2020-10-11
Bonomi scelga: meno tasse o soldi Ue
Il presidente di Confindustria da un lato critica i balzelli su zucchero e plastica, dall'altro chiede il Recovery fund. Peccato che quelle imposte servano a finanziarlo.«Senza una fiducia, senza una strada chiara, diventa difficile per le imprese capire la direzione di dove si sta andando: sugar tax e plastic tax sono leggi che ci fanno venire meno questa fiducia. Serve infatti per questi provvedimenti una moratoria al prossimo 1° luglio. Questo mi chiedono gli imprenditori e questo potrebbe servire per rasserenare gli animi». Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ieri ha colto l'occasione della presentazione del rapporto del centro studi per tornare a fare la voce grossa con il governo. Chiudendo il suo intervento ha dunque lanciato un appello al ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri in merito alla «necessaria moratoria» su due provvedimenti che entreranno in vigore a gennaio: «Siamo a ottobre e molti mi chiedono cosa possa succedere da qui al 1° gennaio», ha detto Bonomi. Come risposta, Gualtieri ha fatto il vago e si è limitato a dire che «rifletteremo come abbiamo sempre fatto sulle osservazioni che ci arrivano». Del resto, l'allarme sulla plastic tax è scattato da settimane tra le categorie interessate dalla tassa, come Assobibe (che rappresenta le imprese che producono e vendono bevande analcoliche in Italia) il cui presidente all'inizio di ottobre ha tuonato contro le ennesime imposte che mettono a rischio l'occupazione degli 80.000 lavoratori diretti e indiretti della filiera, con aumenti dei prezzi che si ripercuoteranno con maggior forza su bar e ristoranti prima e poi sui consumatori. La sugar tax, pur chiamandosi tassa sullo zucchero, colpisce infatti tutte le bibite dolci, obbligando il mondo delle bevande gassate ad alzare i prezzi. Un settore che i questi mesi ha dovuto dire addio a tutto il fatturato dei consumi fuori casa. «Il provvedimento», ha sottolineato ieri anche la Coldiretti, «rischia di rendere meno competitiva in un momento delicato l'intera filiera agroalimentare nazionale dove si concentra l'utilizzo dello zucchero e il 76% degli imballaggi in plastica».La Verità ha sempre contestato sugar e plastic tax così come tutti gli altri balzelli che tolgono ossigeno alle imprese già in pesante affanno per colpa del post lockdown e che ancora fanno i conti con l'emergenza sanitaria imposta dal Covid-19. Quindi non possiamo che stare dalla parte di Bonomi. Che però deve mettersi d'accordo con sé stesso. Perché da una parte - e ripetiamo, giustamente - va all'attacco dello Stato avvoltoio pronto a stangare le aziende in un momento di grande difficoltà, ma dall'altro ha sempre definito il Recovery fund come un' »occasione storica per cambiare il Paese», una «grande opportunità» concessa da Bruxelles da cogliere senza diventare un «sussidistan». Il punto è che i fondi Ue non sono un pasto gratis. Il via libera al Recovery fund prevede che l'Europa provveda con proprie tasse, che si aggiungono a quelle nazionali, a reperire il fabbisogno finanziario. A metà settembre, infatti, il Parlamento Ue ha dato il suo via libera alle nuove risorse proprie, tra cui la famigerata tassa sui rifiuti plastici non riciclati, con cui l'Unione coprirà parte del debito che dal 2021 contrarrà sui mercati per dare vita al Recovery fund. Morale: con la scusa di difendere l'ambiente - il cosiddetto green deal - già si annunciano una plastic tax e una carbon tax europea, in pratica due stangate in una. «Il processo del Recovery fund sarà lungo e non vorremmo trovarci a scoprire che la parte percepita in trasferimenti sia finanziata con nuove tasse a carico delle imprese», ha detto Bonomi nella sua prima assemblea pubblica del 30 settembre. Senza ammettere, o capire, che invocare quei prestiti significa automaticamente accettare nuovi balzelli che ricadranno su tutte le aziende, comprese quelle italiane. Tertium non datur.
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)