- Uno studio di Deutsche Bank ha esaminato le variazioni delle retribuzioni nei principali Paesi Ue ed extra europei dal 2014 al 2019. Da Londra a Parigi, da Zurigo ad Atene, tutte le grandi metropoli registrano buste paga in calo.
- In Italia la situazione non è incoraggiante. Milano e Roma figurano al trentunesimo e al trentaduesimo posto della classifica mondiale. Crollo del 23%.
- Gli Stati Uniti sono i soli in cui le retribuzioni medie mensili salgono. Da quest'anno San Francisco è diventata la città (scalzando Zurigo) in cui si guadagna di più.
Uno studio di Deutsche Bank ha esaminato le variazioni delle retribuzioni nei principali Paesi Ue ed extra europei dal 2014 al 2019. Da Londra a Parigi, da Zurigo ad Atene, tutte le grandi metropoli registrano buste paga in calo.In Italia la situazione non è incoraggiante. Milano e Roma figurano al trentunesimo e al trentaduesimo posto della classifica mondiale. Crollo del 23%.Gli Stati Uniti sono i soli in cui le retribuzioni medie mensili salgono. Da quest'anno San Francisco è diventata la città (scalzando Zurigo) in cui si guadagna di più.Lo speciale contiene tre articoli.!function(e,t,s,i){var n="InfogramEmbeds",o=e.getElementsByTagName("script")[0],d=/^http:/.test(e.location)?"http:":"https:";if(/^\/{2}/.test(i)&&(i=d+i),window[n]&&window[n].initialized)window[n].process&&window[n].process();else if(!e.getElementById(s)){var r=e.createElement("script");r.async=1,r.id=s,r.src=i,o.parentNode.insertBefore(r,o)}}(document,0,"infogram-async","https://e.infogram.com/js/dist/embed-loader-min.js");In Europa gli stipendi medi mensili sono in calo in tutte le principali città. A rilevarlo è Deutsche Bank all'interno del report «Mapping the world's prices 2019» in cui il gruppo tedesco esamina i prezzi dei maggiori beni e servizi nel mondo e la qualità della vita nelle diverse aree del mondo.Il fenomeno della diminuzione dei salari è iniziato in realtà con la crisi del 2008 e ancora oggi se ne soffrono gli effetti. Tra i fattori chiamati in causa ci sono la stagnazione della produttività e il boom di forme di lavoro instabili, come la sotto-occupazione o il part time involontario, di solito incompatibili con un aumento dei livelli retributivi. Il risultato è che la crescita dei salari reali nei Paesi Ocse si è fermata al +1,5% nel quarto trimestre 2017, contro il +2,4% nello stesso periodo del 2007.Tutti i grandi centri come Londra, Parigi, Zurigo, Berlino, Vienna, Madrid, Roma o Istanbul segnano tutte retribuzioni medie in caduta libera. Innanzitutto, secondo lo studio, nel 2019 il lungo dominio di Zurigo come la città con le maggiori retribuzioni al mondo è finita. Ora in cima alla lista c'è San Francisco. Zurigo resta comunque in seconda posizione.Dallo studio di Deutsche Bank emerge chiaramente come, in termini di aumenti retributivi l'Europa stia facendo un passo indietro almeno dal 2014 (se non prima), anno preso in considerazione dall'indagine. Nel Vecchio continente i casi più eclatanti sono quelli che riguardano due città ritenute molto ricche come Oslo e Zurigo. Nel caso della capitale norvegese i salari dal 2014 sono crollati del 30% scendendo da 4.606 dollari al mese a 3.246. La costosa Zurigo ha visto scendere dal 2014 i salari del 18% da una media di 7.171 dollari ai 5.896 del 2019. Lo stesso vale per Stoccolma, con una flessione del 22% da 3.388 biglietti verdi a 2.630, e per Mosca, con un calo del 26% sul netto mensile da 1.390 a 1.031 dollari. Ma ci sono città in cui il crollo è stato a dir poco drastico. È il caso di Istanbul, passata dai 905 dollari del 2014 ai 433 del 2019. Il crollo è stato del 52%, poco più della metà.I paesi del Nord Europa sembrano dunque soffrire molto di questa tendenza al ribasso. Copenhagen ha ceduto dal 2014 l'11% da 3.601 a 3.190 dollari netti al mese. Londra, complice forse la Brexit, ha ceduto il 7% con uno stipendio medio in calo da 3.193 a 2.956 dollari. Se la cava meglio Dublino, con un calo più contenuto del 4% da 2.949 a 2.818 dollari. Edimburgo si è mostrata giù dell'11% con un calo da 2.824 a 2.501 dollari. Al di fuori dei territori di Sua Maestà, Amsterdam mostra stipendi in calo del 16% da 3.314 a 2.795 dollari al mese. Peggio è andata a Francoforte, (-18%) da 3.413 a 2.784 dollari netti al mese. Anche Helsinki ha ceduto il 10% con un calo da 3.009 a 2.698 dollari. In sofferenza anche le retribuzioni nella ville lumiere. A Parigi le buste paga si sono alleggerite del 15% da 3.016 a 2.565 dollari ogni quattro settimane. Male anche un'altra capitale dove si parla francese: Bruxelles. La capitale d'Europa ha visto gli stipendi calare in media del 4% dal 2014 a oggi (da 2.620 a 2.503 dollari). A Berlino, però, la situazione appare migliore: stipendi giù solo del 2% da 2.519 a 2.473 dollari. Si parla tedesco anche a Vienna dove la situazione non è facile: salari in calo del 12% da 2.515 a 2.210 dollari. Nella penisola iberica la situazione mostra cali a doppia cifra. A Madrid la media degli stipendi mensili è scesa dell'11% da 1.002 a 1.790 dollari al mese. A Lisbona il calo è del 16% da 1.202 a 1.013 dollari. Anche in Grecia la situazione non è incoraggiante. Ad Atene retribuzioni giù del 16% da 1.022 a 853 dollari al mese. Insomma, ormai è chiaro che l'Europa non sia più il centro del mondo. Complice un mercato del lavoro sempre più frastagliato e un numero di cittadini sempre in crescita, si capisce come, in una situazione di forte riduzione delle retribuzioni, dovrebbero essere le istituzioni a muoversi per arginare i danni. In realtà, però, questo non sta accadendo. L'Unione europea non si sta mostrando capace di intervenire in modo deciso come avrebbe fatto un vero Stato, un po' per gli orgogli dei singoli Stati nazionali, un po' per una fede forse ingenua negli automatismi del mercato. Quello che è certo è che i lavoratori non possono sostenere questo trend a lungo. Gli stipendi devono tornare a crescere. Senza ciò, le singole economie finirebbero per fermarsi.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/buste-paga-2638639674.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="in-italia-roma-e-milano-perdono-posizioni" data-post-id="2638639674" data-published-at="1764517772" data-use-pagination="False"> In Italia Roma e Milano perdono posizioni Giphy In Italia la situazione degli stipendi netti mensili resta preoccupante. Le due città più importanti del Paese mostrano entrambe retribuzioni in calo. Secondo lo studio di Deutsche Bank dal titolo «Mapping the world's prices 2019», Milano ha visto dal 2014 stipendi netti mensili in calo del 23% da 1.990 a 1.540 euro. Non va molto meglio a Roma, dove dal 2018, anno in cui il gruppo tedesco ha iniziato le rilevazioni sulla città eterna, gli stipendi in soli dodici mesi sono calati da 1.570 a 1.360 euro netti mensili. Le due città italiane figurano quindi al trentunesimo (Milano era in ventinovesima posizione nel 2018) e al trentaduesimo posto tra le 55 città con gli stipendi più alti al mondo subito dopo Vienna e prima di Riyadh, che presenta valori non troppo distanti dalla capitale italiana (1.580 euro al mese nel 2018 e 1.320 nel 2019). I motivi di questa mancata crescita delle retribuzioni sono molteplici. Innanzitutto, per quanto riguarda la produttività, l'Italia ha sempre sofferto di aver perso il treno dell'innovazione tecnologica. Il nostro Paese ha sempre puntato poco in ricerca e sviluppo, non superando mai più dell'1% del Pil in investimenti. Inoltre, l'accelerazione tecnologica ha accentuato la richiesta di lavori ad alto tasso di qualifiche, favorendo una polarizzazione tra impieghi che richiedono grandi capacità (e con retribuzioni elevate) e impieghi a basso tasso di qualifiche. Così facendo, chi è privo delle qualifiche adatte, finisce per accettare lavori che richiedono un grado inferiore di competenze, anche al costo di incassare retribuzioni modeste. Al contrario, chi sarebbe in possesso di certe competenze, finisce per essere disincentivato da stipendi poco appetibili o prospettive deboli di crescita. Non è un caso che il fattore occupazione sia considerato tra le molle della fuga all'estero dei connazionali, con un totale di 160.000 espatri registrati nel 2018 (il +3,1% rispetto al 2017). <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/buste-paga-2638639674.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="gli-usa-sono-l-unico-stato-dove-gli-stipendi-aumentano" data-post-id="2638639674" data-published-at="1764517772" data-use-pagination="False"> Gli Usa sono l'unico Stato dove gli stipendi aumentano Giphy Dal report di Deustche Bank intitolato «Mapping the world’s prices 2019» emerge chiaramente come gli Stati Uniti siano l’unico Paese al mondo in cui gli stipendi medi mensili salgono. Innanzitutto, da quest’anno, San Francisco è diventata la città (scalzando Zurigo) in cui si possono trovare le più alte retribuzioni al mondo.Grazie al boom della Silicon Valley, dal 2014 la retribuzione netta media della città californiana è cresciuta dell’88% da 3.470 a 6.526 dollari al mese. Nel resto degli Stati Uniti la crescita non è stata tanto sostenuta, ma i dati restano comunque di grande rilievo: a New York City la media è cresciuta da 3.476 a 4.612 dollari al mese (+33%). Bene anche a Boston (da 3.494 a 4.288 dollari al mese, +23%) e Chicago (da 3.247 a 4.062 dollari, in crescita del 25%).Secondo lo studio del colosso tedesco, in nessun’altra parte del mondo le retribuzioni sono cresciute così tanto. Come spiega lo studio questo dimostra come il settore della tecnologia abbia fatto salire San Francisco battendo molte delle capitali un tempo ritenute i centri finanziari mondiali come Londra o New York. D’altro canto è anche vero che, con la crescita degli stipendi, è aumentato anche il costo della vita nelle principali città americane. Secondo lo studio, ad esempio, solo Hong Kong batte la città californiana quando si parla di affitti.Inoltre, lo studio di Deutsche Bank spiega come la crescita di San Francisco (e più in generale anche quella di Boston, Chicago e New York) come città con gli stipendi più alti sia tutto sommato recente.Nel 2012, quando Deutsche Bank ha iniziato a realizzare questo studio, tutte le città americane prese in esame mostravano stipendi e crescite medie ben più contenute. In effetti l’economia americana sta “tirando” ben più di quella europea o cinese. Il Pil 2018 dello Zio Sam si è fermato a quota 2,8%, un risultato che l’Italia e l’Europa si sognano da tempo. Anche la disoccupazione è ai minimi storici. Va detto, però, che gli stipendi a stelle e strisce, anche se in crescita e ben più alti dei nostri, non includono molti servizi che in Italia e in Europa sono ritenuti scontati.È il caso della pensione o dell’assistenza sanitaria, rigorosamente private. Senza contare che il costo della vita è spesso esorbitante. Soprattutto quando si parla di affitto o di trasporti pubblici.
Luigi Lovaglio (Ansa)
A Milano si indaga su concerto e ostacolo alla vigilanza nella scalata a Mediobanca. Gli interessati smentiscono. Lovaglio intercettato critica l’ad di Generali Donnet.
La scalata di Mps su Mediobanca continua a produrre scosse giudiziarie. La Procura di Milano indaga sull’Ops. I pm ipotizzano manipolazione del mercato e ostacolo alla vigilanza, ritenendo possibile un coordinamento occulto tra alcuni nuovi soci di Mps e il vertice allora guidato dall’ad Luigi Lovaglio. Gli indagati sono l’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone; Francesco Milleri, presidente della holding Delfin; Romolo Bardin, ad di Delfin; Enrico Cavatorta, dirigente della stessa holding; e lo stesso Lovaglio.
Leone XIV (Ansa)
- La missione di Prevost in Turchia aiuta ad abbattere il «muro» del Mediterraneo tra cristianità e Islam. Considerando anche l’estensione degli Accordi di Abramo, c’è fiducia per una florida regione multireligiosa.
- Leone XIV visita il tempio musulmano di Istanbul ma si limita a togliere le scarpe. Oggi la partenza per il Libano con il rebus Airbus: pure il suo velivolo va aggiornato.
Lo speciale contiene due articoli.
Pier Carlo Padoan (Ansa)
Schlein chiede al governo di riferire sull’inchiesta. Ma sono i democratici che hanno rovinato il Monte. E il loro Padoan al Tesoro ha messo miliardi pubblici per salvarlo per poi farsi eleggere proprio a Siena...
Quando Elly Schlein parla di «opacità del governo nella scalata Mps su Mediobanca», è difficile trattenere un sorriso. Amaro, s’intende. Perché è difficile ascoltare un appello alla trasparenza proprio dalla segretaria del partito che ha portato il Monte dei Paschi di Siena dall’essere la banca più antica del mondo a un cimitero di esperimenti politici e clientelari. Una rimozione selettiva che, se non fosse pronunciata con serietà, sembrerebbe il copione di una satira. Schlein tuona contro «il ruolo opaco del governo e del Mef», chiede a Giorgetti di presentarsi immediatamente in Parlamento, sventola richieste di trasparenza come fossero trofei morali. Ma evita accuratamente di ricordare che l’opacità vera, quella strutturale, quella che ha devastato la banca, porta un marchio indelebile: il Pci e i suoi eredi. Un marchio inciso nella pietra di Rocca Salimbeni, dove negli anni si è consumato uno dei più grandi scempi finanziari della storia repubblicana. Un conto finale da 8,2 miliardi pagato dallo Stato, cioè dai contribuenti, mentre i signori del «buon governo» locale si dilettavano con le loro clientele.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Cambia l’emendamento alla manovra di Fdi sulle riserve di Bankitalia: appartengono al popolo italiano. Il ministro Giorgetti apre ad aiuti per accedere alle paritarie. Un’altra idea porta a finanziare gli istituti per acquistare i testi da dare in prestito agli studenti.
Fratelli d’Italia non molla sul tema delle riserve auree della Banca d’Italia e riformula l’emendamento alla manovra che era stato bocciato. Un fascicolo che rimette insieme i segnalati dai gruppi, infatti, contiene il riferimento al fatto che «le riserve appartengono allo Stato». Il nuovo emendamento prevede una interpretazione autentica dell'articolo riguardante la gestione delle riserve auree del testo unico delle norme di legge in materia valutaria che, si legge, «si interpreta nel senso che le riserve auree gestite e detenute dalla Banca d'Italia appartengono al Popolo Italiano». Sparisce il riferimento al trasferimento della proprietà allo Stato.






