2022-02-13
Biden cerca di fare il duro con Putin: la Nato reagirà. Voci: mercoledì l’invasione
Giro (inutile) di telefonate tra il leader russo e i presidenti di Stati Uniti e Francia. Smobilitate le ambasciate a Kiev. Sull’Europa la minaccia di 1 milione di migranti.Mercoledì prossimo: è questa la data in cui, secondo gli Stati Uniti, potrebbe avere inizio l’invasione russa dell’Ucraina. Nonostante il Cremlino continui a negare di essere intenzionato a intraprendere un simile passo, la tensione sta salendo significativamente. Sia Washington che Mosca hanno annunciato ieri il ritiro di parte del proprio personale diplomatico da Kiev. In tutto questo, Italia, Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Spagna e altri Paesi hanno esortato i propri cittadini ad abbandonare il territorio ucraino al più presto. Ieri, il Pentagono ha inoltre ordinato alle truppe statunitensi presenti in Ucraina di uscire dal Paese, inviando al contempo altri 3.000 soldati in Polonia. Tutto questo, mentre le esercitazioni militari congiunte tra Mosca e Minsk stanno proseguendo in Bielorussia. È in questo clima incandescente che, sempre ieri, Joe Biden e Vladimir Putin hanno avuto un nuovo colloquio telefonico. Secondo il resoconto diffuso dalla Casa Bianca, il presidente americano «è stato chiaro che, se la Russia intraprenderà un’ulteriore invasione dell’Ucraina, gli Stati Uniti, insieme ai [loro] alleati e partner, risponderanno in modo deciso e imporranno costi rapidi e severi alla Russia». «Gli Stati Uniti», conclude la nota, «rimangono preparati a impegnarsi nella diplomazia», ma si dicono «ugualmente preparati per altri scenari». Che la situazione fosse tesa era risultato chiaro, poco prima, da una telefonata intercorsa tra il segretario di Stato americano, Tony Blinken, e il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov: una conversazione, in cui quest’ultimo ha accusato Washington di propaganda, lamentandosi inoltre del no statunitense alle richieste russe di uno stop all’allargamento della Nato. «Ho ribadito che un’ulteriore aggressione russa sarebbe stata accolta con una risposta transatlantica risoluta, massiccia e unita», ha dichiarato dal canto suo Blinken a seguito della telefonata. Poco prima, Putin aveva tenuto una conversazione telefonica anche con Emmanuel Macron: un colloquio che non sembra tuttavia aver prodotto alcun risultato significativo.Al momento, in caso di invasione russa, potrebbero verificarsi vari scenari. Una possibilità è che Mosca scelga di procedere a un’invasione su vasta scala, che prende di mira soprattutto le principali città ucraine, a partire da Kiev e Odessa. Proprio Odessa, secondo una recente analisi del National interest, potrebbe risultare uno degli obiettivi principali di Putin: la sua conquista bloccherebbe infatti l’accesso dell’Ucraina al Mar Nero e rafforzerebbe significativamente la posizione russa nell’area. Un’eventualità, questa, che irriterebbe prevedibilmente non poco la Turchia. Un altro scenario è che Putin esegua un’invasione limitata ad alcuni territori dell’Ucraina orientale: questa possibilità si rivelerebbe per lui meno costosa in termini militari, politici ed economici. Secondo l’American Enterprise Institute, un’invasione meccanizzata dell’intera Ucraina risulterebbe al momento relativamente improbabile: il think tank americano ritiene al contrario più verosimile che la Russia schiererà forze meccanizzate nel Donbass, avviando contestualmente una campagna aerea e missilistica contro l’Ucraina. In tutto questo, considera anche probabile l’eventualità di incursioni militari dalla Crimea. Mentre continua a negare di voler procedere a un’invasione, Mosca accusa gli Stati Uniti di fare propaganda anti russa, per compattare il fronte occidentale. Una tesi che sembra reggere fino a un certo punto. A seguito della crisi afgana, l’amministrazione Biden ha subito un duro colpo in termini di credibilità internazionale. Inoltre è evidente che il fronte occidentale al momento non sia granché compatto, con la Francia che si lancia in velleitarie fughe in avanti e la Germania sempre più in preda dell’irresolutezza per motivazioni energetiche (si veda il controverso gasdotto Nord Stream 2). Non sembra quindi che sia esattamente nell’interesse di Biden alzare la tensione sul fronte ucraino, anche perché – se l’invasione (totale o parziale) si concretizzasse – il rischio sarebbe quello di un effetto domino su Taiwan. In tutto questo, c’è anche un altro problema di cui finora si è parlato poco. In caso d’invasione russa, è assai probabile l’esplosione di una nuova ondata migratoria che dall’Ucraina si riverserebbe sull’Unione europea: il governo polacco ha in tal senso fatto recentemente sapere che si sta preparando a «un’ondata di un milione di persone». Già la crisi bielorussa dell’anno scorso ha del resto dimostrato che Mosca non esiti a ricorrere alla leva migratoria per mettere sotto pressione Varsavia e Bruxelles. Va da sé che una tale pressione non sarebbe affatto nell’interesse dell’Ue né degli Stati Uniti. Tra l’altro, non bisogna trascurare che l’asse tra Russia e Cina si sia recentemente consolidato in funzione anti americana e anti Nato. Una mossa che punta nel lungo termine alla creazione di un blocco eurasiatico a trazione cinese che, in combinazione con l’espansionismo politico-economico sino-russo in Africa, cercherà di marginalizzare gli Stati Uniti dal punto di vista geopolitico ed economico, per aggirarne anche eventuali sanzioni. Uno scenario da incubo, in cui tale blocco mirerebbe a inglobare l’Europa occidentale nella propria orbita. Pechino e Mosca, insomma, stanno approfittando della debolezza mostrata da Biden in Afghanistan per alzare il tiro. O il presidente americano esce dall’immobilismo, sparigliando le carte, o il dossier ucraino gli si abbatterà addosso peggio della caduta di Kabul.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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