2021-12-22
Niente cure: a domicilio però arriva l’aborto
Ginecologo in chat, pillole inviate per posta: gli attivisti tedeschi creano un servizio Web per donne decise a interrompere la gravidanza. Superate le linee guida del nostro ministro, che eliminò l’obbligo di ricoveroCure domiciliari? Manco per idea. A domicilio si fa solo l’aborto.È l’agghiacciante trovata di alcune associazioni tedesche - Pro Familia, Balance, Doctors for choice - che hanno capito come aggirare le limitazioni legislative e logistiche all’interruzione di gravidanza: una chiacchierata online con le donne che vogliono liberarsi dell’«ospite indesiderato», seguita dall’invio dei farmaci abortivi direttamente a casa. Berlino scavalca così il nostro Roberto Speranza, che l’anno scorso eliminò l’obbligo di ricovero per l’aborto tramite Ru486.La mortifera trafila teutonica è semplicissima. Si inizia da un colloquio via Web con un’infermiera (manco uno specialista!), la quale interroga la candidata sulle ragioni della sua decisione e le illustra il funzionamento del processo. L’operatrice sanitaria pone domande incalzanti: «Davvero vuoi questo? Chi ti darà supporto? Avrai tempo e spazio per farlo a casa? Hai già dei figli? Puoi organizzarti per prenderti cura di loro durante la procedura?». Una volta «accesa» la risposta definitiva - tanto, il livello è quello di un telequiz - la puerpera spedisce per email alcuni documenti e un’ecografia. A quel punto, si procede con la consulenza finale, quella che ha valore giuridico. Infine, la donna si vedrà recapitare a casa due pilloline e un antidolorifico. Anche l’assunzione dei medicinali è «informatizzata»: sotto la supervisione di un ginecologo in chat, la donna ingoia la prima pasticca. Due giorni dopo, per la seconda, le basta essere in compagnia di una persona fidata. In caso di effetti collaterali, si corre in ospedale. Trascorsa una ventina di giorni, la signorina emancipata potrà effettuare un test che confermi l’avvenuto aborto. Tutto rapidissimo, pressoché indolore. Facile quasi come la terapia a base di «tachipirina e vigile attesa». Un preclaro esempio di «banalità del male», la soppressione della vita innocente ridotta a una successione di passaggi burocratici, persino spersonalizzata, diluita dal medium elettronico. Che comunque non cancella il culmine tragico: il gesto della madre che cancella la carne della sua carne.Il problema, dicono i sostenitori dell’aborto a domicilio, è che in Germania le leggi sull’interruzione di gravidanza sono eccessivamente restrittive. Il Codice penale la punisce con la reclusione fino a tre anni, a meno che il parto non minacci la salute della donna e, in ogni altro caso, la consente solo entro i primi tre mesi, previa consulenza obbligatoria. Tuttavia, alle franchigie teoriche si frappongono il diritto all’obiezione di coscienza dei camici bianchi e la riduzione del numero di dottori abilitati a eseguire le operazioni. Ed è sorprendente che i fautori dell’agghiacciante filiera via Web lamentino che le puerpere sono spesso costrette a recarsi in cliniche molto lontane dalle città di residenza, con una fatica che aggrava ulteriormente il peso psicologico del trattamento. Appunto: l’aborto è un trauma. Basta non doversi spostare di centinaia di chilometri, per cancellare i contraccolpi interiori dell’uccisione del feto? D’altro canto, nonostante le difficoltà lamentate dagli attivisti, nel Paese si praticano circa 100.000 aborti l’anno; in Italia, che ha circa 20 milioni di abitanti in meno, sono intorno ai 73.000.L’interruzione di gravidanza online è uno degli strascichi del coronavirus e del ricorso massiccio alla telemedicina. Jana Maeffert, tra le ginecologhe alla guida del progetto, spiega che «una delle ragioni più comuni per cui le donne» hanno fatto ricorso ai dottori su Internet, durante la pandemia, «non era che avessero davvero il Covid o fossero in quarantena; era la cura dei figli - o la mancanza di essa». Un’emergenza alla quale, logicamente, si è pensato di ovviare eliminandoli. La posta in palio, adesso, è destinata ad alzarsi: come riporta Die Welle, con la Cdu, cristiana almeno di nome, fuori dal governo, i promotori dell’iniziativa confidano di ottenere sostegno politico dalla coalizione Spd-Verdi-liberali, per arrivare alla depenalizzazione dell’aborto. Un reato che considerano un imbarazzante retaggio del nazismo: già, quando non ci sono di mezzo le restrizioni antivirus, il paragone con le camicie brune diventa improvvisamente legittimo. In Lungotevere Ripa staranno prendendo appunti: la svolta è il sogno del «pro choice» Speranza. A lui basta solo un piccolo passo per realizzare il sommo paradosso: se ti ammali di Covid, a casa non viene a curarti nessuno; se devi abortire, hai il medico su Zoom e ricevi le pillole per posta. Anche questa, in fondo, è «nuova normalità»: la morte in smart working. Un’altra conquista da «difendere coi denti».
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