Nel Vecchio continente il settore zoppica, mentre negli Stati Uniti vola: la bolletta media di un americano è il doppio della nostra. E pesa la concorrenza delle low cost. Ma le ultime tecnologie possono cambiare tutto.
Nel Vecchio continente il settore zoppica, mentre negli Stati Uniti vola: la bolletta media di un americano è il doppio della nostra. E pesa la concorrenza delle low cost. Ma le ultime tecnologie possono cambiare tutto.All'alba del 2000 uno dei settori considerati come quelli del futuro o, come dicono oggi gli analisti, un megatrend su cui investire, era quello delle telecomunicazioni. «I vecchi monopolisti e i nuovi sfidanti hanno cercato di conquistare un mercato crescente strappandosi di mano con aste miliardarie le licenze e facendosi una concorrenza spietata sui prezzi o anche spendendo miliardi di euro per acquistare contenuti (tipo quelli calcistici) senza poi riuscire a monetizzarli», spiega Salvatore Gaziano, direttore investimenti di Soldiexpert scf.Alcune di queste società, come la nostra Tim, hanno pagato un prezzo altissimo con ribassi di oltre il 90% dal 2000 a oggi a Piazza Affari, altre società che venivano descritte come il futuro (Tiscali) hanno invece avuto una vita a dir poco travagliata.Oggi il settore appare più concentrato e molte compagnie telefoniche hanno iniziato a cercare di tagliare i costi e trovare sinergie, anche se i debiti restano mediamente elevati. Inoltre, l'avvento del 5G è l'ulteriore banco di prova per il settore insieme alla banda larga, che in molti Paesi conterà sui fondi dei massicci piani infrastrutturali governativi. Se non altro, la domanda di servizi 5G dovrebbe aumentare il potere di determinazione dei prezzi e i profitti nel settore. Gli Stati Uniti sono un mercato più interessante di quello europeo e l'andamento borsistico riflette la maggiore capacità delle compagnie telefoniche dello Zio Sam di fare profitti. È il caso, ad esempio, di T mobile, il cui azionista di maggioranza relativa con il 43% è Deutsche telecom. Per intenderci, le bollette telefoniche mobili di uno statunitense sono più che doppie rispetto a quelle europee. Così, mentre negli Stati Uniti crescono, in Europa e in Italia i grandi gruppi Tlc faticano a mantenere il fatturato, visto che anche nuovi operatori come Iliad rosicchiano quote di mercato crescenti con offerte aggressive. Del resto, non a caso gli Stati Uniti hanno guidato la crescita dell'intero gruppo di Deutsche telecom. Ancora di più: la filiale statunitense ha rappresentato circa il 60% delle vendite anche grazie all'acquisizione di Sprint lo scorso anno. A ciò si aggiunga che, in un colpo solo, T mobile Us è cresciuta fino a diventare il secondo più grande operatore di rete dietro Verizon e davanti ad At&T, misurato dal numero di clienti. Fatte queste premesse si capisce perché i titoli europei del settore arrancano, mentre quelli americani galoppano. Il 5G, però, potrebbe rimescolare le carte di un mercato molto frastagliato. Se da un lato è infatti impossibile non notare che la svizzera Orange in tre anni ha perso il 20%, l'inglese Bt ha fatto anche peggio cedendo quasi il 29%, Telecom Italia il 45,2% e Telefónica il 46,4%, è altrettanto vero che T mobile è cresciuta del 122,3%, Verizon del 34,6% e At&T del 17%. Il fondo Lyxor stoxx Europe 600 Telecom che punta sulle Tlc europee ha perso meno della media cedendo solo il 2,75%. Ora, però, questi valori potrebbero tornare a crescere grazie alle nuove reti mobili di quinta generazione.
Leonardo
Il fondo è pronto a entrare nella divisione aerostrutture della società della difesa. Possibile accordo già dopo l’incontro di settimana prossima tra Meloni e Bin Salman.
La data da segnare con il circoletto rosso nell’agenda finanziaria è quella del 3 dicembre. Quando il presidente del consiglio, Giorgia Meloni, parteciperà al quarantaseiesimo vertice del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg), su espressa richiesta del re del Bahrein, Hamad bin Isa Al Khalifa. Una presenza assolutamente non scontata, perché nella Penisola araba sono solitamente parchi con gli inviti. Negli anni hanno fatto qualche eccezione per l’ex premier britannica Theresa May, l’ex presidente francese François Hollande e l’attuale leader cinese Xi Jinping e poco altro.
Emmanuel Macron (Ansa)
Bruxelles apre una procedura sull’Italia per le banche e tace sull’acciaio transalpino.
L’Europa continua a strizzare l’occhio alla Francia, o meglio, a chiuderlo. Questa volta si tratta della nazionalizzazione di ArcelorMittal France, la controllata transalpina del colosso dell’acciaio indiano. La Camera dei deputati francese ha votato la proposta del partito di estrema sinistra La France Insoumise guidato da Jean-Luc Mélenchon. Il provvedimento è stato approvato con il supporto degli altri partiti di sinistra, mentre Rassemblement National ha ritenuto di astenersi. Manca il voto in Senato dove l’approvazione si preannuncia più difficile, visto che destra e centro sono contrari alla nazionalizzazione e possono contare su un numero maggiore di senatori. All’Assemblée Nationale hanno votato a favore 127 deputati contro 41. Il governo è contrario alla proposta di legge, mentre il leader di La France Insoumise, Mélenchon, su X ha commentato: «Una pagina di storia all’Assemblea nazionale».
Maria Rita Parsi (Imagoeconomica)
La celebre psicologa e psicoterapeuta Maria Rita Parsi: «È mancata la gradualità nell’allontanamento, invece è necessaria Il loro stile di vita non era così contestabile da determinare quanto accaduto. E c’era tanto amore per i figli».
Maria Rita Parsi, celebre psicologa e psicoterapeuta, è stata tra le prime esperte a prendere la parola sulla vicenda della famiglia del bosco.
La sede di Bankitalia. Nel riquadro, Claudio Borghi (Imagoeconomica)
Il senatore leghista torna sulle riserve auree custodite presso Bankitalia: «L’istituto detiene e gestisce il metallo prezioso in nome dei cittadini, ma non ne è il proprietario. Se Fdi riformula l’emendamento...»
«Mentre nessuno solleva il problema che le riserve auree della Bundesbank siano di proprietà dei cittadini tedeschi, e quindi dello Stato, come quelle della Banca di Francia siano di proprietà dei cittadini d’Oltralpe, non si capisce perché la Banca d’Italia rivendichi il possesso del nostro oro. L’obiettivo dell’emendamento presentato in Senato da Fratelli d’Italia, e che si ricollega a una mia proposta di legge del 2018, punta esclusivamente a stabilire il principio che anche Bankitalia, al pari delle altre Banche centrali, detiene e gestisce le riserve in oro ma non ne è la proprietaria». Continua il dibattito su misure ed emendamenti della legge di Bilancio e in particolare su quello che riguarda le riserve in oro.






