2022-03-20
Il bagolaro del Parco del Valentino che i bimbi scambiano per guardiano
Al centro di un prato si staglia come un faro un imponente albero con la corteccia grigia e la chioma verde. «Celtis australis» è il nome di questa specie autoctona, cara ai torinesi. Produce delle piccole drupe amare.Giulio è tornato a scuola. Dopo un lungo fine settimana passato al mare in Liguria con i suoi genitori è tornato in città. Lunedì mattina la sveglia suona. Così Giulio si alza, infila i piedi nelle ciabatte pelose a forma di drago, va in bagno dove alzandosi sulle punte dei piedi apre l’acqua del rubinetto e si sciacqua la faccia e si pulisce gli occhi. Gli piace quando l’acqua passa dal freddo al caldo e se la passa sul viso. Giulio è freddoloso, come la mamma, ama tutto quel che scalda. Infatti lui è felice in estate, mentre è triste in inverno. E non a caso gli animali che gli piacciono di più sono quelli che vivono nella savana e nei luoghi torridi, come i serpenti, i leoni, gli gnu e le zebre. Le zebre sono molto popolari nella sua scuola e in città, sono gli stessi colori della maglia della squadra di calcio della Juventus, quasi tutti i bambini tengono alla Juventus, tranne qualcuno per il Milan, l’Inter, la Roma, il Napoli, l’Alessandria o i cugini poveri, il Torino. Ma con quelli lui non ci parla, sono sempre arrabbiati. Invece i bambini che tifano Juve sono felicissimi.Le zebre sono animali furbi. Veloci, si aiutano l’un l’altra, sia maschi che femmine perché anche se sono zebre, con la e, al femminile, sono sia maschi sia femmine. A scuola l’ha chiesto alla maestra: Maestra, perché non li hanno chiamati zebri i maschi delle zebre? Hanno riso tutti, anche la maestra. Giulio è molto simpatico, pensano i suoi compagni e le sue compagne di classe.I bambini che abitano nel suo quartiere escono di casa e si ritrovano in un giardino privato e qui si prendono per mano e insieme vanno a scuola che si trova oltre i grandi giardini detti del Valentino. Superano la strada, facendo attenzione alle macchine ma anche al tram giallo e grigio che passa sulle rotaie, e poi mantenendo la fila doppia procedono lungo un viale alberato, salutano la facciata del grande castello e proseguono fino a un prato al centro del quale c’è un grande albero con la corteccia grigia e una chioma ampia e verde. «Questo albero si chiama ba-go-la-ro. Un nome lungo, difficile. Il ba-go-la-ro è Celtis australis», dice la maestra, «è un albero nostrano, autoctono, sapete bambini che cosa vuol dire autoctono?».I bambini si interrogano, si immusoniscono, si scrutano ma niente. Dopo qualche secondo però una compagna alza la manina e quando la maestra la chiama dice: «Autoctono vuol dire nato in un luogo, è come dire indigeno, locale, delle nostre parti». «Ooo…», fecero alcuni bambini, più per prenderla in giro, veramente.«Esatto! Brava Carola!». Carola è una bimbetta bionda, coi boccolini sempre in ordine e profumati, vestita di tutto punto, figlia di un dottore. Sa scrivere già benissimo e legge a meraviglia, non come Giulio che scandisce ancora le singole vocali, e le sillabe. Nessuno in classe legge svelto come lei.«Maestra, che frutti fa il ba-go-li-no?», interviene Mattia, il migliore amico di Giulio.«Ba-go-la-ro!», lo corregge la maestra.«Eh, lui, quello, che frutti fa? Si mangiano?».«Il ba-go-la-ro… ripetiamolo tutti insieme!».«Il ba-go-la-ro…», mormorano i bimbi e le bimbe.«Il ba-go-la-ro produce delle piccole ciliegine, o drupe, così le chiamano gli scienziati, dru-pe, ripetiamo tutti insieme?».«Dru-pe… ba-go-la-ro…». «Bravi. Ma non si mangiano. Quando verrete qui la prossima estate vedrete che sui rami e a terra ci saranno delle piccole palline verdi, potete giocarci e raccoglierle ma non dovete metterle in bocca, capito?».«Perché signora maestra?», chiede di nuovo Mattia. «Che succede se si mettono in bocca? Si muore? Si diventa blu? Ci cresce la proboscide?».«Eh, eh, ma che idee stupide», lo riprende Giulio. «La proboscide cresce solo agli elefanti, noi siamo bambini ma non siamo elefanti…».«Fai rispondere la maestra! Tu sei la maestra?».«Non sono la maestra…».«Allora stai zitto», lo rimbrotta Mattia.«Calmi, calmi, per cortesia. Siamo stati bravi fino ad ora, non incominciamo a bisticciare. Mattia, non succede nulla di particolare. Se prendete una piccola ciliegina e la ingurgitate non morite e nemmeno vi avvelenate. Soltanto non è buona, non ha un buon gusto come la ciliegia, o l’amarena… semplicemente è amarognola. Il vostro stomaco la digerirà e finita lì. Capito?».«Maestrrrra?», chiede Maria Adelaide, la migliore amica di Carola, figlia di un notaio, l’unica che la mattina viene accompagnata a scuola da una vecchia automobile inglese guidata da un maggiordomo, come nei film. «Sì cara, che c’è?».«Ma questo grrrrande alberrrro quanti anni ha?». «O cielo, non lo so con certezza, credo almeno un centinaio!», risponde la maestra guardandosi intorno e spiando alcuni dettagli del tronco e della chioma.«Nessuno sa quanti anni ha? Se è l’alberrrro più vecchio del parrrrco?».«Questo parco è stato realizzato negli anni successivi all’Unità d’Italia, 160 anni fa. Questo è certo, quindi questo ba-go-la-ro potrebbe essere stato messo a dimora poco dopo, o a fine Ottocento». I bambini capiscono le cose se toccano con mano, quindi non sanno bene cosa voglia dire 100 o 150 anni, mentre capiscono che una cosa è grande se si mettono in cerchio e tenendosi per mano la misurano. Così l’insegnante li fa appoggiare al tronco del vecchio albero sotto il quale si sono riuniti, ci vogliono ben cinque bambini che si tengano per mano per cingere la circonferenza dell’albero. A turno tutti i bambini della classe si fanno fotografare appoggiati al suo tronco, così potranno farlo vedere ai genitori e pubblicare gli scatti sulla pagina della scuola.A questo punto Giulio ha una delle sue trovate. «Maestra», chiede, «possiamo dare un nome all’albero?».«A chi?».«All’albero…».«Che si chiama? Come si chiama questo albero? Tutti insieme…».«Ba-go-la-rooo!».«Bravi… certo che possiamo dargli un nome. Chi prova a dire che nome possiamo scegliere?».«Testadilegno», dice un bambino, «Facciadipietra», dice un altro, «Fogliafero», dice una bambina.«Nooo», si ribella Giulio, evidentemente lui il nome ce l’ha già in mente.«Che nome dici tu?», chiede Carola puntando un dito al viso di Giulio.«Il guardiano».«Che nome noioso!», aggiunge la migliore amica di Carola. «Perché il guardiano?» , chiede la maestra.«Perché guarda tutto il tempo lassù alla collina e anche di qui, verso la città. E poi è solo, come un faro davanti al mare».«Bene, mi pare un’ottima idea, vi piace bambini, Il guardiano?».Alcuni dicono di sì, altri replicano di no, la maestra a questo punto guarda l’orologio e capisce che è ora di rientrare a scuola. Si mette in marcia coi bambini che si tengono per mano a coppie dietro di lei.«Ciao Testadilegno…».«Ciao Guardiano…».«Ciao ciao…».
Jose Mourinho (Getty Images)