2022-02-27
Booster, il trend negativo continua
Il quinto report dell’Iss conferma che le ospedalizzazioni nella fascia 12-39 crescono con la terza inoculazione. Anche se l’Istituto aveva previsto «un riequilibrio dei dati».Se tre indizi fanno una prova, che dire di ben cinque indizi? Ricorderete che questo giornale, con una serie di articoli, ha sollevato una questione che già emergeva da quattro report consecutivi dell’Istituto superiore di sanità: il fatto che, nella fascia 12-39 anni, i boosterizzati abbiano avuto un’ospedalizzazione maggiore rispetto alle persone vaccinate solo con due dosi.La notizia delle ultime ore è che anche il quinto report consecutivo conferma questa tendenza. Stando all’ultimo report della serie, in quella fascia, nel periodo tra il 7 gennaio e il 6 febbraio, su 100.000 individui con terza dose, gli ospedalizzati sono 19,8, mentre tra i vaccinati con due dosi da più di quattro mesi sono 19,2. Il dato è pari (sia pure con numeri ovviamente più piccoli) rispetto alle terapie intensive: sia tra i boosterizzati sia tra i bivaccinati, questa sorte è toccata 0,4 soggetti. E perfino sui decessi ( tra il 31/12 e il 30/01) il dato è sfavorevole ai boosterizzati: 0,2 contro 0,1. Insomma, emerge un dubbio rilevante sull’opportunità di un booster indiscriminato per quella fascia. Per carità: su terapie intensive e decessi si tratta di numeri piccolissimi, e quindi la cosa può essere casuale; ma per le ospedalizzazioni in generale, su numeri più consistenti, non può essere una coincidenza. Ricorderete che, pochi giorni fa, una nota dell’Iss aveva riconosciuto questo fenomeno (i numeri parlano chiaro, del resto, e sono cifre che vengono proprio dall’Iss), ma aveva formulato una spiegazione. Riportiamo la tesi dell’Iss relativa ai quattro report precedenti: «I soggetti nella fascia 12-39 anni considerati in questo periodo sono quelli che hanno completato per primi il ciclo vaccinale con il booster. Questi soggetti hanno un rischio intrinseco di infezione/ricovero/morte maggiore rispetto al resto della popolazione e sono coloro che hanno avuto un accesso prioritario alla vaccinazione proprio poiché considerati a rischio elevato (ad esempio immunocompromessi, trapiantati, operatori sanitari). La fragilità è un fattore di confondimento in questa analisi, dato che i casi fragili hanno contemporaneamente una maggiore probabilità di aver ricevuto il booster e una maggiore probabilità di essere ospedalizzati (e di decesso)». E ancora: «Considerato che a fine dicembre solo l’8% dei soggetti nella fascia 12-39 aveva ricevuto il booster, la stima dell’efficacia vaccinale dopo il booster, in questo periodo, soffre di un chiaro “bias” di selezione. Man mano che saranno presi in esame periodi successivi le stime di efficacia riferite a questa popolazione risentiranno meno di questo fattore di confondimento. Nel periodo preso in esame va inoltre considerato che il contesto era in rapida evoluzione e diversi fattori possono aver contribuito a una sottostima dell’efficacia vaccinale dopo la dose booster: il principale è l’avvento di Omicron».In sostanza, secondo la tesi dell’Iss (purtroppo non ancora suffragata da numeri), oltre al ruolo giocato da Omicron sarebbe stato decisivo il fatto che a essere stati boosterizzati per primi siano (o sarebbero stati) i soggetti a rischio. Ma allora la domanda nasce spontanea: come mai anche l’ultimissimo report conferma la tendenza? Quando cominceranno a riequilibrarsi i dati? Ci auguriamo ovviamente che ciò accada. Ma se trascorre molto tempo senza che il trend muti, continueranno ad apparirci convincenti i dubbi del professor Francesco Broccolo e dalla professoressa Maria Rita Gismondo, che hanno posto il tema del calcolo dei costi e dei benefici della vaccinazione ripetuta per quella fascia di età, e hanno anche richiamato l’anomalia dell’arco temporale così compresso entro cui sono avvenute ben tre vaccinazioni.