2019-11-26
Prima gli immigrati pure in tribunale
La decisione della Corte d'appello di Bologna è esemplare. Decine di italiani, già in attesa da anni, si sono visti rinviare l'udienza al 2022: «Troppe richieste di protezione internazionale da smaltire». Con l'ulteriore presa in giro che 4 su 5 saranno bocciate.Prima gli italiani? Macché: prima gli immigrati. Come nelle graduatorie per le case popolari, anche nei calendari del tribunali, il sedicente profugo mette la freccia e passa davanti al signor Rossi di turno. Il quale, se vuole avere un po' di giustizia, deve aspettare probabilmente quella divina. Su quella umana c'è poco da far affidamento da sempre. Figurarsi ora che per aver udienza bisogna aspettare che siano accontentate le legittime richieste di ogni Mohammed, Souad, Alì, fino all'ultimo Mustafà. La cosa incredibile è che tutto ciò viene scritto, nero su bianco, senza pudore alcuno, da chi gestisce la giustizia italiana. Quella che ho fra le mani, per esempio, è una comunicazione della Corte di Appello di Bologna, seconda sezione civile. La data è del 22 novembre 2019, le firme quelle del presidente (Maria Cristina Salvadori) e dell'assistente giudiziario (Laura Pellegriti). Comincia così: «Dato atto che l'incremento delle cause di protezione internazionale ha ulteriormente appesantito il già rilevante carico…». Poi prosegue: «Rilevato che la trattazione prioritaria per legge delle cause di protezione internazionale impone inevitabilmente il differimento delle altre numerose cause già fissate…». E quindi dispone «il rinvio delle sottoelencate cause» che erano previste nel mese di dicembre 2019. Il messaggio è piuttosto chiaro, nonostante la formulazione un po' burocratica. Dice la Corte d'Appello: siccome siamo inondati dalle cause di protezione internazionale, che hanno la precedenza, siamo costretti a rinviare tutto il resto. Prima gli immigrati, insomma, anche nelle aule di giustizia. A costo di far diventare i processi di tutti gli altri ancor più lunghi di quello che già sono. Ho dato infatti un'occhiata alle «sottoelencate cause» della comunicazione della Corte d'Appello di Bologna. Ed è piuttosto impressionante vedere che, pur essendo tutte piuttosto datate (alcune del 2012, alcune del 2013, altre solo di poco più recenti) vengono rinviate non di poco: una al 4 maggio 2021, un'altra altra al 14 dicembre 2021, un'altra al 18 gennaio 2022, una addirittura 19 ottobre 2022…. Proprio così: 19 ottobre 2022. Ciò significa: fra tre anni. Ma vi pare possibile? Io aspetto una sentenza da quattro, cinque, magari sette anni. E tu all'ultimo momento me la rinvii all'ottobre 2022? E sempre per lo stesso motivo? Cioè per farmi passare davanti un esercito di finti profughi? Di persone che magari sanno di non avere nessun diritto a rimanere in Italia, ma cercano solo di allungare i tempi per continuare a bivaccare alle nostre spalle? Perché il punto è questo. Sappiamo come funziona: gli immigrati che sbarcano nel nostro Paese fanno domanda per ottenere lo status di profugo, anche se molto spesso sanno di non averne alcun diritto. A ottobre, per dire, su 8.928 domande esaminate, solo l'11 per cento sono state riconosciute come fondate (veri rifugiati) cui si aggiunge un altro 7 per cento di protezione sussidiaria. In tutto siamo al 18 per cento del totale. Gli altri, teoricamente, non avrebbero alcun titolo a restare in Italia. E invece sapete che succede? Quando l'apposita commissione istituita dal ministero dell'Interno (di cui fanno parte anche rappresentanti degli organismi internazionali) boccia la domanda, gli immigrati presentano regolarmente ricorso in tribunale. Tanto che costa? Nella maggior parte dei casi siamo noi a pagare anche il patrocinio gratuito… La lungaggine dei nostri procedimenti giudiziari fa il resto. Alcuni studi legali ci guadagnano soldi, gli immigrati ci guadagnano soldi e tempo (per altro continuando a risultare «richiedenti asilo» e dunque a godere del contributo di 20 euro al giorno o più per l'accoglienza). A farne le spese sono sempre e solo i soliti cittadini italiani, cornuti e mazziati. Sono loro infatti a pagare, con le tasse, i costi della giustizia. E sono loro che quando poi hanno bisogno della giustizia si sentono dire da quest'ultima: scusate, prima gli immigrati. Così devono aspettare anni per avere la sentenza cui avrebbero diritto, mentre, nel frattempo, devono pagare subito sussidi e avvocati agli immigrati che passano loro davanti. E lo devono fare in silenzio perché se solo osano aprire bocca vengono bollati come razzisti. Ma vi pare? Il problema non è nuovo. Se ne è parlato molto anche in passato. Doveva metterci una pezza il decreto Minniti-Orlando del 2017, che modificò l'iter dei processi. Doveva metterci una pezza il decreto Di Mario-Bonafede, annunciato all'inizio dello scorso ottobre, che prometteva miracoli. Ma non sembra che nessuno dei due abbia risolto il problema. A gennaio, durante l'apertura dell'anno giudiziario in Cassazione, il presidente Giovanni Mammone lanciò l'allarme: «Siamo sommersi dai ricorsi dei richiedenti asilo», disse e parlò di un incremento del 512 per cento. Risultato? A novembre, come vi abbiamo appena raccontato, la Corte d'Appello di Bologna ha rinviato i processi per fare spazio alle cause di protezione internazionale. Evidentemente il grido di dolore dell'ermellino capo non è stato ascoltato. Figuriamoci se potrà esserlo quello dei semplici cittadini bolognesi la cui causa è stata rimandata al 2022. Forse bisogna rassegnarsi. Ma che fatica poi chiamarla giustizia.
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