2018-11-22
Batterio killer, centinaia di infettati. Ignorato l’allarme lanciato tre anni fa
Il produttore dei macchinari usati per gli interventi avvertì sui rischi. Venerdì blocco delle sale operatorie per sciopero. La scoperta del legame tra l'infezione e le operazioni a cuore aperto è dovuta a Paolo Demo, anestesista dell'ospedale San Bortolo di Vicenza, deceduto il 2 novembre scorso.Mentre da mesi l'attenzione è concentrata sulle ipotetiche epidemie da morbillo, che renderebbero necessaria l'obbligatorietà dei vaccini, nelle sale operatorie degli ospedali si aggira, coperto dal silenzio, un batterio che provoca gravissime infezioni cardiache, che non risponde agli antibiotici e che nel 50% dei casi provoca la morte. Perché qualcuno se ne occupasse è stato necessario un esposto in Procura, da parte della famiglia di un medico, morto a causa dell'infezione che, per mesi, ha denunciato la disattenzione totale a questo subdolo killer. Due morti accertati in Emilia Romagna e sei in Veneto. E probabilmente centinaia di persone infettate, che stanno incubando la malattia. Si chiama Chimera (Mycobacterium Chimaera) il batterio responsabile di quella che il ministero della Salute ha definito una «epidemia globale» di cui l'entità «non è nota con esattezza». Il contagio sarebbe avvenuto durante interventi chirurgici al cuore: il killer, a quanto pare, si annidava in alcuni macchinari utilizzati per la circolazione extracorporea del sangue, tutti prodotti dalla stessa azienda, che nei giorni scorsi ha confermato il pericolo e si è scusata «per il disagio».La scoperta del legame tra l'infezione e le operazioni a cuore aperto è dovuta a Paolo Demo, anestesista dell'ospedale San Bortolo di Vicenza, deceduto il 2 novembre scorso. Demo si era sottoposto nel 2016 a un'operazione per la sostituzione della valvola aortica, a seguito della quale aveva contratto l'infezione letale. Prima di morire il medico ha elaborato un memoriale, dal quale emergerebbe come l'ospedale abbia sottovalutato i rischi, già segnalati tempo prima dalla casa produttrice dei macchinari. Ora sulla vicenda è stata aperta un'inchiesta e anche il ministero vuole vederci chiaro: le Regioni interessate sono state invitate ad avviare indagini interne per identificare la presenza del batterio in tutti i pazienti a rischio. L'Emilia Romagna ha disposto accertamenti su oltre 100 cartelle, riscontrando già due decessi avvenuti la scorsa estate a Reggio Emilia, mentre in Veneto i decessi causati da Chimera sarebbero già sei, avvenuti negli ospedali di Vicenza, Treviso e Padova, mentre sono 18 i casi di persone che hanno scoperto di essere state infettate. In Italia ogni anno le operazioni al cuore sono decine di migliaia (30.000 solo quelli per la sostituzione della valvola aortica) e il batterio ha tempi di incubazione lunghissimi, per cui non è semplice stabilire il nesso tra i due eventi. Eppure Chimera non è uno sconosciuto: secondo il ministero della Salute è stato «identificato nel 2004, è diffuso in natura, nell'acqua potabile, ma non è pericoloso per la salute umana», i casi invasivi e i decessi sono «tutti associati all'utilizzo di dispositivi di raffreddamento e riscaldamento del sangue utilizzati durante interventi cardiochirurgici» e sono noti già dal 2000 in Svizzera, Gran Bretagna, Germania e Stati Uniti. In Italia, però, l'allarme è arrivato solo ora. Chimera è subdolo: il periodo di incubazione va dai tre mesi ai cinque anni e i sintomi sono affaticamento, febbre e perdita di peso. «Non esiste una terapia stabilita e il tasso di mortalità è circa del 50%», fa sapere il ministero, ammettendo che «attualmente, l'entità dell'epidemia globale non è nota con esattezza». Il macchinario incriminato è il Livanova Stockert 3T, prodotto dalla Livanova della multinazionale Sorin, che rifornisce gli ospedali di tutto il mondo. E, a quanto pare, già nel 2015, l'azienda avrebbe lanciato un primo allarme contattando i vertici delle strutture ospedaliere per avvisarle che il dispositivo doveva essere sanificato prima dell'utilizzo nelle sale operatorie. Su questo punto, lo scorso 11 novembre, la famiglia di Demo ha depositato un esposto alla Procura di Vicenza. A provocare il decesso del medico sarebbe stato proprio il batterio killer, contratto durante un intervento chirurgico al cuore a cui si era sottoposto nel 2016. Il sospetto dei familiari, che si basa su un memoriale a cui l'anestesista aveva lavorato minuziosamente negli ultimi mesi di vita, è che l'ospedale non abbia preso provvedimenti in tempo utile. Dall'esposto è nata un'inchiesta della magistratura e due ex direttori sanitari dell'Ulss vicentina sono indagati per omicidio colposo. Nel frattempo il ministero ha chiesto alle Regioni che hanno, o hanno avuto, in uso questi macchinari (l'Emilia Romagna ne conta 14 ancora in uso) di relazionare su tutti i pazienti esposti a rischio o che presentano attualmente sintomatologie compatibili con quelle causate dal batterio.Qualche giorno fa Livanova avrebbe inviato al ministero e alle Regioni ulteriori indicazioni per sanificare i macchinari e ridurre «il potenziale rischio di infezione attraverso il perossido di idrogeno da far passare nel circuito idraulico», un trattamento senza il quale «è possibile che inizino a crescere microorganismi che potrebbero causare infezioni cardiovascolari» hanno spiegato dall'azienda aggiungendo le scuse per «eventuali disagi che questa situazione può aver causato».Nel frattempo, per domani, è stato proclamato lo sciopero dei medici del Servizio sanitario nazionale con il blocco delle sale operatorie, che avrà come conseguenza l'annullamento di migliaia di interventi.
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