2019-02-03
Batte in tribunale la De Gregorio. L’ex estremista nero offre la pace
Stefano Andrini vince la causa contro «L'Unità». All'ex direttore dice: non voglio nulla, ma...Uno spettro si aggira per le redazioni italiane: quello di Stefano Andrini, 48 anni, dirigente sindacale e un passato da estremista di destra. Negli ultimi anni ha vinto tre cause civili contro Corriere della Sera, Repubblica e Unità. Grazie anche a 15 mediazioni ha già portato a casa circa 150.000 euro di risarcimenti. Altri otto giudizi sono in corso. Uno dei titoli sotto accusa era stato quello dell'Unità dell'1 settembre 2009: «Alemanno (allora sindaco di Roma, ndr) nomina un naziskin condannato per tentato omicidio». Ma Andrini, in realtà, è stato condannato definitivamente con altri camerati per lesioni gravi contro due militanti di estrema sinistra. Un reato «molto diverso anche sul piano della comune percezione», hanno scritto i giudici della Corte d'appello di Roma, che hanno condannato in solido il direttore e alcuni giornalisti del quotidiano fondato da Antonio Gramsci a pagare 30.000 euro più 7.000 di spese legali. «Non avere dato conto di come si sviluppò e concluse la vicenda giudiziaria, dato di agevole verifica, limitandosi a fornire la suggestiva notizia della condanna in prime cure per tentato omicidio non consente di configurare la verità, neppure putativa, della notizia» hanno sentenziato le toghe. Andrini ha chiesto il pignoramento del conto dell'ex direttore dell'Unità, Concita De Gregorio, che, a causa della sparizione del suo vecchio editore, deve purtroppo rispondere personalmente nelle cause contro il giornale che dirigeva. Ieri su Twitter la giornalista si è scatenata: «Voi, fascisti, mi potete anche sequestrare i conti correnti, impedirmi di pagare l'acqua e la luce, ma non è così che avrete la mia testa e la mia voce, poveri illusi. Che ne sapete voi della libertà». Quindi ha rivendicato che il reato che le è stato contestato «non è penale» e che paga «per l'editore che non c'è». Con La Verità Andrini spiega: «Faccio solo cause civili per diffamazione a mezzo stampa per scelta ideologica, sono contrario a perseguire penalmente ogni tipo di opinione. Certo è che chi scrive il falso poi se ne assume la responsabilità, ma in sede civile». Con noi il sindacalista offre alla De Gregorio il calumet della pace e si dice disposto a trovare una soluzione: «A sequestrarle i conti non sono stati di certo i “fascisti", a meno che per tali non intenda i giudici della Corte d'Appello che le hanno inflitto la condanna di risarcimento. Comunque alla signora De Gregorio dico che non ho alcun problema a rinunciare a quanto ottenuto a titolo di risarcimento - fatte salve le spese legali - nel momento in cui provvederà a ristabilire la verità storica sulle vicende che mi riguardano e su cui il suo ex giornale ha prodotto fake news». E qual è questa «verità storica»? «Nel famoso processo per “tentato omicidio" in realtà il pubblico ministero del tempo in Appello chiese per me una condanna a due anni con la condizionale per concorso in lesioni. Anche perché il colpevole delle violenze non è mai stato individuato. È stato scritto anche che sono stato arrestato per degli incidenti con gli autonomi nel 1994. Ma per quegli scontri sono stato prosciolto e risarcito dallo Stato, oltre che completamente riabilitato». Ma Andrini è stato coinvolto pure in Mafia Capitale: «Sono stato uno dei 200 indagati, come il governatore del Lazio Nicola Zingaretti. Entrambi archiviati». Domanda: non è che i giornalisti l'hanno presa di mira considerandola il tallone d'Achille dell'ex sindaco Gianni Alemanno e anche perché è stato assunto all'Ama nell'infornata della famosa Parentopoli? Risposta: «Nell'ultima sentenza della Corte dei Conti sono stato completamente scagionato per quel contratto: sono stato ingiustamente licenziato dall'Ama dalla giunta di Ignazio Marino».Sembra di capire che Andrini continuerà la sua battaglia contro le fake news, ma utilizzerà parte dei soldi incassati per una nobile causa: «Una parte sostanziosa dei risarcimenti la sto devolvendo alla ricerca sul medulloblastoma, un tumore del cervelletto che colpisce i bambini e che ha ucciso mio figlio, di soli 8 anni. Ho trasformato la battaglia giudiziaria in un'occasione per aiutare chi, come il mio Leonardo, ha dovuto lottare contro questo male infame».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)