
Il numero uno Carlo Messina presenta conti in crescita e utili superiori a 3 miliardi ma, di fronte alle continue domande sul rischio di crac Italia per colpa della finanziaria, sbotta: «I fondamentali sono una cosa diversa, se si vuole l'apocalisse bisogna andare al cinema».Banca Intesa, il primo istituto del Paese, con 13,6 miliardi di proventi netti nei primi nove mesi dell'anno, ha presentato ai mercati gli estremi della propria carta d'identità. A quattro giorni dalla diffusione dei risultati degli stress test dell'Eba, il numero uno dell'Istituto ha elencato agli analisti, come succede in ogni occasione, i risultati del bilancio. Utile netto oltre i 3 miliardi di euro, esposizione ai Btp italiani stabile e pari a 28 miliardi di euro, 44 miliardi di nuovo credito in nove mesi, di cui 31 a famiglie e piccole imprese. Circa 13.000 imprese riportate in bonis da posizioni di crisi e da difficoltà nel gestire i debiti. Insomma, Messina ieri si è presentato con il sorriso sulla faccia perché potrà anche quest'anno confermare la propria strategia (che piace tanto agli azionisti) di mantenere i livelli di cedola ai prezzi degli anni precedenti o addirittura un po' sopra.Ecco perché a un certo punto, dopo che il quarto analista di seguito, invece di fare domande specifiche sulla banca chiedeva lumi sullo spread, sulla manovra e sul fatto che la Commissione Ue voglia mettere in quarantena il nostro Paese, ha perso il solito aplomb ed è sbottato. «Se alcuni analisti», ha detto in conference call, «vogliono fare stress test in aggiunta a quelli dell'Eba, procedano pure. La realtà dei fondamentali è diversa. Non esistono scenari da Armageddon. Se si vuole vedere la fine del mondo, allora andiamo al cinema». Un frase sola che finisce con il seppellire l'intero partito dei «forza spread» che non si rende conto di auto alimentare una speranza politica (abbattere Lega e 5 stelle) che al tempo stesso distoglie sia dai reali problemi del Paese sia dalle sue reali possibilità. Messina ha anche aggiunto di assistere a un deficit di comunicazione, sia da parte del governo sia da parte della Commissione. Anche questa è una osservazione che non necessita di essere dimostrata. Basta elencare le frasi contraddittorie del ministro Giovanni Tria (compreso l'allarme sulle banche tricolori) o quelle di Luigi Di Maio (le norme sul reddito di cittadinanza dovevano inizialmente essere previste in manovra, poi a Natale in un disegno di legge e quasi sicuramente finiranno in una legge delega il cui iter terminerà non prima di aprile) e di altri rappresentanti del governo (condono fiscale che entra in un cdm ed esce da un secondo cdm). È chiaro che la Commissione Ue prende spunto da tali incertezze per fare comunicazione politica. E qui gli esempi sono lunghissimi. Ultimo il tweet del Commissario, Pierre Moscovici, redatto persino in italiano: «Perché la zona euro è come un condominio: è compito dell'amministratore far rispettare le regole comuni affinché nessuno tocchi un muro portante». Più che un lancio social, un dogma sostenuto da un Commissario che ha scritto al governo italiano chiedendo di cambiare la manovra ancor prima di averla ricevuta. Un vero atto di fede al contrario. L'uscita di Carlo Messina non è certo casuale. Sicuramente, sente la necessità di tutelare il proprio asset e il valore del titolo in Borsa, ma anche il perimetro che sta attorno alla banca di sistema: l'Italia. Messina è una sorta di cartina al tornasole di quanto accade nel Paese, può analizzare con un ritardo di pochi mesi cosa accade all'economia e vuole mettere il segno fine su un dibattito che si auto genera indipendentemente dai numeri e dai fondamentali. Intesa rappresenta anche una buona fetta della finanza cattolica che nelle ultime settimane ha dimostrato di voler aprire un dialogo con i barbari giunti a Palazzo Chigi. Non a caso, il banchiere ha prima spezzato una lancia a favore del reddito di cittadinanza e poi si è schierato contro i forza spread non a parole ma con gli acquisti. «Qualunque cosa accada, la nostra politica sui titoli di Stato non cambia», ha detto Messina poco più di un mese fa, «e non cambierà nemmeno di fronte a impennate dello spread». L'uscita di ieri però aggiunge nuovi tasselli. Sembra un messaggio destinato a tutti coloro che non sanno discernere tra numeri reali, volontà politiche mirate a far cadere il governo gialloblù e luoghi comuni triti e ritriti. Non sappiamo se il numero uno di Intesa avesse in mente il report diffuso da Citigroup lunedì. Il titolo non lasciava adito a dubbi sull'argomento instabilità Paese. «Il governo mangerà il panettone?», si chiede l'analista di Citi. Risposta, molto probabilmente no. E cita due fonti riservate: Il Corriere della Sera e il Fatto quotidiano. I due giornali da tempo scrivono di tensioni interne, e per Citi è tutto oro colato. A rafforzare la crisi (eventuale) di governo l'analista prende per assodato che la maggioranza parlamentare gialloblù sia risicata. In realtà sono dieci voti al Senato e più di 40 alla Camera. Un dialogo perfetto tra due amici al bar, da lì a far diventare un documento bollinato ce ne vuole.Eppure il report diventa un riferimento ufficiale, i giornali lo riprendono e così si alimenta il loop. Lo stesso che ha animato il documento diffuso ieri da Moody's nel quale si prende per scontato che l'abolizione della riforma Fornero sarà la catastrofe dell'economia italiana. Qui la fonte è chiaramente Tito Boeri che a sua volta ha diffuso dati contestati dal governo perché ritenuti privi di base scientifica, per il semplice fatto che non esiste ancora la legge che norma quota 100. Dunque le stime del numero uno dell'Inps sono proiezioni molto vicine ai suoi desiderata. Si potrà criticare il governo perché si esercita nei «decreti interrupti», ma non creare dogmi economici basati su desiderata politici. Chissà se adesso che il capo della banca di sistema si è stancato del mito dei forza spread si torni a parlare di numeri reali.
Antonio Scurati (Ansa)
Eccoli lì, tutti i «veri sapienti» progressisti che si riuniscono per chiedere all’Aie di bandire l’editore «Passaggio al bosco» dalla manifestazione «Più libri più liberi».
Sono tutti lì belli schierati in fila per la battaglia finale. L’ultima grande lotta in difesa del pensiero unico e dell’omologazione culturale: dovessero perderla, per la sinistra culturale sarebbe uno smacco difficilmente recuperabile. E dunque eccoli, uniti per chiedere alla Associazione italiana editori di cacciare il piccolo editore destrorso Passaggio al bosco dalla manifestazione letteraria Più libri più liberi. Motivo? Tale editore sarebbe neofascista, apologeta delle più turpi nefandezze novecentesche e via dicendo. In un appello rivolto all’Aie, 80 autori manifestano sdegno e irritazione. Si chiedono come sia possibile che Passaggio al bosco abbia trovato spazio nella fiera della piccola editoria, impugnano addirittura il regolamento che le case editrici devono accettare per la partecipazione: «Non c’è forse una norma - l’Articolo 24, osservanza di leggi e regolamenti - che impegna chiaramente gli espositori a aderire a tutti i valori espressi nella Costituzione italiana, nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea e nella Dichiarazione universale dei diritti umani e in particolare a quelli relativi alla tutela della libertà di pensiero, di stampa, di rispetto della dignità umana? Poniamo quindi queste domande e preoccupazioni all’attenzione dell’Associazione italiana editori per aprire una riflessione sull’opportunità della presenza di tali contenuti in una fiera che dovrebbe promuovere cultura e valori democratici». Memorabile: invocano la libertà di pensiero per chiedere la censura.
Olivier Marleix (Ansa)
Pubblicato post mortem il saggio dell’esponente di spicco dei Républicains, trovato impiccato il 7 luglio scorso «Il presidente è un servitore del capitalismo illiberale. Ha fatto perdere credibilità alla Francia nel mondo».
Gli ingredienti per la spy story ci sono tutti. Anzi, visto che siamo in Francia, l’ambientazione è più quella di un noir vecchio stile. I fatti sono questi: un politico di lungo corso, che conosce bene i segreti del potere, scrive un libro contro il capo dello Stato. Quando è ormai nella fase dell’ultima revisione di bozze viene tuttavia trovato misteriosamente impiccato. Il volume esce comunque, postumo, e la data di pubblicazione finisce per coincidere con il decimo anniversario del più sanguinario attentato della storia francese, quasi fosse un messaggio in codice per qualcuno.
Roberto Gualtieri (Ansa)
Gualtieri avvia l’«accoglienza diffusa», ma i soldi andranno solo alla Ong.
Aiutiamoli a casa loro. Il problema è che loro, in questo caso, sono i cittadini romani. Ai quali toccherà di pagare vitto e alloggio ai migranti in duplice forma: volontariamente, cioè letteralmente ospitandoli e mantenendoli nella propria abitazione oppure involontariamente per decisione del Comune che ha stanziato 400.000 euro di soldi pubblici per l’accoglienza. Tempo fa La Verità aveva dato notizia del bando comunale con cui è stato istituito un servizio di accoglienza che sarà attivo dal 1° gennaio 2026 fino al 31 dicembre 2028. E ora sono arrivati i risultati. «A conclusione della procedura negoziata di affidamento del servizio di accoglienza in famiglia in favore di persone migranti singole e/o nuclei familiari o monogenitoriali, in possesso di regolare permesso di soggiorno, nonché neomaggiorenni in carico ai servizi sociali», si legge sul sito del Comune, «il dipartimento Politiche sociali e Salute comunica l’aggiudicazione del servizio. L’affidamento, relativo alla procedura è stato aggiudicato all’operatore economico Refugees Welcome Italia Ets».
2025-12-03
Pronto soccorso in affanno: la Simeu avverte il rischio di una crisi strutturale nel 2026
True
iStock
Secondo l’indagine della Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza, dal 2026 quasi sette pronto soccorso su dieci avranno organici medici sotto il fabbisogno. Tra contratti in scadenza, scarso turnover e condizioni di lavoro critiche, il sistema di emergenza-urgenza rischia una crisi profonda.
Il sistema di emergenza-urgenza italiano sta per affrontare una delle sue prove più dure: per molti pronto soccorso l’inizio del 2026 potrebbe segnare una crisi strutturale del personale medico. A metterne in evidenza la gravità è Alessandro Riccardi, presidente della Simeu - Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza - al termine di un’indagine che fotografa uno scenario inquietante.






