2021-01-28
A Biden 145 milioni da finanziatori anonimi
Joe Biden e Vladimir Putin (Ansa)
Problemi di trasparenza alla Casa Bianca: nell'ultima campagna elettorale, il candidato democratico ha fatto largo uso di dark money. Una pratica legale, ma a rischio di condizionamenti stranieri. Il presidente ha anche irriso i giornalisti. Alla Donald Trump...Nonostante una certa vulgata mediatica prosegua imperterrita a celebrare l'avvento di Joe Biden alla Casa Bianca come il ritorno della trasparenza e della democrazia, a ben vedere elementi di opacità non mancano affatto. Come recentemente riferito da Bloomberg News, Biden, nel corso della campagna elettorale, ha ricevuto una quantità notevole di finanziamenti anonimi (definiti, nel gergo statunitense, dark money). Nel dettaglio, l'entità totale di queste donazioni ammonta alla ragguardevole cifra di 145 milioni di dollari, a fronte dei 28,4 milioni racimolati da Donald Trump. Il traguardo raggiunto dal neo presidente è significativo, in quanto batte il record di 113 milioni, stabilito dall'allora candidato repubblicano Mitt Romney alle presidenziali del 2012. Ma non è tutto, perché, se al duello tra Trump e Biden aggiungiamo le campagne per il Congresso, i democratici, sempre in termini di dark money, hanno battuto i repubblicani anche a livello complessivo. Secondo il Center for responsive politics, l'asinello ha infatti ricevuto un totale di circa 326 milioni di dollari in donazioni anonime durante l'ultimo ciclo elettorale, laddove l'elefantino si è fermato a quota 148 milioni. Chiariamolo subito: ricevere finanziamenti anonimi non è illegale. Come spiegato dal sito Open secrets, si tratta di una modalità consentita attraverso società e organizzazioni che non sono tenute per legge a rivelare l'identità dei propri finanziatori (è generalmente il caso di non profit, operanti nel campo religioso, educativo o dell'assistenza sociale). Eppure, sul piano politico, si riscontrano due problemi. In primis, il fatto che il dark money non sia illegale non significa che sia scevro da controversie. Nel 2014, il think tank progressista, Brennan center for justice, criticò il ricorso a questo canale di finanziamento, considerandolo probabile fonte di corruzione. Era invece il 2015, quando l'organizzazione apartitica, Campaign legal center, sostenne che, con il dark money, «la porta ai dollari stranieri segreti nelle elezioni statunitensi rimane spalancata». In secondo luogo, si scorge un problema di coerenza politica. Negli scorsi anni, sono stati sovente i democratici a criticare i finanziamenti anonimi, proponendone spesso limitazioni e divieti. È dal 2010 che l'asinello sta cercando senza successo di far approvare al Congresso il Disclose Act, un disegno di legge volto a contrastare proprio l'uso del dark money. Obiettivo, quest'ultimo, contenuto anche nel For the people Act: un altro provvedimento che l'asinello ha varato (soltanto alla Camera) due anni fa. Eppure si scopre adesso che, nel 2020, sono stati proprio i dem a beneficiare principalmente dei finanziamenti anonimi. Non è del resto una novità: la National public radio ha infatti riportato che, in occasione delle elezioni di metà mandato del 2018, all'asinello andò il 54% dei 150 milioni complessivi di dark money, elargiti nella circostanza. Ecco che allora si pongono due questioni per Biden. La prima riguarda la coerenza politica, visto che non solo i dem hanno sempre detto di voler frenare i finanziamenti anonimi ma hanno spesso accusato i repubblicani di farvi ricorso. A quanto pare però l'asinello non disdegna affatto il dark money: è questa, per esempio, la posizione di Guy Cecil, presidente del Super Pac pro Biden, Priorities Usa, secondo cui l'uso di tale tipologia di finanziamento è stato necessario per sconfiggere Trump: segno quindi che, pur di abbattere un nemico politico, i principi possano comodamente finire in soffitta. In secondo luogo, si pone anche un problema di opacità. Un tema tanto più urgente, visto l'elevato numero di potentati economici che hanno foraggiato la campagna elettorale di Biden (a partire dalla Silicon Valley). Senza poi dimenticare il rischio di «dollari stranieri» di cui parlava il Campaign legal center. Vi immaginate che cosa si sarebbe detto se fosse stato Trump a ricevere 145 milioni in dark money? Tra l'altro, per restare in tema di opacità, basta vedere il rapporto di Biden con la stampa. Quando un giornalista di Fox News gli ha chiesto l'altro ieri di che cosa avesse parlato nella sua recente telefonata con Vladimir Putin, il neo presidente, andandosene, ha risposto: «Abbiamo parlato di te, ti manda i suoi saluti». Una battuta, per carità. Ma, anche qui, che cosa sarebbe successo, se lo avesse detto Trump? Senza contare che, salvo alcune eccezioni, non sembra che la stampa americana sia particolarmente battagliera con il neo presidente. La portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, ha promesso «trasparenza». Eppure, alle conferenze stampa, le domande vengono in gran parte lasciate a cronisti preselezionati. Del resto, già in campagna elettorale l'allora candidato dem rispondeva raramente a domande non concordate: un comportamento che, ad agosto, fu stigmatizzato infine anche dalla Cnn. Insomma, da uno che si è presentato come il restauratore della democrazia americana ci si attenderebbe un po' più di trasparenza (dai finanziamenti alla comunicazione).
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello (Imagoeconomica)
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello: «Dopo il 2022 il settore si è rilanciato con più iscritti e rendimenti elevati, ma pesano precariato, scarsa educazione finanziaria e milioni di posizioni ferme o con montanti troppo bassi».