
Drastico aumento di decessi per disturbi cardiaci (+ 15%), cirrosi (+ 14%), diabete (+ 12%). «Bisogna fare chiarezza».Nell’epoca del Covid abbiamo imparato a fare i conti con un mondo dell’informazione tutt’altro che libero. Non che in passato le cose fossero tanto diverse, beninteso. Ma in questi anni pandemici la cappa del silenzio e della censura si è fatta sempre più soffocante. Non è un caso che un ministro della Salute, in un libro ritirato dal commercio in tempi record, abbia ammesso candidamente di aver contattato Facebook per controllare le notizie sul Covid. Un controllo, peraltro, che è stato affidato a quei «fact checker indipendenti» che, ovviamente, indipendenti non sono affatto, e che il tempo si è incaricato di sbugiardare.Quell’era è finita, sostengono alcuni. Eppure, molti strascichi della stagione pandemica si fanno sentire ancora oggi. Tanto per fare un esempio: a inchiodare Ursula von der Leyen per i suoi rapporti opachi con Pfizer ci ha dovuto pensare il New York Times. Qui in Europa, invece, quasi tutte le testate giornalistiche continuano a fischiettare. Ecco, sarebbe il caso di squarciare questa cappa di silenzio e iniziare a parlare con serenità di argomenti che non possono più essere tabù.Come si sta facendo, alla buon’ora, in Gran Bretagna. Dalle parti di Londra, infatti, è diventato di dominio pubblico il dibattito, ampiamente ripreso dai giornali britannici, sulle morti in eccesso che si sono registrate nel periodo post pandemico. Il dibattito è stato alimentato da un recente rapporto del governo britannico, il quale ha fornito dati piuttosto allarmanti. Da maggio 2022 a gennaio 2023 ci sono stati 57.000 decessi in più rispetto alle stime preventivate, le quali si basavano sulla media quinquennale del periodo 2015-2029. Adeguando questi numeri alla crescita e all’invecchiamento della popolazione, ciò equivale ad almeno 30.000 morti in eccesso. Non proprio cifre trascurabili: non a caso è il peggior risultato registrato dal 1951, con livelli che in certi casi hanno raggiunto quelli della pandemia.Naturalmente, le statistiche prendono in esame le morti non causate dal Covid (o almeno non direttamente). Questi numeri inaspettati riguardano in particolare i decessi provocati da infarti, malattie cardiache, diabete e insufficienza epatica. Relativamente alla sola Inghilterra, l’Office for health improvement and disparities (Ohid) ha riscontrato un preoccupante aumento di morti dovute a insufficienza cardiaca (+15%), cirrosi e altre malattie del fegato (+14%), diabete (+12%) e malattie cardiache (+11%). E stiamo parlando solo delle fattispecie che hanno superato un’incidenza del 10%. In sostanza, i timori di buona parte della popolazione sono stati confermati. Non per nulla, il rapporto dell’Ohid è stato fortemente voluto da politici ed esperti allarmati dai dati che erano stati raccolti fino ad allora. Ecco perché, riscontrate queste anomalie, l’Office for national statistics (Ons), l’equivalente britannico del nostro Istat, ha annunciato un esame molto approfondito su queste morti in eccesso: «Siamo consapevoli dell’importanza dell’argomento e abbiamo bisogno di fare chiarezza il prima possibile», si può leggere in una dichiarazione ufficiale rilasciata dall’Ons. La ricerca dovrebbe avere la durata di tre mesi: «Non è un lavoro semplice, ma siamo fiduciosi di riuscire nell’incarico e di fornire risultati utili e attendibili». Tra l’altro, il rapporto dell’Ohid specifica che il governo di Londra «sta prendendo provvedimenti per aiutare a ridurre le morti in eccesso» e «sta valutando che cosa si può fare di più per migliorare la prevenzione, l’individuazione e la diagnosi» delle malattie cardiache. Queste rassicurazioni, tuttavia, non hanno soddisfatto gli esperti del settore. Come ad esempio Carl Heneghan, direttore del Center for evidence based medicine dell’Università di Oxford: «Anche se accogliamo con favore il rapporto del governo sulle morti in eccesso», ha dichiarato Heneghan, «è troppo poco e troppo tardi. Decine di migliaia di persone sono già morte più di quanto ci si aspettava e la gente sta morendo adesso». Ecco perché, a suo parere, si rende necessaria l’istituzione di un’«agenzia di intelligence sanitaria centrale e indipendente, che non dovrebbe subire pressioni da parte di politici, scienziati e opinione pubblica».Anche Toby Green, autore del bestseller The Covid consensus, ha parlato dell’urgenza di fare chiarezza: «Sembra che queste morti siano correlate all’impatto delle misure di lockdown su diversi aspetti della salute cardiaca, nonché all’aumento del consumo di cibo spazzatura e alcol. Le implicazioni di questa analisi mettono in discussione il valore dei lockdown nel contesto di più ampie misure di salute pubblica». Sulle cause di queste morti in eccesso si è espresso pure Paul Hunter, esperto di medicina della salute pubblica presso l’Università dell’Anglia orientale: «Questi decessi potrebbero essere collegati a una serie di cause, tra cui un aumento del rischio di problemi cardiaci a seguito di infezioni da Covid, trattamenti ospedalieri ritardati a causa delle misure di lockdown e mancanza di attività fisica imposta dai confinamenti». Insomma, i presupposti per svolgere analisi approfondite ci sono tutti. E non sarebbe male se un tema così delicato entrasse finalmente anche nel dibattito pubblico italiano. Meglio tardi che mai.
Quest’anno in Brasile doppio carnevale: oltre a quello di Rio, a Belém si terrà la Conferenza Onu sul clima Un evento che va avanti da 30 anni, malgrado le emissioni crescano e gli studi seri dicano che la crisi non esiste.
Due carnevali, quest’anno in Brasile: quello già festeggiato a Rio dei dieci giorni a cavallo tra febbraio e marzo, come sempre allietato dagli sfrenati balli di samba, e quello - anch’esso di dieci giorni - di questo novembre, allietato dagli sfrenati balli dei bamba che si recheranno a Belém, attraversata dall’equatore, per partecipare alla Cop30, la conferenza planetaria che si propone di salvarci dal riscaldamento del clima.
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Il 9 novembre 1971 si consumò il più grave incidente aereo per le forze armate italiane. Morirono 46 giovani parà della «Folgore». Oggi sono stati ricordati con una cerimonia indetta dall'Esercito.
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Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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Teresa Ribera (Ansa)
Il capo del Mef: «All’Ecofin faremo la guerra sulla tassazione del gas naturale». Appello congiunto di Confindustria con le omologhe di Francia e Germania.
Chiusa l’intesa al Consiglio europeo dell’Ambiente, resta il tempo per i bilanci. Il dato oggettivo è che la lentezza della macchina burocratica europea non riesce in alcun modo a stare al passo con i competitor mondiali.
Chiarissimo il concetto espresso dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: «Vorrei chiarire il criterio ispiratore di questo tipo di politica, partendo dal presupposto che noi non siamo una grande potenza, e non abbiamo nemmeno la bacchetta magica per dire alla Ue cosa fare in termini di politica industriale. Ritengo, ad esempio, che sulla politica commerciale, se stiamo ad aspettare cosa accade nel globo, l’industria in Europa nel giro di cinque anni rischia di scomparire». L’intervento avviene in Aula, il contesto è la manovra di bilancio, ma il senso è chiaro. Le piccole conquiste ottenute nell’accordo sul clima non sono sufficienti e nei due anni che bisogna aspettare per la nuova revisione può succedere di tutto.









