
Giornali, tv e gli immancabili democratici sono increduli perché la Procura di Genova non ha dato il colpo di grazia alla Lega. Per loro 600.000 euro da pagare per 76 anni è un buffetto, anzi quasi un favore. Il primo partito d'Italia doveva solamente scomparire.La Lega non muore? Davvero? Non chiude? Non fallisce? Resta in vita? E addirittura fino al 2094? Nel 2094 Salvini avrà 121 anni e Giorgetti 128: ci saranno ancora? E che faranno? Proporranno la Flat Catetere Tax? Conieranno nuovi slogan del tipo: «Prima gli italiani, poi la pasta per le dentiere»? Con un decreto flussi che, più che le navi delle Ong, mirerà a bloccare la prostata? Dev'essere stato un incubo per molti giornalisti e commentatori l'accordo raggiunto dai lumbard con la Procura di Genova: ha evitato la scomparsa del partito. E ne ha addirittura proiettato l'esistenza fino alla fine del secolo. Me li vedo i colleghi, di fronte alla ferale notizia, affannarsi per porsi l'un l'altro la fatidica domanda: ma come? Il 2094? Ci saranno ancora? Ma non dovevano morire subito? Della grande delusione per la mancata estinzione leghista si trova traccia un po' dappertutto, da Twitter ai giornali. «Lunga vita. Altro che persecuzione giudiziaria», si dispera per esempio Il Fatto Quotidiano, tutto triste perché «la Lega la fa franca». «Il sequestro integrale», spiegano i cronisti, «avrebbe impedito alla Lega la prosecuzione dell'attività politica». E invece niente. L'attività politica della Lega potrà proseguire, pensate un po' che affronto: il procuratore ha evitato «lo strozzamento di un partito che agisce nell'ambito democratico e rappresenta milioni di persone». Ma come si permette questo pappamolla? Niente strozzamento? Niente soffocamento? Di un partito democratico? Che rappresenta milioni di persone? E perché quel procuratore non è andato sino in fondo? Perché non ha tirato il colpo finale? Non è che se l'è fatta sotto al momento buono? Non è che si è intenerito? Ma sì, sono diventati tutti teneri. Anzi, comodi. Come le rate che deve pagare la Lega. Seicentomila euro l'anno (600.000) per 76 anni: non vi sembra una gran comodità? Sicuro: chi di noi non sogna di avere una rata comoda così? Quale azienda? Quale famiglia? 600.000 euro l'anno, 50.000 euro al mese: una passeggiata, quasi un regalo. Caro Babbo Natale, anch'io vorrei stare comodo il prossimo anno: sotto l'albero, per cortesia, anziché le solite camicie e i maglioncini nuovi, che sono sicuramente assai scomodi, non potresti farmi trovare una «comoda rata» (anzi, «comodissima»: copyright Manifesto) da 600.000 euro? Così provo a indossarla e vedere l'effetto che fa. A giudicare da quello che si legge sui giornali, pare non si possa desiderare niente di meglio. Sarà vero? Repubblica, per dire, non ha dubbi: «È un successo dei lumbard», scrive. Un successo? 600.000 euro al mese? Immaginiamo i dialoghi dei colleghi nei corridoi di quel giornale: «Stamattina cerco di fare un'intervista difficile». «Ti auguro di avere successo». «No, successo no, per carità…». «E perché?». «Non ho mica tutti quei soldi». Il quotidiano pubblica anche uno sferzante commento a cura di Sebastiano Messina: «Come si rottama la sentenza», dove finalmente la redazione debenedettiana prende un po' di distanza dalla linea di fedeltà totale alle Procure. Era ora, no? Basta appiattirsi su questi magistrati che non sanno nemmeno ammazzare un partito quando ce n'è l'occasione. Se non lo fanno, si può sapere, allora, a che cosa servono? Il fallimento della via giudiziaria all'estinzione della Lega prende un po' tutti di sorpresa. È evidente. Ci speravano. Ci contavano. E invece niente, che delusione: «La Lega potrà ampiamente campare», si incupisce La Stampa. «Una furbata mai vista», si accoda Andrea Romano del Pd. Maria Elena Boschi scherza sui tempi troppo lunghi, confondendo forse Salvini con un risparmiatore di Banca Etruria, che di tempi lunghi sui rimborsi se ne intende assai. Gianni Riotta chiede una rateizzazione del suo mutuo. E il Corriere della Sera, fa trapelare un po' di insoddisfazione in salsa Solferino: «L'esecuzione immediata del provvedimento di sequestro», scrive infatti, avrebbe determinato «l'impossibilità della Lega Nord di svolgere le proprie funzioni» e avrebbe compromesso, dunque, «la sua stessa esistenza». L'esistenza stessa compromessa, capite? Non era forse un sogno? Una meraviglia? Finalmente una buona notizia da inserire persino nell'inserto speciale del martedì? Invece niente: la Lega si ostina a vivere. Non si fa trapassare. E così loro, poveri colleghi, sempre cose brutte sono costretti a raccontare…. C'è solo un aspetto che consola i tanti delusi della mancata dipartita leghista: il pensiero che, forse, al 2094, quando finalmente scadranno le «comode rate», il Carroccio potrebbe non arrivarci. Certo: il fantasma di Salvini 121enne che avanza con lo spadone di Giussano a mezz'asta turba le notti dei colleghi, l'incubo di una sua possibile sopravvivenza fino a fine secolo fa quasi più paura della legionella o dello spread. Ma per scongiurare queste immagini paurose, i colleghi hanno trovato l'antidoto giusto: si rifugiano nella memoria, sparando colonnini con i simboli dei partiti della Prima Repubblica: la Democrazia cristiana è durata 51 anni, fanno notare, il Partito comunista 70. Può la Lega sopravvivere più a lungo? E così, aggrappati Scudocrociato e Falce&Martello, finalmente gli inconsolabili colleghi vedono un filo di luce in questa giornata così nera: il Carroccio stavolta non è stato mandato al creatore, è vero, ma non disperiamo, prima o poi ci andrà. Perché, questo è certo, la morte è un debito. Al massimo lo si può dilazionare. Ovviamente in comode rate.
Massimo Doris (Imagoeconomica)
Secondo la sinistra, Tajani sarebbe contrario alla tassa sulle banche perché Fininvest detiene il 30% del capitale della società. Ma Doris attacca: «Le critiche? Ridicole». Intanto l’utile netto cresce dell’8% nei primi nove mesi, si va verso un 2025 da record.
Nessun cortocircuito tra Forza Italia e Banca Mediolanum a proposito della tassa sugli extraprofitti. Massimo Doris, amministratore delegato del gruppo, coglie l’occasione dei conti al 30 settembre per fare chiarezza. «Le critiche sono ridicole», dice, parlando più ai mercati che alla politica. Seguendo l’esempio del padre Ennio si tiene lontano dal teatrino romano. Spiega: «L’anno scorso abbiamo pagato circa 740 milioni di dividendi complessivi, e Fininvest ha portato a casa quasi 240 milioni. Forza Italia terrebbe in piedi la polemica solo per evitare che la famiglia Berlusconi incassi qualche milione in meno? Ho qualche dubbio».
Giovanni Pitruzzella (Ansa)
Il giudice della Consulta Giovanni Pitruzzella: «Non c’è un popolo europeo: la politica democratica resta ancorata alla dimensione nazionale. L’Unione deve prendere sul serio i problemi urgenti, anche quando urtano il pensiero dominante».
Due anni fa il professor Giovanni Pitruzzella, già presidente dell’Autorià garante della concorrenza e del mercato e membro della Corte di giustizia dell’Unione europea, è stato designato giudice della Corte costituzionale dal presidente della Repubblica. Ha accettato questo lungo colloquio con La Verità a margine di una lezione tenuta al convegno annuale dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, dal titolo «Il problema della democrazia europea».
Ansa
Maurizio Marrone, assessore alla casa della Regione Piemonte in quota Fdi, ricorda che esiste una legge a tutela degli italiani nei bandi. Ma Avs la vuole disapplicare.
In Italia non è possibile dare più case agli italiani. Non appena qualcuno prova a farlo, subito si scatena una opposizione feroce, politici, avvocati, attivisti e media si mobilitano gridando alla discriminazione. Decisamente emblematico quello che sta avvenendo in Piemonte in queste ore. Una donna algerina sposata con un italiano si è vista negare una casa popolare perché non ha un lavoro regolare. Supportata dall’Asgi, associazione di avvocati di area sorosiana sempre in prima fila nelle battaglie pro immigrazione, la donna si è rivolta al tribunale di Torino che la ha dato ragione disapplicando la legge e ridandole la casa. Ora la palla passa alla Corte costituzionale, che dovrà decidere sulla legittimità delle norme abitative piemontesi.
Henry Winkler (Getty Images)
In onda dal 9 novembre su History Channel, la serie condotta da Henry Winkler riscopre con ironia le stranezze e gli errori del passato: giochi pericolosi, pubblicità assurde e invenzioni folli che mostrano quanto poco, in fondo, l’uomo sia cambiato.
Il tono è lontano da quello accademico che, di norma, definisce il documentario. Non perché manchi una parte di divulgazione o il tentativo di informare chi stia seduto a guardare, ma perché Una storia pericolosa (in onda dalle 21.30 di domenica 9 novembre su History Channel, ai canali 118 e 409 di Sky) riesce a trovare una sua leggerezza: un'ironia sottile, che permetta di guardare al passato senza eccessivo spirito critico, solo con lo sguardo e il disincanto di chi, oggi, abbia consapevolezze che all'epoca non potevano esistere.






