2020-04-30
«Bin Laden» è uscito per una mail sbagliata
Il boss Pasquale Zagaria è passato dal 41 bis ai domiciliari a seguito dell'emergenza Covid-19. Il tribunale di sorveglianza aveva chiesto al Dap, ossia al ministero di Giustizia, un luogo di cura adatto. Ma fra ricerche errate e refusi, non ha ottenuto risposte in tempo. Il controverso trasferimento del boss di camorra Pasquale Zagaria dalla cella di un carcere agli arresti domiciliari, deciso dal Tribunale di sorveglianza di Sassari lo scorso 23 aprile, è frutto di una serie di ritardi e valutazioni inadeguate da parte del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, che La Verità può ricostruire nei dettagli. Una settimana fa i giudici sassaresi hanno clamorosamente stabilito che Zagaria passasse dal regime di sorveglianza speciale del 41 bis ai domiciliari a casa della moglie, nel Bresciano, perché malato di cancro alla prostata e bisognoso di terapie che non potevano più essere svolte presso l'ospedale di Sassari, travolto dall'emergenza coronavirus. Ma i giudici hanno anche segnalato di non aver ottenuto «risposta alcuna» dal Dap, cui avevano chiesto una soluzione alternativa. Il Dap ha risposto, all'opposto, di averli «costantemente informati» di quanto stava facendo per trovare a Zagaria «una collocazione compatibile col suo stato di salute». Retto dal magistrato Francesco Bisentini, il Dipartimento ha aggiunto che «tutti i passaggi che si stavano compiendo sono stati comunicati al Tribunale con almeno tre messaggi di posta elettronica, l'ultimo dei quali risalente allo scorso 23 aprile». L'incredibile «doppia verità» del Dap e del Tribunale di Sassari ha spinto il ministro grillino della Giustizia, Alfonso Bonafede, ad avviare un'ispezione e alla nomina di un vice da affiancare a Basentini (il magistrato Roberto Tartaglia, vicino ai grillini) che è stata letta come un commissariamento. Il clima è pesantissimo, e a confermarlo sono stati ieri Basentini e Bonafede: convocati dalla commissione Antimafia per chiarire il caso, non si sono presentati.L'affaire Zagaria, inevitabilmente, è destinato a montare. Del resto, non è un detenuto da poco: detto «Bin Laden», Pasquale è fratello di Michele Zagaria, il capoclan dei Casalesi. Ed è lui la «mente finanziaria» della famiglia, che 20 anni fa le ha permesso d'infiltrarsi in appalti per miliardi. Era in prigione dal 2007 e doveva restarci fino al luglio 2025. Il suo trasferimento ai domiciliari, quindi, apre il rischio di evasione di un «pezzo da 90». Alla Verità risulta che il Dap, quantomeno, abbia perso tempo. Perché la prima richiesta di aiuto da parte dei giudici sassaresi viene comunicata all'amministrazione penitenziaria sabato 11 aprile. Due giorni prima il Tribunale di sorveglianza ha tenuto udienza sull'istanza di scarcerazione di Zagaria, e chiede al Dap di segnalargli istituti che possano garantire il proseguimento delle cure. I giudici allegano la relazione sanitaria del detenuto e scrivono che la nuova udienza si terrà il 16 aprile: serve una risposta in tempi stretti. Al Dap, invece, per tre giorni la «pratica Zagaria» non decolla, ma si limita a passare di mano tra funzionari. Poi il 14 aprile l'ufficio contatta il carcere di Sassari e chiede la cartella clinica del recluso. Nei giorni seguenti il Tribunale di sorveglianza offre ancora tempo al Dap, rinviando l'udienza al 23 aprile. Ma ancora il 22 aprile il Dap sta cercando di capire se Zagaria possa essere curato all'ospedale di Cagliari, o nel carcere di quella città. È un passo falso, che fa perdere tempo prezioso, perché è evidente che un detenuto pericoloso come Zagaria abbia bisogno di una struttura sanitaria del tutto diversa. Tra l'altro, il Dap dispone di vari «reparti di medicina protetta» a prova d'evasione: ce n'è uno all'ospedale San Paolo di Milano, che ha ospitato gli ultimi mesi di Bernardo Provenzano, malato di cancro. C'è un reparto di sicurezza anche al Policlinico di Parma, dov'è stato ricoverato Totò Riina, morente dopo un'ischemia. Ma ce ne sono anche all'ospedale Pertini di Roma, all'istituto Belcolle di Viterbo, città che dispone anche di un reparto carcerario per il 41 bis. È lì che il Dap dovrebbe cercare, fin dall'inizio. Purtroppo solo il 23 aprile, cioè il giorno dell'udienza, il Dipartimento chiede al carcere di Sassari di cercare un posto a Viterbo, o a Roma. E qui capita l'inverosimile. Alla Verità risulta che le e-mail inviate dal Dap ai giudici sassaresi, per segnalare che si sta tentando una ricerca in extremis presso le «strutture protette» del Lazio, vengono spedite a un indirizzo sbagliato: il nome del destinatario viene scritto con una vocale in più. È anche per questo se, nulla avendo ricevuto dal Dap, quel giorno il Tribunale di sorveglianza di Sassari concede i domiciliari a Zagaria. Secondo quanto rivelato ieri dal Fatto quotidiano, il Dap sembrerebbe incorso poi in altro sbaglio, stavolta «strategico», con una circolare datata 21 marzo: quel documento, inviato a tutti i direttori delle carceri, avviava un monitoraggio per sapere quanti e quali fossero i detenuti oltre i 70 anni e con patologie «rischiose» in caso di Covid-19. Ieri il Fatto ha pubblicato sorprendenti stralci delle conversazioni (intercettate) di alcuni anziani boss che si preparavano a chiedere la scarcerazione per coronavirus proprio «perché il Dap ha emanato una circolare». Al clima pesantissimo su carceri e 41 bis si è aggiunto ieri un decreto legge, analizzato nella tarda serata dal Consiglio dei ministri: è un decreto che rende molto più stringenti le norme sull'ordinamento penitenziario. Al momento in cui La Verità va in stampa, non è dato sapere se sia stato varato. La bozza che circola, comunque, è durissima e grave, dal punto di vista delle garanzie: perché impone alla magistratura di sorveglianza di decidere su permessi o trasferimenti ai domiciliari di detenuti di mafia e terrorismo solo dopo aver ottenuto «il parere preventivo del procuratore della Repubblica presso il tribunale che ha emesso la sentenza». Nel caso di detenuti a l 41-bis, i giudici di sorveglianza devono ottenere anche «il parere del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo». Dopo Basentini, insomma, vengono commissariati anche i Tribunali di sorveglianza.
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