
Il 17º vertice dei Brics a Rio de Janeiro potrebbe davvero portare sfortuna a questo gruppo nato per contrastare l’egemonia occidentale. Il presidente brasiliano Lula sta sfruttando al massimo questo suo momento di grande vetrina internazionale, iniziato con il G20 di sette mesi fa e che si concluderà con la Cop30, la conferenza sul clima delle Nazioni Unite, programmata a novembre nel paese sudamericano. L’entusiasmo brasiliano non sembra però aver contagiato gli altri membri fondatori di questa alleanza nata per rappresentare il Sud globale e per ridimensionare il ruolo, degli Stati Uniti. Xi Jinping sarà assente per la prima volta ad un vortice dei Brics, anche se invierà il Primo Ministro Li Qiang), mentre Vladimir Putin non sarà in Brasile e si limiterà ad intervenire in videoconferenza a causa dell’ordine di arresto emesso dalla Corte penale internazionale. L’unica presenza davvero di peso sarà quella del Premier indiano Narendra Modi che non ha voluto mancare l’appuntamento in segno di solidarietà verso i paesi appartenenti al Sud globale, ma il suo arrivo serve più a rafforzare il ruolo dell’India come leader, che quello del gruppo. Il presidente egiziano Abdel-Fattah al Sisi ha declinato l’invito, perché non intende fare più nulla che possa irritare gli Stati Uniti e soprattutto non vuole prendere una posizione imposta sulla situazione mediorientale. Presente, ma senza troppo clamore il presidente sudafricano Ciryl Ramaphosa, così come ministri e rappresentanti di Indonesia, Malesia, Vietnam, Etiopia, Emirati Arabi Uniti, Nigeria e Iran. Proprio Teheran è uno dei problemi, perché gli Ayatollah vogliono strappare ai Brics una condanna ufficiale dell’attacco di Israele. Il gruppo, due settimane fa, ha già rilasciato una dichiarazione critica sui bombardamenti, ma il documento è stato pubblicato tardi, in tono moderato e senza menzionare Israele o gli Stati Uniti, scatenando le proteste dell’Iran. Ma sul summit di Rio de Janeiro l’ombra più pesante resta sicuramente quella di Donald Trump. L’assenza di Xi Jinping sembra essere dovuta proprio al voler portare avanti una trattativa sui dazi con gli Stati Uniti con una serie di bilaterali che possono regolare i rapporti commerciali, anche in vista della scadenza del 9 luglio . Anche il tema della guerra in Ucraina per Putin, che ha comunque inviato il ministro degli esteri Sergey Lavrov, rimane troppo caldo per affrontarlo senza la presenza statunitense. Il Brasile proverà a riproporre l’idea rivoluzionaria, ma poco concreta, di dedollarizzazione del mercato globale. Il presidente Lula ha detto che è necessario discutere della creazione di una nuova moneta, incassando per il momento soltanto l’adesione della Nigeria. L’abbandono del dollaro come asset di riferimento è un’idea che frulla in testa ai Brics da un paio d’anni, ma dopo il passo indietro della Cina e il disinteresse dell’India non esiste più la possibilità della nascita di una moneta alternativa. Parlando pubblicamente dei Brics Donald Trump ha minacciato di imporre dazi aggiuntivi del 100% se i cosiddetti paesi emergenti proveranno ad adottare misure che mettano in discussione la leadership del dollaro. In Brasile non ci sarà nessun rappresentare dell’Arabia Saudita., che resta in una specie di limbo, avendo aderito solo parzialmente e senza mai ratificare l’accordo, mentre la Turchia, paese osservatore, manderà solo funzionari e diplomatici di basso rango. Oggi sembra molto lontano il vertice di Kazan dove vennero stabilite le priorità strategiche del gruppo: dalla cooperazione sanitaria al commercio, dal cambiamento climatico all’intelligenza artificiale fino al mantenimento della pace. Una serie di obiettivi indubbiamente ambiziosi per un gruppo che non è mai realmente decollato, nonostante rappresenti quasi il 50% della popolazione mondiale ed il 40% del Pil globale. Fra assenze., ripensamenti e paure la storia dei Brics come alternativa all’Occidente sembra davvero al capolinea.
Ansa
Il colosso tedesco sta licenziando in Germania ma è pronto a produrre le vetture elettriche a Pechino per risparmiare su operai, batterie e materie prime. Solito Elkann: spinge sull’Ue per cambiare le regole green che ha sostenuto e sul governo per gli incentivi.
È la resa totale, definitiva, ufficiale, certificata con timbro digitale e firma elettronica avanzata. La Volkswagen – la stessa Volkswagen che per decenni ha dettato legge nell’industria dell’automobile europea, quella che faceva tremare i concorrenti solo annunciando un nuovo modello – oggi dichiara candidamente che intende spostare buona parte della produzione di auto elettriche in Cina. Motivo? Elementare: in Cina costa tutto la metà. La manodopera costa la metà. Le batterie costano la metà. Le materie prime costano la metà. Persino le illusioni costano la metà.
2025-11-26
Dimmi La Verità | Daniele Ruvinetti: «Dettagli e retroscena del piano di pace per l'Ucraina»
Ecco #DimmiLaVerità del 26 novembre 2025. L'esperto di geopolitica Daniele Ruvinetti rivela dettagli e retroscena del piano di pace per l'Ucraina.
- Il Paese è diventato un gigante da 100 milioni di abitanti ed è in costante crescita economica. Riferimento dell'industria manifatturiera, è partner commerciale privilegiato degli Usa come alternativa a Pechino. Dal giugno 2025 è membro dei Brics e punta a crescere ancora.
- I francesi portarono in Vietnam l'industria della gomma commettendo gravi errori e senza pensare alle conseguenze politiche e sociali che portarono i comunisti al potere. La storia delle grandi piantagioni di caucciù che furono alla base della rivolta anticolonialista.
Lo speciale contiene due articoli.
Federico Cafiero De Raho (Ansa)
L’ex procuratore nazionale antimafia, sentito dai pm che indagano su Laudati e il finanziere, fa muro: «Non sapevo nulla».
Il 20 maggio 2025 Federico Cafiero De Raho, ex procuratore nazionale antimafia ora parlamentare pentastellato, varca le porte della Procura di Roma, dove è approdato il fascicolo che ricostruisce la sequenza di accessi alle banche dati ai danni di esponenti del mondo della politica, delle istituzioni e non solo. E che ha prodotto 56 capi d’imputazione per le 23 persone indagate. Un funambolico de Raho risponde alle domande del procuratore aggiunto Giuseppe Falco e della pm Giulia Guccione. Sessantadue pagine in cui l’ex procuratore nazionale antimafia ripete sempre lo stesso schema. Che in più punti appare come uno scaricabarile in piena regola. E con una trentina di chiodi (quelli piantati con i vari «non ricordo, non avevamo questa possibilità, lo escludo») tutti nella stessa direzione: la difesa della sua estraneità. Tutti utili a puntellare ogni snodo critico emerso dall’ufficio che guidava e che, nella sua narrazione, gli è passato accanto senza mai toccarlo.





