2024-10-26
Caccia alle spie dell’Iran al Pentagono. La pista porta ai consiglieri di Biden
L’Fbi indaga su un ufficio governativo da cui sarebbero stati inviati a Teheran documenti riservati su Israele. Nel mirino, dopo Tabatabai, anche Maier. Ma il pesce grosso è Malley, uomo degli accordi con gli ayatollah.Le indagini dell’Fbi continuano senza sosta su uno dei casi di spionaggio interno più gravi nella storia degli Stati Uniti e del Pentagono. Ciò che inizialmente sembrava riguardare solo Ariane Tabatabai si sta allargando a macchia d’olio. La politologa iraniano-americana e capo dello staff del vice segretario alla Difesa per le Operazioni speciali, è sospettata di aver diffuso piani relativi a un attacco israeliano contro l’Iran previsto per la scorsa settimana, secondo qualificate fonti di intelligence. Secondo la Cnn, l’Fbi sta focalizzando le proprie indagini su un ufficio governativo degli Stati Uniti sospettato di essere il luogo in cui sarebbero stati stampati i documenti di intelligence relativi ai preparativi di Israele per un possibile attacco contro l’Iran. Nelle scorse ore è emerso che l’Fbi e la Defense intelligence agency stanno indagando anche su Christopher Maier, dal 2021 assistente segretario della Difesa per le Operazioni speciali e i conflitti a bassa intensità, in quanto «potenziale fonte di documenti altamente riservati trapelati riguardanti i preparativi militari israeliani per l’attacco in Iran». Secondo due fonti informate del caso i documenti in questione erano rapporti destinati a una circolazione relativamente ampia. Qui il numero ristretto di persone che hanno avuto accesso a quei rapporti rappresenta un punto di partenza fondamentale per individuare il possibile responsabile. Ma attenzione, perché sia Ariane Tabatabai che Christopher Maier non sarebbero che due pedine in un gioco molto più grande che vede Robert Malley, inviato speciale dell’amministrazione Biden per l’Iran al centro di molte trame e sospetti. Malley lo scorso 23 giugno è stato messo in aspettativa in seguito alla sospensione della sua autorizzazione di sicurezza durante un’indagine in corso. La causa esatta della sua sospensione rimane poco chiara. Joe Biden ha nominato Malley come suo inviato speciale per l’Iran nel 2021 e aveva precedentemente ricoperto il ruolo di diplomatico di alto livello nell’amministrazione Obama. Ha contribuito a negoziare un accordo nucleare storico del 2015 con l’Iran, il Joint comprehensive plan of action, o Jcpoa. L’accordo, che mirava a frenare le attività nucleari dell’Iran, è stato poi abbandonato dal presidente Trump che lo ha bollato come «il peggior accordo di sempre» e ha ripristinato sanzioni paralizzanti sulla Repubblica islamica. Nel febbraio 2021, a meno di un mese dalla sua nomina come inviato speciale per l’Iran, Malley reclutò Ariane Tabatabai nella sua squadra al Dipartimento di Stato per supportare i negoziati con l’Iran. Malley tentò anche di nominare Ali Vaez, direttore del progetto Iran presso l’International crisis group (Icg), in una posizione governativa ma l’operazione non si chiuse. Secondo due fonti informate sui fatti e un ex collega - tutti rimasti anonimi- Vaez non riuscì a ottenere l’autorizzazione di sicurezza necessaria, portando così all’annullamento della nomina. Secondo un rapporto dell’Iran International investigates, nel 2014 il ministero degli Esteri iraniano ha avviato una rete di accademici e ricercatori stranieri, chiamata Iran experts initiative (Iei), per aumentare la propria influenza sulla scena mondiale e guarda caso sia Ariane Tabatabai che Ali Vaez ne fanno parte (seppur non ufficialmente) e secondo i documenti, un’altra analista iraniana, Dina Esfandiary, reclutata sempre da Malley all’Icg all’inizio del 2021, era a sua volta affiliata all’Iei. Tutto questo non è che una piccola parte di questo «Iran Gate» e per cercare di capire come sia stato possibile che l’Iran sia riuscito a penetrare così in profondità all’interno delle strutture governative statunitensi lo abbiamo chiesto all’analista americana Irina Tsukermann: «Persone come Malley, Tabatabai e Esfandiary non erano considerate pericolose risorse iraniane; erano apprezzate come strumenti della politica estera statunitense che si adattavano all’agenda delle rispettive amministrazioni quanto all’Iran. Non dovrebbe quindi sorprendere che abbiano oltrepassato il limite dell’accettabile, del lecito e del semplice svolgimento del loro lavoro, per eseguire comandi per conto dell’Iran che hanno oltrepassato il limite anche agli occhi dell’amministrazione, almeno quando alla fine sono stati scoperti. Se godessero o meno di una tacita complicità anche per le più oltraggiose violazioni della sicurezza è ancora da indagare, ma l’insabbiamento delle violazioni della sicurezza di Malley solleva certamente questo spettro». Sul fronte del conflitto, secondo una dichiarazione rilasciata dall’Unifil, i caschi blu sono stati coinvolti in un incidente il 22 ottobre scorso quando i soldati israeliani avrebbero aperto il fuoco contro una delle loro postazioni vicino al villaggio di Dhayra, nel Sud del Libano. L’episodio è avvenuto mentre i soldati Unifil monitoravano le operazioni di sgombero delle case condotte dall’Idf. Questa escalation si inserisce in un contesto già teso, con le Nazioni Unite che descrivono la situazione di sicurezza nella regione come «estremamente difficile». L’ Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Turk, in un comunicato ha dichiarato che «il momento più buio» del conflitto a Gaza è stato raggiunto nel Nord della Striscia, ammonendo Tel Aviv che le sue azioni potrebbero essere equiparate «a crimini di atrocità». Mentre si cerca di capire cosa sia davvero successo a Khan Younis con Al Jazeera ormai house organ di Hamas che parla di un’operazione delle Idf che avrebbe causato 150 morti, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha affermato: «Embargo per Israele? Noi non mandiamo armi dal giorno 7 di ottobre 2023. Sono stati sospesi tutti i contratti di vendita di materiale militare perché è la legge che lo prevede e perché non si possono fare più contratti. Anche alcuni di quelli firmati precedentemente dopo attenta valutazione sono stati interrotti. È stata interrotta la fornitura anche perché poteva essere utilizzata in modo non rispondente alla situazione. Noi da questo punto di vista siamo stati sempre coerenti e rispettosi della legge, noi non mandiamo armi in Israele».
(Totaleu)
«Strumentalizzazione da parte dei giornali». Lo ha dichiarato l'europarlamentare del Carroccio durante un'intervista a margine della sessione plenaria al Parlamento europeo di Strasburgo.