai servizi sociali», si legge sul sito del Comune, «il dipartimento Politiche sociali e Salute comunica l’aggiudicazione del servizio. L’affidamento, relativo alla procedura è stato aggiudicato all’operatore economico Refugees Welcome Italia Ets».
2025-12-03
Pronto soccorso in affanno: la Simeu avverte il rischio di una crisi strutturale nel 2026
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iStock
Secondo l’indagine della Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza, dal 2026 quasi sette pronto soccorso su dieci avranno organici medici sotto il fabbisogno. Tra contratti in scadenza, scarso turnover e condizioni di lavoro critiche, il sistema di emergenza-urgenza rischia una crisi profonda.
Il sistema di emergenza-urgenza italiano sta per affrontare una delle sue prove più dure: per molti pronto soccorso l’inizio del 2026 potrebbe segnare una crisi strutturale del personale medico. A metterne in evidenza la gravità è Alessandro Riccardi, presidente della Simeu - Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza - al termine di un’indagine che fotografa uno scenario inquietante.






