2021-11-13
Riscoperta della cucina dove tutto fa brodo
Trentamila anni fa, l'estrazione dei succhi vitali di carne, pesce e verdure bolliti diede il via alla vita culinaria dell'homo sapiens. Dal fuoco primordiale, che ha trasformato il cibo in cultura, alla pignatta, invenzione tra il mito e la magia realizzata da una donna.Benvenuti nella cucina primordiale dove cuoco fa rima con fuoco. In un verso del Baldus, poema in latino maccheronico di Teofilo Folengo, «Fogo multo saltat brodus extra pignattam», il fuoco troppo alto schizza il brodo fuori dalla marmitta, il poeta mantovano del Cinquecento concentra i tre elementi che caratterizzano il lungo cammino della cucina: il fuoco primordiale col quale un ominide ottocentomila anni fa cucinò il primo barbecue dell'umanità; il brodo ancestrale, start up dell'homo sapiens che circa trentamila anni fa diede il via, terzo elemento, alla cucina primordiale. Cucina che diventa civiltà, arte culinaria ed evoluzione della specie quando tra il fuoco e il cibo il sapiens sapiens interpone quella che l'etnologo Claude Lévi-Strauss chiama «oggetto culturale»: la pignattam mediatrice tra il fuoco e il cibo. Carne, verdura o pesce che sia stato, l'abbrustolito è il primo cibo cotto dall'uomo direttamente sul fuoco e, in seguito, su pietre roventi, braci, nella cenere, allo spiedo, sulla graticola. Forse l'ordine non è questo, ma è certo che dal cibo arrostito sul fuoco primordiale all'attuale barbecue, è passata un'infinità di anni.Brodo, nome maschile di genere femminile. Non è cucina transgender. Se a scoprire la carne arrostita fu un uomo, un cacciatore, a inventare il brodo ancestrale e il recipiente nel quale cuocerlo, fu una donna. L'invenzione del brodo sconfina con il mito, con la magia. Il brodo è l'estratto dei succhi vitali che stanno nella carne, nei pesci, nei molluschi, nei rettili (famoso il brodo di tartaruga), nelle erbe, nelle verdure. Tutto fa brodo. Basta un osso poroso o un midollo osseo per dar gusto all'acqua bollente. Lévi-Strauss nel Trattatello di etnologia culinaria analizzando i due metodi di cottura contrappone l'arrosto al bollito, la cucina immediata, a diretto contatto con le fiamme, a quella che tra la carne e il fuoco mette la pentola e l'acqua. In queste due cotture l'antropologo legge un comportamento sociale contrapposto. Il bollito, preparato nel chiuso della pentola, è destinato al gruppo circoscritto, alla famiglia. Il grande spiedo e la griglia richiamano la cucina all'aria aperta, la condivisione, la generosità, l'amicizia, l'ospitalità. Anticamente accogliere lo straniero era un atto sacro. Lo raccomandano la Bibbia, i testi sacri di altre religioni, le storie degli eroi mitici. Nell'Iliade, quando Ulisse torna dopo vent'anni nella sua Itaca, il porcaro Eumeo non riconosce in quel fuggiasco affamato il suo re. Non gli chiede neppure chi è. Mette allo spiedo un porcello di cinque anni del quale offre la parte migliore all'ospite.Se spiedo è maschio, la pentola è la femmina che partorisce la vera cucina. Aristotele considerava il bollito migliore dell'arrosto perché toglieva alla carne il sapore di «crudo», di selvatico e la rendeva più morbida. Giovanni Ballarini, presidente onorario dell'Accademia italiana della cucina, ne La cucina dei numeri primi chiama la pentola «madre dei brodi». «Un'invenzione sciamanica prima e femminile poi, perché se lo spiedo e la griglia, con l'azione diretta e spesso brutale del fuoco, sono maschili, la pentola dove il fuoco agisce con una più dolce e delicata intermediazione dell'acqua, è femminile». Ne Il boccon del prete, riprende l'argomento: «È plausibile che il brodo e la pentola siano invenzioni di taglio femminile. Il brodo, con le sue origini magiche, quasi farmacologiche più che alimentari, è molto importante per l'origine della cucina, perché spinge all'invenzione e alla produzione di nuovi contenitori, terracotta, ceramica, metallo. Senza pentole la cucina è ben povera, anzi si può dire che non esista, perché abbrustolire non è fare cucina».Parole che risuonano come una bocciatura di Lennox Hastie, il nuovo profeta della griglia, il cuoco australiano autore del libro Fuoco. Cucina primordiale, che ha il merito di aver riportato l'attenzione dei cuochi di tutto il mondo sul fuoco di legna mettendo al bando fornelli elettrici e a gas. «In un mondo che vuole ristabilire la connessione con ciò che ci rende profondamente umani», scrive, «anche la cucina deve tornare all'origine, all'elemento più primitivo e vitale: il fuoco». Come dire: la fiamma viva, le braci, lo spiedo e la griglia riallacciano il filo con il passato, il legame con la storia. Massimo Bottura dell'Osteria Francescana di Modena, considerato dai critici gastronomi il numero uno dei cuochi italiani e uno dei primi cinque al mondo, tesse l'elogio ad Hastie, ma più ancora al fuoco: «Il fuoco ha trasformato il cibo in cultura. Lennox Hastie è la prova che il fuoco non è solo barbecue, bensì uno strumento fondamentale per riportare la cultura in tavola e rendere il sapore di ogni ingrediente- dalle verdure al pesce- semplicemente straordinario».Ci voleva davvero Hastie per riscoprire le cotture ancestrali? Per infiammare chi ama farsi chiamare chef e magari sa poco o niente della nostra storia della cucina? Moltissimi cuochi italiani, che non sono quelli delle stelle, non sono chef televisivi, non hanno scritto libri, ma sono cuochi di trattorie, di ristoranti «normali» e locali tipici di cucina regionale, non hanno mai attaccato le graticole al chiodo, mai depennato dai menu la costata ai ferri, l'anguilla alla brace, la stigghiola siciliana, gli arrosticini abruzzesi, il baccalà ligure alla griglia, le verdure grigliate. Si sono sempre rifiutati di riporre in un cassetto la cultura del fuoco appresa da papà, mamme e dalle nonne. Con tutto il rispetto per il cuoco australiano, nei vasi sanguigni della cucina italiana scorrono i globuli di Maestro Martino, dello Scappi, del genio di Leonardo che per la villa medicea di Artimino 500 anni fa inventò un girarrosto con un sistema di carrucole e eliche che giravano con il calore muovendo gli spiedi a seconda dell'intensità della fiamma.Il fuoco mantiene il fascino primordiale grazie a qualche cromosomo del nostro Dna che conserva la magia delle fiamme attizzate nelle caverne da progenitori primitivi o da nomadi barbuti e ricoperti di pelli durante le loro transumanze. Pastori come Ötzi, l'uomo vissuto 5300 anni fa trovato mummificato sul ghiacciaio del Similaun. Nella bisaccia aveva selce, pirite e un fungo che gli serviva da esca per attizzare il fuoco e cuocere la carne di cervi e stambecchi. Le fiamme accendono la fantasia, incantano i bambini, riempiono i loro occhi di scintille. Fino a 60 anni fa la televisione era il fuoco nel camino. Ipnotizzava, ma non intontiva. Cuoceva, ma non lessava gli zebedei. Volete mettere gli Amici di Maria con una chianina alla griglia o una polenta carbonera fatta nel paiolo di rame? X Factor con un branzino al cartoccio sotto le braci? Non è la D'Urso con le patate della Val di Gresta cotte nella cenere?I poeti, come i bambini, si sono sempre lasciati incantare dal fascino primordiale del fuoco. Giannina Noseda, poetessa del Novecento: «Io sono la fiamma,/ che sprizza faville/ che aspira, s'innalza,/ che schizza scintille/ che scalda, che cuoce,/ che splende, che fuma/ io sono la fiamma,/ che tutto consuma». Enrico Panzacchi, poeta ottocentesco: «O monachine scintillanti e belle/ che il camino nero inghiotte/ volate forse a riveder le stelle?/ Buonanotte faville, buona notte!». Giuseppe Ungaretti non aveva voglia di tuffarsi a Natale nel dedalo di strade: «Sto/ con le quattro/ capriole/ di fumo del focolare».Fuoco domestico e cucina primordiale. Braci e cenere rigenerante. Sotto la cenere si cuocevano i fugassini, deliziose focaccine da intingere nel caffelatte della prima colazione. Nelle marmitte cuoceva la polenta: polenta e radicchio dei campi, polenta e aringa, polenta e luganega, polenta e coniglio in salmì. C'era una volta la cucina primordiale.
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Scioperi a oltranza e lotta politica: dopo aver tubato con Conte e Draghi, il segretario della Cgil è più scatenato che mai.
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.