
I repubblicani scatenati contro il presidente accusato di aver ceduto parte della riserva strategica nazionale alla Cina. Non funziona la tattica della Casa Bianca sul caro benzina. E anche mr Amazon adesso attacca.«Il prezzo della benzina alla pompa per i cittadini americani è raddoppiato, mentre il presidente Biden vende le scorte di petrolio ai nemici del nostro Paese»: la denuncia, pesantissima, di «minare la sicurezza nazionale» vendendo le riserve di petrolio americano a «Paesi che ci odiano» arriva come un siluro dal partito repubblicano Usa. L’amministrazione di Joe Biden è accusata di cedere riserve strategiche a Paesi «nemici» dell’America, a cominciare dalla Cina, impedendo di fatto il contenimento dell’impetuoso rialzo dei prezzi. Un rialzo che, dallo scorso anno - ben prima della guerra in Ucraina - è ormai a +57%: il carburante negli Stati Uniti ha sfiorato i 5 dollari al gallone a fine giugno, un incremento ingente in un Paese in cui la benzina non è mai stata cara e, ancora nel 2018, costava la metà, circa 2,59 dollari al gallone. L’economia americana dipende fortemente dal petrolio: il 70% delle merci viaggia su gomma, e l’aumento del prezzo del carburante è giocoforza diventato tema di scontro politico nel Paese, già flagellato dall’inflazione e dalle battaglie sociali sull’aborto. Biden ha inizialmente scaricato gli aumenti del prezzo del petrolio sulla guerra in Ucraina e sul presidente russo Vladimir Putin. Successivamente, se l’è presa con i benzinai: «Dovete ridurre il prezzo alla pompa», ha chiesto il presidente a inizio luglio, in occasione della festa nazionale americana. L’inusuale pretesa ha suscitato feroci critiche da Jeff Bezos: «Il presidente non conosce le regole basilari di mercato sulla domanda-offerta» ha dichiarato il fondatore di Amazon, uno degli uomini più ricchi del mondo. L’amministrazione a questo punto ha attinto alla Strategic petroleum reserve (Spr) per calmierare i prezzi.Secondo il partito repubblicano, però, parte delle scorte strategiche sono vendute a «Paesi nemici». Per John Kennedy (nessuna parentela con la famiglia presidenziale) «il presidente Biden ha ceduto più di 260 milioni di barili di petrolio dalla Spr americana negli ultimi mesi». «I rapporti indicano», sottolinea il senatore della Louisiana, «che circa 5 milioni di barili sono stati inviati all’estero, e che la compagnia statale cinese di petrolio e gas avrebbe raffinato più di 1 milione di barili di petrolio americano». Sulla vicenda è intervenuto anche l’ex presidente Usa Donald Trump, che ha definito «incredibile» la vendita, in aprile, dei 950.000 barili di petrolio alla compagnia statale cinese Sinopec. Anche Mike Pence, ex vicepresidente Usa, ha qualificato l’operato di Joe Biden «un oltraggio»: «Biden permette alle riserve petrolifere di emergenza di emigrare in Cina. La Strategic petroleum reserve è per l’America. Il popolo americano merita risposte». La Strategic petroleum reserve è stata istituita nel 1975, dopo che l’embargo petrolifero arabo del 1973-1974 contro gli Stati Uniti aveva causato carenze di approvvigionamento energetico interno, danneggiando l’economia statunitense. È il deposito nazionale da cui l’amministrazione ha attinto per calmierare, nelle ultime settimane, il prezzo del petrolio alla pompa: la riserva oggi risulta però ai minimi storici dal 1985. C’è di più: i rapporti indicano che l’oro nero americano non andrebbe soltanto in Asia ma anche in Europa, passando, nello specifico, dal porto italiano di Trieste, dove ha sede l’oleodotto che invia petrolio alle raffinerie dell’Europa centrale.L’altro ieri il presidente Usa si è difeso, pubblicando su Twitter un contatore del prezzo del petrolio che indica che dal 14 giugno ad oggi la benzina è «scesa» da 5,02 dollari al gallone a 4,50 dollari: un calo risibile, beffardamente simile a quello concesso dal governo Draghi ai cittadini italiani. «Ho immesso sul mercato», ha dichiarato Biden, «un totale di 240 milioni di barili di petrolio della Spr. Le nostre azioni stanno funzionando e i prezzi stanno calando». Secondo i suoi sostenitori, anche il presidente Trump avrebbe venduto mezzo milione di barili di petrolio dalle riserve strategiche americane a PetroChina nel primo anno di mandato, il 2017, ma cinque anni fa l’Occidente non era in guerra contro la Russia né in tregua armata con la Cina.Kennedy, insieme con il senatore Ted Cruz, ha presentato qualche giorno fa il No emergency crude oil to foreign adversaries act. Il disegno di legge impedirebbe in futuro alle riserve petrolifere strategiche dell’Spr di «andare in Cina, Russia, Corea del Nord o Iran».«In un momento di inflazione alle stelle e prezzi record del gas, e con l’Spr prosciugato al livello più basso dal 1985, è spericolato e inspiegabile che il presidente Biden consenta l’esportazione di petrolio della riserva strategica in Cina. Questa pratica rappresenta una minaccia diretta per la sicurezza nazionale americana. Il Partito comunista cinese sta oggi accumulando petrolio per uso strategico e l’amministrazione Biden sta aiutando i loro sforzi», ha affermato Cruz. Un’ulteriore tegola sull’amministrazione democratica, mentre le elezioni di midterm di novembre si avvicinano.
Angelina Jolie a Kherson (foto dai social)
La star di Hollywood visita Kherson ma il bodyguard viene spedito al fronte, fino al contrordine finale. Mosca: «Decine di soldati nemici si sono arresi a Pokrovsk».
Che il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, trovi escamotage per mobilitare i cittadini ucraini è risaputo, ma il tentativo di costringere la guardia del corpo di una star hollywoodiana ad arruolarsi sembra la trama di un film. Invece è successo al bodyguard di Angelina Jolie: l’attrice, nota per il suo impegno nel contesto umanitario internazionale, si trovava a Kherson in una delle sue missioni.
I guai del Paese accentuati da anni di Psoe al governo portano consensi ai conservatori.
A proposito di «ubriacatura socialista» dopo l’elezione a sindaco di New York di Zohran Mamdani e di «trionfo» della Generazione Z (il nuovo primo cittadino avrebbe parlato «a Millennial e giovani»), è singolare la smentita di tanto idillio a sinistra che arriva dalle pagine di un quotidiano filo governativo come El País.
Oggi alle 16 si terrà a Roma l’evento Sicurezza, Difesa, Infrastrutture intelligenti, organizzato dalla Verità. Tra gli ospiti, Roberto Cingolani, ad di Leonardo, e Marco Troncone, ad di Aeroporti di Roma. Si parlerà di innovazione industriale, sicurezza contro rischi ibridi, tra cui cyber e climatici, con interventi di Pietro Caminiti di Terna e Nicola Lanzetta di Enel. Seguiranno il panel con Nunzia Ciardi (Agenzia cybersicurezza nazionale), e l’intervista al ministro della Difesa Guido Crosetto (foto Ansa). Presenterà Manuela Moreno, giornalista Mediaset, mentre il direttore della Verità, Maurizio Belpietro, condurrà le interviste. L’evento sarà disponibile sul sito e i canali social del quotidiano.
Cartelli antisionisti affissi fuori dallo stadio dell'Aston Villa prima del match contro il Maccabi Tel Aviv (Ansa)
Dai cartelli antisionisti di Birmingham ai bimbi in gita nelle moschee: i musulmani spadroneggiano in Europa. Chi ha favorito l’immigrazione selvaggia, oggi raccoglie i frutti elettorali. Distruggendo le nostre radici cristiane.
Uno spettro si aggira per il mondo: lo spettro dell’islamo-socialismo. Da New York a Birmingham, dalle periferie francesi alle piazze italiane, cresce ovunque la sinistra di Allah, l’asse fra gli imam dei salotti buoni e quelli delle moschee, avanti popolo del Corano, bandiera di Maometto la trionferà. Il segno più evidente di questa avanzata inarrestabile è la vittoria del socialista musulmano Zohran Mamdani nella città delle Torri Gemelle: qui, dove ventiquattro anni fa partì la lotta contro la minaccia islamica, ora si celebra il passo, forse definitivo, verso la resa dell’Occidente. E la sinistra mondiale, ovviamente, festeggia garrula.





