2023-08-17
Bonaccini ripulisce gli argini ma solo dalle scritte che se la prendono con lui
Le priorità della giunta emiliano-romagnola: cancellare gli insulti vergati sul ciglio del fiume Savio, lì dove l’esponente dem aveva lanciato strali contro il governo.Bonaccini ha sempre ragione. E se qualcuno insinua il contrario, anzi, lo scrive a caratteri cubitali sugli argini dei fiumi, arriva il pronto intervento degli sbianchettatori. Come a Castiglione di Cervia, lungo il Savio - che è il nome del corso d’acqua esondato lo scorso maggio, non un attributo per qualificare la saggezza del governatore. I fatti. L’11 agosto, l’ex aspirante segretario dem va in visita alle saline di Cervia, disastrate dall’alluvione. Si collega con La 7, bacchetta Giorgia Meloni per i ritardi nella nomina del commissario alla ricostruzione (e soprattutto perché il commissario non è lui, bensì Francesco Figliuolo); lamenta la carenza di fondi «per far ripartire questa terra»; e chiede «alcuni milioni di euro», necessari a rimettere in moto l’impianto, in modo che possa riprendere a produrre sale l’anno prossimo. Un paio di giorni dopo, a poca distanza dal luogo dell’ultima telepolemica con il governo ed esattamente nel punto in cui, tre mesi fa, il Savio aveva rotto gli argini, compare una grossa scritta: «Bonaccini rozlamerda». Il «rozlamerda» altro non è che lo scarabeo stercorario; l’insetto, appunto, che rotola in giro pallette di deiezioni, di cui si nutre e dentro le quali nasconde le sue uova. Un’immagine colorita, che in maniera villana dovrebbe forse restituire una metafora del sistema di potere piddino. L’epiteto configura - ci spiegano illustri linguisti del posto - uno degli insulti più pesanti per un romagnolo. Il mascelluto presidente della Regione è emiliano, ma l’ingiuria la coglie lo stesso. Così, gli giungono la solidarietà del sindaco di Cervia e, soprattutto, una manifestazione di solerzia da parte degli operai. I quali prima tentano di coprire con altri strati di bianco il motto ingiurioso; poi, fallita l’impresa, stendono qualche velo pietoso. Ecco qua, in men che non si dica, completati i lavori urgenti sugli argini dei fiumi. Quelli a beneficio dell’uomo che intanto raccoglie le rimostranze degli amministratori locali, invoca lo sblocco dei finanziamenti statali e contesta la scelta della Meloni di non mantenere «la filiera istituzionale della ricostruzione post terremoto». Ovvero, la filiera di Vasco Errani. Ovvero, la filiera del Pd. Le priorità di Bonaccini, si diceva. I paesani ci riferiscono che, al di là dell’uso abituale della definizione, la bravata potrebbe essersi ispirata a un premio satirico locale, intitolato alla creaturina coprofaga e di solito attribuito al personaggio che si è distinto per aver fatto la cretinata - o meglio, la «cagata» - più grossa. Comunque sia, adesso è partita la caccia ai colpevoli dell’imperdonabile oltraggio. Pare che, per assicurarli il prima possibile alla giustizia, sia stata mobilitata persino la Digos. Si fossero profusi, negli anni, altrettanti sforzi per manutenere il territorio, magari il Savio non sarebbe esondato, come già nel 2019. E nessuno si sarebbe incavolato con Bonaccini. Per la verità, spulciando qua e là sul Web, si trova traccia di bandi per la messa in sicurezza del fiume. Ma sulla qualità degli interventi, i residenti hanno qualcosa da ridire. È esasperato, ad esempio, il signor Luca Ricci, che fino al 2010, insieme a una cooperativa agricola, era proprietario di circa 15.000 ettari di terreno in un’area golenale lungo il Savio. «Poi la Regione ci inviò una lettera, informandoci che intendeva procedere all’esproprio. Non si fidavano delle nostre attività di manutenzione». Solo che Ricci e gli altri braccianti tagliavano regolarmente l’erba, prendevano la legna, trattando quella zona con la cura di «un buon padre di famiglia». Invece, da quando le terre sono finite in mano ai dipendenti regionali, «non li ho visti manco una volta tagliar l’erba. Hanno fatto dei lavori di consolidamento dell’alveo del fiume», prosegue Ricci, «ma al contrario: anziché partire dal mare e risalire, hanno iniziato da monte. In questo modo, con la piena, l’acqua scorre dall’alto, finché i detriti creano un tappo. In più, le opere si sono fermate proprio nel punto in cui poi gli argini si sono rotti». Devastando anche le famigerate saline, da dove Bonaccini ha tenuto l’ultimo comizio. Ora, il furibondo Ricci promette una «denuncia querela» al governatore. Ma guai a imputare l’incidente a una giunta più attenta alle conferenze sul green che alla gestione del territorio. È colpa del cambiamento climatico. O del fascismo che torna. Di sicuro non del Pd, che guida la Regione dall’alba dei tempi e ha scoperto una singolare forma di negazionismo, avendo negato persino che Elly Schlein sia stata «assessore al Clima». Giusto: era «vicepresidente assessore» alla Transizione ecologica, con delega al «patto per il clima». Vuoi mettere. Peccato che i «patti» con chi si prendeva la briga di gestire il territorio al posto dell’amministrazione non siano andati benissimo. Per consolidare gli argini, non si trovava proprio qualche palletta di un vero rozlamerda?
Benedetta Scuderi, Annalisa Corrado, Arturo Scotto e Marco Croatti (Ansa)
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