Si chiama «Skyhawknet» l’operazione congiunta che ha visto la Guardia di finanza e l’Agenzia delle dogane e dei monopoli lavorare insieme per contrastare la permanenza illegittima nel territorio doganale dell’Unione europea di aeromobili privati (in particolare jet di lusso) provenienti da Paesi extra Ue e mai regolarizzati sotto il profilo doganale e fiscale.
Attraverso l’incrocio sistematico di banche dati pubbliche e riservate, l’operazione mira a individuare i jet extra unionali entrati nel territorio doganale comunitario e rimasti oltre i sei mesi previsti dal regime di ammissione temporanea, senza essere riesportati o regolarizzati. In assenza di dichiarazioni doganali alternative, tali velivoli si intendono automaticamente ammessi a titolo temporaneo al momento dell’ingresso, secondo quanto previsto dalla normativa.
L’innovazione metodologica consiste nell’uso combinato di fonti pubbliche, come i dati di tracciamento aereo forniti da applicativi come Flight radar 24, con elementi raccolti attraverso canali istituzionali. La platea iniziale dei velivoli è stata selezionata a partire da indicatori di rischio sulla durata della permanenza e sulla nazionalità del vettore, per poi essere oggetto di ulteriori approfondimenti grazie al patrimonio informativo delle due amministrazioni.
Nel corso dei primi mesi di attività, sono stati sottoposti a sequestro quattro aeromobili, tutti risultati irregolari, e altre segnalazioni sono in corso di analisi da parte delle articolazioni territoriali competenti. In un arco temporale più esteso, che comprende anche le prime attività propedeutiche all’operazione, la Finanza segnala il sequestro di nove jet extra unionali, per un valore stimato di oltre 13 milioni di euro e un’evasione dell’Iva di circa 3 milioni.
La dimensione del fenomeno è difficile da quantificare in modo preciso, ma i numeri iniziali indicano che le pratiche elusive legate all’uso dei jet privati non rappresentano casi isolati. La scelta di concentrarsi sul comparto dell’aviazione privata non è casuale. Gli aeromobili in questione, spesso intestati a società di comodo o registrati in Paesi a fiscalità agevolata, eludono in modo sistematico gli obblighi doganali, approfittando della difficoltà di tracciamento e della frammentarietà dei controlli. «Si tratta di un segmento ad alto rischio», spiegano fonti interne, «perché caratterizzato da elevata mobilità, scarsa trasparenza societaria e valori economici significativi».
Il Generale di Brigata Luigi Vinciguerra, capo del III reparto operazioni del comando generale della Guardia di finanza, sottolinea che l’operazione «costituisce la prima esperienza congiunta sviluppata da Agenzia delle dogane e Guardia di finanza per contrastare le frodi doganali. Ma non si tratta di un’iniziativa isolata. Sono già in corso ulteriori progetti comuni, dal contrasto al traffico illecito di prodotti petroliferi al monitoraggio del gioco illegale. L’obiettivo è valorizzare il patrimonio informativo e razionalizzare l’impiego delle risorse, orientando gli interventi verso target effettivamente rilevanti».
Anche il direttore centrale della direzione Antifrode delle Dogane, Sergio Gallo, ha commentato l’operazione: «Questa iniziativa, in linea con il protocollo d’intesa sottoscritto tra Agenzia e Corpo nel 2023 e rinnovato di recente, dimostra come la cooperazione operativa consenta di integrare banche dati e capacità di analisi per controlli più efficaci e selettivi, nel pieno rispetto del riparto di competenze». E informa che «altre progettualità seguiranno, a conferma di un modello di collaborazione sinergica che valorizza e ottimizza le risorse disponibili a tutela delle entrate e della legalità». Il protocollo d’intesa sottoscritto nel 2023 di cui parla il direttore Gallo prevede lo sviluppo di analisi di rischio congiunte e l’adozione di strumenti tecnologici condivisi. L’idea di fondo è quella di una vigilanza doganale alimentata in tempo reale da una molteplicità di fonti e in grado di generare allerta tempestive.