2020-01-27
Bonaccini si tiene l’Emilia aggrappandosi con le unghie (e nascondendo il Pd)
Il governatore uscente batte Lucia Borgonzoni. Testa a testa Lega-dem, Nicola Zingaretti s'inchina alle sardine. Giorgia Meloni raddoppia i consensi, tracollo di Fi (2,5%). Grillini non pervenuti.Doveva essere uno tsunami e scossone è stato. Non è crollata ma ha tremato la fortezza rossa dell'Emilia Romagna, perché le proiezioni affinate nel corso della notte segnalano che Stefano Bonaccini, presidente uscente, si riconferma alla guida della Regione a capo della coalizione di centrosinistra, ma in forza di un suo successo personale. Bonaccini ha sconfitto la candidata del centrodestra, senatrice della Lega, Lucia Borgonzoni con un margine che va dagli 8 punti che gli accredita Swg ai 3 punti del Consorzio Opinio. La partita potrebbe finire o 50,8 a 43% o 48,6 a 45,5. Solo le luci dell'alba daranno un responso certo. Ma oltre questo successo personale di Bonaccini cambia tutto. E all'alba potrebbero manifestarsi fantasmi per Giuseppe Conte. Se il voto dell'Emilia Romagna, in caso di sfondamento del centrodestra, poteva avere immediate conseguenze sul governo, anche questi risultati fanno tremare Palazzo Chigi (che pure fa sapere che l'esecutivo andrà avanti): di fatto oggi il governo giallorosso ha una componente virtuale che è maggioranza relativa in Parlamento ma inesistente nel paese. Il Movimento 5 stelle infatti è ridotto all'irrilevanza: in Emilia Romagna, la Regione dove nacque - stando sempre alle proiezioni - non raccoglie oltre il 5,4% come voto di lista, con il suo candidato, Simone Benini, che si fermerebbe al 4%. Ma le elezioni regionali dell'Emilia Romagna segnalano un altro fatto nuovo: la svola «polittica» del Pd. Il segretario Nicola Zingaretti ha dovuto elogiare le sardine, di fatto consegnando a loro le chiavi della vittoria di Bonaccini. Commentando a caldo i risultati il capo del Pd ha esordito: «I dati che stanno emergendo segnalano una grande vitalità dell'elettorato e un immenso grazie va al movimento delle sardine, che ha dato una grande scossa democratica positiva che ha sconfitto la destra estremista, la cultura dell'odio, grazie a questo movimento che ha aiutato la democrazia italiana a essere più forte». Per il segretario del Pd, che parla di grande successo - in realtà il Pd ha perso una Regione che aveva: la Calabria e conserva l'Emilia Romagna che la sinistra tiene ininterrottamente da 50 anni - «il risultato del 4 marzo 2018 è alle nostre spalle, Salvini ha perso le elezioni per dare una spallata al governo e il Pd è il pilastro fondamentale di uno campo di forze per costruire l'alternativa alle destre egemonizzate dalla Lega che è una forza estremista». L'euforia di Zingaretti viene però mitigata dai dati di fatto. Con tutta probabilità il Pd dovrà contendere il primato politico dell'Emilia Romagna alla Lega che dovrebbe confermare il risultato di lista delle europee, cioè oltre il 31,5, con Fratelli d'Italia, che con l'8,1% dei voti dovrebbe raddoppiare i consensi delle europee. Secondo le proiezioni di Swg, Stefano Bonaccini, che per tutta la campagna elettorale ha nascosto il simbolo del Pd, tanto che Nicola Zingaretti ha preferito chiudere i comizi in Calabria, dove ha preso una scoppola notevole, ha vinto con la sua lista prendendo oltre il 4% in più di voti rispetto a quelli della coalizione. Discorso inverso per Lucia Borgonzoni, che secondo la stessa proiezione ha raccolto 2 punti meno del centrodestra. Questo non ha impedito a Matteo Salvini - che è stato il primo tra i leader a parlare - di commentare con entusiasmo il voto. «Di solito», ha esordito Salvini, «i politici non commentano gli exit poll ma io voglio ringraziare i milioni di italiane e di italiani che sono andati a votare. Mi riempie di orgoglio il risultato della Calabria e voglio ringraziare Lucia Borgonzoni, che ha lottato e si è impegnata e come donna ha subito attacchi squalificanti. Sono orgoglioso della risposta che c'è stata e che la Lega possa ambire a essere il primo partito in Calabria come in Emilia Romagna». Poi Salvini si è riservato di commentare i voti a risultati definitivi acquisiti. Certo, stamani né lui né Giorgia Meloni, che pure sembra uscire rafforzata dal voto in Emilia Romagna, mentre Forza Italia sconta un tracollo (2,5%), citofoneranno a Giuseppe Conte per consegnargli l'avviso di sfratto da Palazzo Chigi, ma indubbiamente il voto in Emilia Romagna consegna un Pd che camuffa i suoi problemi aggrappandosi a Bonaccini e accodandosi alle sardine, ma che inevitabilmente li rifletterà sul governo. A determinare la vittoria del presidente uscente è stata la massiccia affluenza al voto. Che sia stato un derby anche quello della partecipazione è confermato dai dati: Modena è stata la città che ha avito la punta più alta, molto alta anche l'affluenza a Bologna, meno calda invece Rimini. Ora l'analisi dei risultati si dovrà concentrare sulle liste, perché la legge elettorale dell'Emilia Romagna consente il voto disgiunto: cioè si poteva votare per un presidente e anche per una lista a lui non collegata . E sarà importante capire come finisce il testa a testa tra Lega e Pd per il primato in Regione.
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