2022-04-17
Bilancio critico di due anni di Covid. L’esame che lo Stato non ha mai fatto
In un libro Pasquale Bacco, medico, primo «pentito no vax», ed Edoardo Polacco, avvocato di chi rifiuta il vaccino, si sfidano su errori propri e anche altrui. Una riflessione che istituzioni e virostar hanno sempre evitato, con scarsa dignità.L’editore David Cantagalli in questi giorni ha preso una decisione piuttosto coraggiosa. Ha scelto di pubblicare un libro, Maledetto vaccino - Divisioni in tempo di guerra, che potrebbe costargli attacchi e insulti da ogni direzione, per l’argomento che tratta e per le firme che porta sulla copertina: quelle dell’avvocato Edoardo Polacco e del medico Pasquale Bacco. Si tratta di nomi che, in questi due anni di pandemia, sono diventati piuttosto noti, soprattutto il secondo. La fama di Bacco è esplosa quando si è presentato sulla scena come «medico no vax», nemico giurato del vaccino, pronto a gridare gli slogan più duri nelle piazze protestatarie. Poi, all’improvviso, il dottore ha cambiato idea: da agguerrito militante si è trasformato nel primo «pentito no vax». L’oscillazione tra i due estremi, e l’esibizione di toni sguaiati tanto nella prima quanto nella seconda vita, lo rendono un personaggio decisamente scivoloso, avvolto d’ombre. E di sicuro a molti è sgradito anche Polacco, da molti indicato (non certo con simpatia) come «avvocato dei no vax». Viene da chiedersi perché Cantagalli abbia pubblicato un testo simile, correndo il rischio di farsi additare come un pericoloso terrapiattista da un lato, e come un traditore della causa dall’altro. Le motivazioni le spiega lui stesso in una accorata nota introduttiva: «A colpirmi è stata l’esperienza concreta e personale di due uomini che, prima, si sono trovati a condividere degli ideali dalla stessa parte del “fronte”, poi si sono separati per il “ripensamento” del dottor Pasquale Bacco», scrive. «L’avvocato Edoardo Polacco ha continuato la sua battaglia per il diritto, dalla parte di chi lamenta una forte limitazione delle libertà personali e avanza dubbi sulla efficacia e sulla sicurezza del vaccino. Il dottor Bacco si è schierato a favore della scelta di concentrare tutti gli sforzi possibili sul vaccino, quale strumento di contrasto alla pandemia, pur mantenendo alcuni dubbi su provvedimenti come quello del green pass». Il volume viene presentato come una «sfida» fra i due contendenti, ma ciò che lo rende davvero interessante è che si tratta, in fin dei conti, di un bilancio. Due uomini che hanno preso posizioni molto forti e per tanti versi discutibili, si guardano negli occhi e cercano di spiegare le proprie motivazioni, tentano di essere sinceri, mettono sul piatto torti e ragioni, cercano di esaminare gli errori altrui ma anche, in fondo, i propri. Fa impressione, questo libro, perché sembra il resoconto stenografico di un faccia a faccia tra combattenti di una guerra civile che ha lasciato macerie ancora fumanti. Possono non piacere, Bacco e Polacco, anzi possono pure essere detestati, perfino derisi: però ci provano. Con tutte le loro asperità, con tutti i loro coni di oscurità, hanno per lo meno il fegato di prendere in mano il passato recente. Ed è proprio questo il problema gigantesco, l’enorme elefante nella stanza che tutti fingono di non vedere. La domanda da farsi è: come mai ci si mettono questi due, a tentare un esame critico, e gli altri abdicano? Come abbiamo raccontato ieri, i grandi virologi per lo più svicolano. Si rifugiano in libroni autocelebrativi, oppure parlano d’altro, cercando di mettere a profitto la fama. Di autocritica poca, di revisione pochissima. Certo, lavare i panni sporchi in pubblico è doloroso, talvolta umiliante, non tutti possono reggerne il peso. Ma le istituzioni, quelle sì avrebbero il dovere di farsi carico dell’ingrato compito. Fu addirittura il presidente Sergio Mattarella, ormai un’era fa, a dichiarare, di fronte ai parenti delle vittime di Bergamo, che sarebbe stato necessario un riesame accurato di quanto accaduto all’inizio della pandemia. È stato fatto? Assolutamente no. Anzi, il Consiglio di Stato - dopo mesi e mesi di pronunce di segno opposto da parte della giustizia amministrativa - ha deciso che il governo non è tenuto a spiegare perché abbia inviato e poi ritirato 400 militari ad Alzano e Nembro ai primi di marzo del 2020. Dunque pare che non sapremo mai la verità sulla gestione della zona rossa in quei territori. Non sapremo nulla nemmeno sul comportamento del governo, del ministro della Salute e dei suoi vari gruppi di esperti nei primi mesi di emergenza. Ormai parecchio tempo fa è stata creata una commissione parlamentare d’inchiesta sul Covid, ma grazie ad alcuni emendamenti votati in aula, essa è ridotta a investigare solamente sul comportamento della Cina (già così fa ridere) e su quanto accaduto prima del 30 gennaio 2020. In pratica, alla commissione è stato vietato di occuparsi di Roberto Speranza, delle task force e di tutta questa simpatica compagnia di giro. Non risulta, allo stato attuale, che altre iniziative siano state intraprese anche solo al fine di comprendere che cosa sia accaduto, e perché, in questi due anni. Certo, qualche università in giro per il mondo si è presa la briga di sfornare studi e inchieste, ma quasi sempre al fine di contestare la gestione del Covid da parte di Stati - come la Svezia - che hanno evitato chiusure e restrizioni, per questo sono stati ferocemente contestati, eppure non hanno avuto più morti e disastri di noi. In Italia non soltanto non si fanno riflessioni o riesami. Si fa di peggio: si continua a far rimbalzare l’idea che il nostro approccio sia stato il migliore del mondo, anche se si è rivelato un miscuglio delle peggiori idee (spesso contraddittorie) prodotte a livello globale. Sì, un paio di studiosi coraggiosi hanno pubblicato studi dedicati soprattutto al comportamento dei media durante l’emergenza (e non sono letture molto rassicuranti). Altri hanno prodotto saggi critici a vari livelli. Ma le istituzioni si sono semplicemente dileguate, anzi le virostar continuano a battere sugli stessi tasti. Oggi tutti sono concentrati sulla guerra, ma una bella fetta di restrizioni è ancora lì. Fior di consulenti governativi, esperti e consigliori - da Walter Ricciardi in giù (o in su, vedete voi) - insistono a rilasciare interviste per dire che non bisogna cambiare approccio, che il green pass e le chiusure sono serviti, che delle bestiali discriminazioni a cui una parte della popolazione è stata sottoposta c’era in effetti necessità, e via di questo passo. Non pretendiamo, anche se sarebbe bello e giusto, che qualcuno al vertice si scusi con gli italiani, o che si dimetta, pure se sarebbe corretto. Ci accontenteremmo di una revisione utile, se non altro, a non ripetere certi sfondoni clamorosi, a riorganizzare la sanità, a stabilire se il green pass sia servito oppure no. Non chiediamo uno studio che ne dimostri l’inutilità - che secondo noi è sempre più evidente - ci basterebbe una riflessione almeno vagamente scevra di pregiudizi e propaganda. Magari estesa al vaccino e ai suoi effetti, ai lockdown e alle sue consegue umane, sociali, economiche. Vorremmo un bilancio, appunto, ma che sia serio e trasparente. Lo chiediamo, ma sappiamo già che non arriverà. E se dovesse presentarsi una nuova malattia o una nuova variante, non abbiamo dubbi che l’Italia reagirà nella stessa maniera scomposta, perché chi non si ferma a tirare le somme (ora ci sarebbe il tempo di farlo, essendo esaurita l’emergenza) è destinato a commettere gli stessi errori. Bacco e Polacco, nel libro per Cantagalli, fanno arrabbiare, sconcertano, indignano. Ma almeno tentano, si misurano. Per qualcuno non sono dignitosi? Bene. Sappiate che lo Stato sta mostrando ancor meno dignità.
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