2023-12-04
«Landini ha indebolito il sindacato»
L’ex segretario Cisl Raffaele Bonanni: «Ricorre allo sciopero generale per fare la cinghia di trasmissione della politica. Quando io firmavo accordi con Marchionne mi sparava addosso, ora che Magneti Marelli viene svenduta rimane zitto».Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl dal 2006 al 2014. Le chiedo un’opinione da sindacalista. Favorevole o contrario al salario minimo stabilito per legge?«Io lo dico ogni volta, quando si parla di salario minimo. Per me è come sparare ad un uccello con un cannone». Giudizio netto e tranchant; non c’è che dire!«La legge può sembrare a prima vista utile. Era nella Camera dei fasci e delle corporazioni che si decideva tutto per legge. Anche i salari. Ed invece bisogna lasciare spazio alle parti sociali e alla contrattazione collettiva perché gli effetti collaterali negativi della legge superano quelli positivi. Senza considerare che si esagera spesso nel quantificare le fasce di popolazione lavorativa che potrebbero esserne interessate. Esiste piuttosto una soluzione molto concreta al problema».Mi incuriosisce…«La stragrande maggioranza di chi percepisce un salario molto basso gravita nella filiera dei subappalti, cui ricorrono i vincitori delle gare pubbliche su servizi e concessioni, spesso impostate al massimo ribasso. Un criterio di assegnazione dei lavori che sembra a prima vista corretto, perché farebbe risparmiare soldi alla pubblica amministrazione. Ma un’impresa strutturata che produce in qualità non concorre a ribassi del 50%. Questi invece a loro volta determinano un dannoso fenomeno di selezione avversa. Vincono spesso i peggiori. I più improvvisati. Il tutto a danno della qualità del servizio e della busta paga dei lavoratori. Occorre concentrarsi qui. Condizionare la scelta dei vincitori all’adozione di pratiche virtuose nella retribuzione dei lavoratori prima di assegnare i lavori. L’Inps ha tutti gli strumenti di controllo quasi in tempo reale per individuare pratiche scorrette».Cosa pensa della strategia di Cgil e Uil? Stanno ricorrendo massicciamente, al contrario invece della Cisl, allo strumento dello sciopero generale?«Io parlo di banalizzazione dello sciopero generale. Ascoltavo con attenzione papa Giovanni Paolo II quando parlava a Solidarnosc, il sindacato che guidava la rivolta in Polonia al regime comunista. Lo sciopero generale deve essere sempre l’ultima carta, da usare con parsimonia perché non sia il segnale del fallimento. La mia concezione, a differenza di quella della Cgil e della Uil, è quella di un sindacalismo non antagonista. Gli accordi non si impongono ma viceversa richiedono un lavoro minuzioso e continuo sui dettagli per avvicinarsi alla controparte. Se si ricorre allo sciopero generale vuol dire che si è fallito. O, come in questo caso, si vuol solo fare rumore mettendo la fanteria sul terreno di battaglia e facendo rumore. Anzi facendo la cinghia di trasmissione della politica. Bene fa la Cisl a protestare il sabato senza che vi siano ricadute sui lavoratori, che non perdono ore di lavoro e salario, sulle aziende e soprattutto sui cittadini. I sindacati hanno infatti bisogno della simpatia dell’opinione pubblica».Lo sciopero generale come strumento di deterrenza. Un po’ come le armi nucleari in un conflitto militare. La Cgil in particolare cerca solo visibilità?«Concordo! Deterrenza completamente svilita e depotenziata. Uno sciopero generale fatto a pezzetti che peraltro semina antipatia e non simpatia fra gli utenti, lo ribadisco. Quando i miei mi dicevano preoccupati: “Perché non facciamo pure noi lo sciopero generale?”, io rispondevo: “Se ritenete che sia utile a risolvere un problema facciamone due. E perché no, fino a dieci!”. Il risultato di queste iniziative è che il sindacato in generale ne viene fuori indebolito. L’unità sindacale non esiste più».Cosa va e cosa no, secondo Bonanni, in questa legge di bilancio proposta dal governo Meloni?«15 miliardi di euro di debito in più. È chiaro che se potevamo evitarli era meglio. Però il lavoro dipendente non è mai stato sostenuto come in questo periodo, grazie agli interventi prima di Draghi e poi di Meloni. Il taglio del cuneo fiscale di sette punti per i redditi fino a 25.000 euro e di sei punti fino a 35.000 euro sono momentanei? Lo erano con Draghi e lo sono con Giorgia Meloni. Momentanei oggi e momentanei domani, sarà molto difficile tornare indietro. E i sindacati stanno lì apposta a vigilare. E poi c’è il rinnovo dei contratti del pubblico impiego. La crescita dell’occupazione poi è stata molto importante. Rimangono temi su cui si può continuare a discutere. Il primo è come irrobustire le buste paga utilizzando ancora la leva fiscale, come è stato fatto dagli ultimi due governi. Ma anche con l’aumento della produttività. E pure qui il governo si è mosso con detassazioni importanti. Ma di questo la Cgil e la Uil non sembrano interessati. C’è poi un altro tema trascurato. La formazione. Servono lavoratori pronti a soddisfare i bisogni delle imprese e del mercato. Un lavoro che va fatto di concerto con il ministero competente e le associazioni datoriali».Altre tre opinioni su temi rilevanti. Cominciamo dal primo: il reddito di cittadinanza voluto dal Movimento 5 stelle ed ora abolito dal governo.«Sono sempre stato estremamente critico sul reddito di cittadinanza fin dal momento del suo concepimento in questi termini. Non ho mai mancato di esprimermi in tal senso su molte riviste di settore. È sempre il solito equivoco. Si mettono insieme i furbi con i poveri. Ed alla fine chi ci rimette sono i poveri. I furbi sono i tanti giovani che avrebbero potuto essere impiegati e invece sono stati pagati per non lavorare. Messaggio negativo per un Paese in grave crisi demografica, che vede i lavoratori migliori che spesso se ne vanno all’estero. La misura è stata costruita a tavolino per non funzionare. Quale formazione è stata fatta su questi percettori? Nessuna. Senza parlare del meccanismo che prevedeva la possibilità di rifiutare fino a tre offerte di lavoro e comunque a condizione che la terza proposta di assunzione fosse “congrua”. Qualcuno mi spiega cosa caspita vuol dire congrua?».Altro capitolo doloroso. Il Superbonus prima approvato e poi piano piano abolito!«Avevamo nel settore già incentivi importanti che arrivavano fino al 65% dell’importo dei lavori. Chi ha proposto il 110% si atteggiava a Robin Hood che ruba ai ricchi per dare i poveri. Ma è finito per rubare ai poveri e dare ai ricchi. Chi poteva permettersi già in partenza lavori così importanti se non chi aveva un’ampia capienza fiscale? Ci si sarebbe piuttosto potuto concentrare sul disboscamento normativo, regolamentare e burocratico che ancora rallenta un allargamento a macchia d’olio degli impianti fotovoltaici che contribuiscono a ridurre il costo dell’energia. Dicono che il Superbonus ha determinato un aumento del numero delle imprese. Ma questo non è avvenuto in un ambito di sana concorrenza ma solo perché in finale pagava Pantalone. Vale a dire il contribuente».L’Italia ha gradualmente ma inesorabilmente perso capacità produttiva nel settore automobilistico. Quest’ultimo è comunque il cuore della industria in generale. Il sindacato ha qualcosa da farsi perdonare in proposito?«Io ho vissuto un’esperienza di confronto e di collaborazione importante con Sergio Marchionne alla Fiat. Cosa di cui vado orgoglioso e che rivendico. Accordi importanti che hanno consentito di stabilizzare l’occupazione, facendo tornare a lavorare i cassaintegrati. La Fiat fece investimenti molto importanti nella robotizzazione e nell’automazione degli stabilimenti. Consideri che furono finanziati dal sistema bancario oltre sei miliardi di euro. E cosa comprensibilmente chiedeva l’azienda? Tregua sindacale in cambio di questi obiettivi. Che non si rompessero le scatole dopo aver assunto le persone ed aumentato le buste paga. Landini, col favore mediatico a sua disposizione, sparava continuamente addosso a tutti gli accordi che noi promuovevamo. La Fiom faceva una confusione che la metà bastava. Però perdeva regolarmente tutti i referendum che venivano indetti in fabbrica, nonostante avesse le luci della ribalta. Ed ora che quel sistema si sta sgretolando con la vendita, anzi la svendita, di gioielli quali Magneti Marelli perché se ne sta zitto? Su questo Calenda ha veramente ragione da vendere ed io concordo con lui».
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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