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Blasfemia Piazza Sempione: «Le femministe attaccano violentemente una donna e proprio oggi»

Blasfemia Piazza Sempione: «Le femministe attaccano violentemente una donna e proprio oggi»

«Femministe contro la statua di una donna l'8 marzo! É la festa di tutte le donne o di chi decidono loro? Al centro di Piazza Sempione c'è una donna che è attaccata da altre donne proprio oggi 8 Marzo, Festa di tutte noi. Si chiamava Maria. Femministe e centri sociali illiberali e violenti contro chi dicono di difendere hanno mostrato all'uscita della messa l'immagine blasfema di una Madonna a forma di vagina. Ma si rendono conto di quello che fanno? O sono oramai persi nell' ideologia? Ma le donne poi, sarebbero solo la propria vagina?» ha dichiarato Maria Rachele Ruiu, membro del direttivo di Pro Vita e Famiglia onlus, contro la manifestazione blasfema avvenuta a Piazza Sempione, a Roma.

«Siamo vicini al parroco, accusato ingiustamente di omofobia per aver difeso la presenza di questa statua nella piazza. La donna ridotta ai suoi genitali non è quello che combattevamo tutti insieme?» ha continuato Ruiu.

«Una giornata che dovrebbe vedere al centro delle migliori attenzioni le donne si è trasformata in una giornata di vera e propria violenza. Per non parlare dello sciopero che oggi colpisce Roma, dai trasporti agli asili nido. Un'altra vera e propria aggressione alle famiglie, alle donne, che oggi come me si dovranno arrangiare con taxi o organizzandosi il lavoro in maniera diversa. Grazie al progressismo andiamo forte in retorica e demagogia, ma i diritti di tutti e di noi donne non sono affatto difesi né tutelati» ha concluso Ruiu.

Trattati «smontati» per i soldi a Zelensky, non se servono per sanità e pensioni
Christine Lagarde (Ansa)
Bruxelles si arrovella per aggirare le regole e dare agli ucraini i 90 miliardi confiscati. Un’elasticità mai dimostrata sul welfare.

È noto da tempo che le regole Ue, dai Trattati in giù, siano dotate di eccezionale flessibilità, in modo da essere applicate ai nemici e interpretate per gli amici. Ma ciò che sta accadendo pur di erogare un prestito (di fatto un sussidio) all’Ucraina rischia davvero di superare ogni limite di fantasia legale e finanziaria.

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Putin si fermerà solo se Kiev lascia il Donbass
Sergio Mattarella: «Chi muove guerra non può evocare la pace». Giorgia Meloni lunedì a Berlino al vertice con Volodymyr Zelensky.

Resta per il momento aggrovigliato il processo di pace in Ucraina. Donald Trump si è mostrato disponibile verso delle garanzie di sicurezza nei confronti di Kiev ma ha al contempo ammesso che un accordo tra i belligeranti sia più lontano del previsto. «Daremmo una mano con la sicurezza perché è, credo, un fattore necessario», ha dichiarato il presidente americano, per poi aggiungere: «Pensavo che fossimo molto vicini a un accordo con la Russia. Pensavo che fossimo molto vicini a un accordo con l’Ucraina. In realtà, a parte il presidente Zelensky, la gente ha apprezzato l’idea dell’accordo».

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L’Ue si impicca: sì al blocco degli asset. L’Italia: «Ma siamo contrari a usarli»
Proteste degli ucraini a Bruxelles (Ansa)
Via libera definitivo al congelamento dei capitali russi. Roma specifica: «Come il Belgio, non vogliamo siano utilizzati per il prestito all’Ucraina». Valdis Dombrovskis sereno all’Ecofin: «Euroclear potrà compensare i sequestri».

La marcia di Bruxelles per utilizzare gli asset russi congelati prosegue imperterrita, nonostante le ripercussioni siano dietro l’angolo. E il primo step in tale direzione è stato raggiunto con il via libera ufficiale sul blocco a tempo indeterminato degli asset russi.

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«Rep» costretta a ringraziare: «Il governo si è impegnato...»
La sede di Gedi a Torino (Ansa)
Il Cdr: «Pensiero critico a rischio se ci vendono». Matteo Renzi: «Non sono io il mediatore».

Le reazioni isteriche della sinistra lasciano il campo alle mosse istituzionali: ieri la notizia della probabile vendita da parte degli Elkann all’armatore ed editore greco Theodore Kyriakou di tutte le attività del gruppo Gedi, ovvero i quotidiani La Repubblica (ieri in sciopero) e La Stampa, il sito HuffPost.it e le radio, Deejay e Capital, è stata oggetto di incontri tra governo, editori e rappresentanze dei lavoratori. Lo sciopero di Repubblica è stato accompagnato da un comunicato apocalittico del Cdr, in cui si chiamava alla «difesa delle garanzie democratiche fondamentali per l’intero Paese», dato che «in ballo non c’è un semplice marchio, ma la sopravvivenza stessa di un pensiero critico».

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