2022-12-17
Caccia al tesoro di Panzeri in Brasile
Luca Visentini (Dursun Aydemir/Anadolu Agency/Getty Images)
Gli inquirenti ipotizzano che i soldi della corruzione siano finiti in un conto aperto presso una banca carioca dal big della sinistra. Perquisita la sua commercialista. Nelle carte spunta una vecchia condanna per irregolarità nella gestione dei fondi parlamentari. L’ex Cgil vede il ministro di Doha e il giorno dopo dà buste di soldi al sindacalista Luca Visentini.L’indagine del giudice istruttore belga Michel Claise sulla corruzione all’Europarlamento, come in ogni inchiesta che si rispetti, sta seguendo la scia dei soldi. E quella pista starebbe portando i segugi belgi verso le latitudini temperate del Sud America.Prima, però, di andare avanti con il nostro racconto conviene fare un breve riassunto delle puntate precedenti. Claise sta indagando su «un’organizzazione criminale», finanziata da Marocco e Qatar, di cui si ipotizza facciano parte l’ex sindacalista della Cgil ed eurodeputato del Pd e poi di Articolo Uno Pier Antonio Panzeri, il suo ex assistente Francesco Giorgi, il segretario generale dei sindacati globali (Ituc) Luca Visentini e Nicolò Figà Talamanca, segretario della Ong No peace without justice. Un’organizzazione che opererebbe all’interno del Parlamento europeo con la collaborazione di persone designate come «amici». Per questo, tramite un ordine europeo di indagine, ha chiesto all’Italia di eseguire investigazioni mirate. In queste ore circolano poche informazioni sulle attività della Guardia di finanza coordinata dal procuratore aggiunto di Milano, Fabio De Pasquale. Ma dal Belgio trapela che Claise avrebbe chiesto di investigare su sette conti correnti italiani riconducibili a Panzeri (due), alla figlia Silvia (uno), a Visentini (tre) e a Giorgi (uno).Ma la vera novità è un’altra: a casa di Panzeri le Fiamme gialle sarebbero andate alla ricerca di «tutti i documenti, anche informatici, relativi a conti bancari in Italia e all’estero, presso Lift bank (Brasile) e altrove». Un istituto che si vanta di essere la prima banca digitale per imprenditori del Paese sudamericano. Dunque sembra che a Bruxelles ipotizzino che l’ex sindacalista abbia messo al sicuro il proprio denaro sui conti di un istituto che ha il quartier generale nella città di Vitoria, in una nazione governata da un altro ex sindacalista, Inacio Lula Da Silva. È lì che Panzeri ha nascosto il proprio tesoro? Le indagini dovranno rispondere a questo quesito.Gli investigatori sono andati anche alla ricerca di titoli, contanti, oro, orologi di valore, documenti, cartacei e digitali, relativi al Marocco e al Qatar e ai rapporti con altri personaggi coinvolti a vario titolo nell’inchiesta: dalla compagna di Giorgi, l’ex vicepresidente dell’Unione europea Eva Kaili all’ex parlamentare Davide Zoggia, ex presidente della Provincia di Venezia e deputato del Pd, oggi assistente dell’europarlamentare piddino Pietro Bartolo, a Giuseppe Meroni, da poco assistente (licenziato) dell’eurodeputata di Forza Italia Lara Comi, ma in precedenza collaboratore dello stesso Panzeri.Destinatari di una perquisizione anche gli uffici di Opera della commercialista Monica Rossana Bellini. Nel corso dell’indagine sarebbe emerso «chiaramente» che la signora Bellini «è la responsabile della consulenza gestionale e finanziaria della coppia Panzeri-Colleoni (Maria Dolores, la moglie dell’ex sindacalista, ndr)». Per gli investigatori, secondo cui i guadagni di Panzeri «sembrano di natura criminale», «l’intervento dello studio Bellini potrebbe far parte di operazioni di riciclaggio».Dagli inquirenti Panzeri è considerato un personaggio sospetto anche per un precedente riguardante l’utilizzo dei fondi europei, essendo stato condannato dal tribunale dell’Unione in un caso di somme indebitamente versate quando era membro del Parlamento europeo.Dal sito Altalex apprendiamo che la vicenda riguardava la legislatura 2004-2009 e il contratto di prestazione di servizi di assistenza parlamentare stipulato da Panzeri nel 2004 con l’associazione «Milano Più Europa». La vicenda era iniziata nel 2009 con un’indagine dell’Olaf (Ufficio europeo per la lotta antifrode) e nel 2016 il tribunale di primo grado dell’Ue aveva respinto un primo ricorso di Panzeri contro la richiesta del Parlamento europeo di rimborsare la somma di 83.764 euro indebitamente percepita dall’associazione incaricata dell’assistenza parlamentare. Poi la condanna, che nelle carte dell’inchiesta viene data come definitiva.Ma è dal Belgio che arriva la storia più clamorosa, ovvero i dettagli sul coinvolgimento nell’inchiesta di Visentini, il capo dei sindacalisti mondiali che, dopo che è uscito il suo nome sui giornali, ebbe a dichiarare il 14 dicembre di aver «incontrato Panzeri un paio di volte quando era ancora europarlamentare, ma per ragioni istituzionali, partecipando a riunioni, audizioni dove c’era anche lui». La loro conoscenza risalirebbe a «un anno, un anno e mezzo fa». Il capo dell’Ituc ha affermato anche di avere accettato «in buona fede» la donazione proveniente dalla Fight impunity per «la campagna per il congresso di Ituc che si è svolto a Melbourne dal 12 al 22 novembre scorso». Dopo il fermo Visentini ha detto: «Le accuse riguardavano solo me (e non il sindacato, ndr), ma poi nel corso dell’indagine non sono neanche state trovate evidenze che io fossi in qualche modo collegato con questa vicenda».Dall’ordine europeo di indagine risulta che per Claise i conti italiani di Visentini sarebbero stati finanziati dal Belgio e probabilmente, sempre secondo l’accusa, con i proventi dei reati di corruzione. Il Marocco e il Qatar, nell’ambito del loro disegno di ingerenza, avrebbero pianificato l’elezione di Visentini al vertice dell’Ituc e il finanziamento del sindacato con i petrodollari qatarioti.Per arrivare a questa conclusione, gli investigatori belgi e gli 007 del Vsse (Sicurezza di Stato) hanno pedinato sia Panzeri che Visentini e il 10 ottobre 2022 devono aver pensato di aver fatto bingo. Infatti hanno pizzicato Visentini mentre riceveva tre buste a loro avviso piene di euro nel bell’appartamento di Bruxelles di Panzeri. Inoltre gli inquirenti belgi hanno annotato che tra il 4 gennaio 2021 e il 17 ottobre 2022 sarebbero stati trasferiti dal conto belga di Visentini sui suoi tre conti italiani circa 140.000 euro.Ma le sorprese non sono finite. Gli investigatori il 9 ottobre, ovvero il giorno prima del presunto scambio di soldi tra Panzeri e Visentini, avevano assistito a un’altra scena per loro fondamentale: Panzeri aveva incontrato nientemeno che il ministro del lavoro del Qatar in un hotel della Capitale belga.Dunque il sospetto, che affiora dall’ordine europeo di indagine, è che il capo dei sindacalisti di tutto il mondo, l’uomo che dovrebbe rappresentare e tutelare a livello globale i diritti dei lavoratori, possa essere stato prezzolato, attraverso un altro sindacalista, l’ex presidente della Camera del lavoro di Milano, dal ministro del lavoro di un Paese in cui si ritiene che circa 6.000 lavoratori senza nessun diritto siano morti sotto il sole, mentre costruivano gli stadi di calcio del Mondiale. Una contestazione che assomiglia molto a quella di essere la guida di un sindacato giallo, cioè un’organizzazione che si ritiene di fatto asservita al datore di lavoro o ad altri soggetti i cui interessi siano contrapposti a quelli dei lavoratori.Un attacco che lascerà sgomente le persone che hanno combattuto a fianco di Visentini e Panzeri per quei diritti e che li hanno difesi in buona fede. Ovviamente ci auguriamo per loro, che i due sindacalisti riusciranno ad allontanare da sé tali odiosi sospetti.Anche perché Visentini, dopo il fermo, è stato rilasciato.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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