2023-04-20
«Un’élite con interessi giganteschi non vuole che si facciano più figli»
L’ex arcivescovo di Genova e presidente della Cei Angelo Bagnasco: «Servono politiche demografiche vere ma c’è chi predica che siamo troppi e che la Terra si sta esaurendo. Benedetto XVI spaventò chi voleva un mondo senza Gesù».Il cardinale Angelo Bagnasco è un osservatore privilegiato di quanto quanto accade in Italia e nella Chiesa. Ex arcivescovo di Genova, è stato per due mandati presidente della Cei ed è stato anche presidente del consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa. Intervistato dalla Verità, spiega dove stanno andando il nostro Paese e la Chiesa di Francesco.Da poche settimane la Chiesa è orfana di papa Benedetto XVI. Cosa ha rappresentato il pontefice per lei, dal punto di vista personale? E a distanza di 10 anni, che idea si è fatto sulle sue clamorose dimissioni? «Benedetto XVI è stato una grazia particolare potendolo incontrare con una certa frequenza per i miei compiti. Inoltre, basta pensare al fiume di persone che hanno sfilato davanti alla sua salma, specialmente di giovani, laici e sacerdoti, e alla folla in piazza San Pietro: in quelle immagini è scritto ciò che Benedetto è stato. Resterà nel cuore del popolo. Non aveva paura di dire la verità della fede e della ragione, sapendo dialogare con la modernità senza rincorrere il consenso. Era un uomo libero, tanto che, all’inizio del pontificato, pensai che avrebbe potuto, un giorno, anche rinunciare. Nella confusione culturale e sociale del nostro tempo, resterà un punto di riferimento rassicurante. L’uomo occidentale avverte che non basta il progresso tecnologico per vivere, ma ha bisogno della verità che dà senso all’esistenza. Circa la sua rinuncia, è lo stesso Benedetto che ha fornito le ragioni. Certamente non si è ritirato di fronte all’evidente, continuo e orchestrato attacco ad ogni sua parola e gesto. È certo, comunque, che la sua fede adamantina, la limpida intelligenza, la sua coraggiosa mitezza, hanno spaventato chi avrebbe voluto un mondo senza Gesù Cristo. Ieri come oggi». Gli anni caratterizzati dai «due Papi» hanno rappresentato un momento nuovo per la Chiesa. E la presenza di due successori di Pietro ha generato e alimentato quello che è apparso uno scontro tra due differenti visioni della Chiesa: è così? E che effetto avrà sul Conclave? «Si è spesso parlato dell’era dei “due Papi”: mi è sembrata più una espressione mediatica che vera. Il Papa è uno ora ed era uno prima: Francesco. Letture diverse sono artificiali per crescere nella confusione che divide. La verità che unisce è il Vangelo, che dobbiamo servire senza servircene per le nostre visioni. Il futuro Conclave, come sempre, sarà sotto la luce dello Spirito Santo e i cardinali elettori voteranno guardando il giudizio universale della Cappella Sistina».Secondo alcuni la Chiesa è esposta al rischio di uno scisma, dopo che il Sinodo tedesco ha chiesto con forza grandi cambiamenti. È un pericolo concreto? Se sì, cosa si può fare per scongiurarlo? «Dobbiamo pregare perché ciò non accada. La Chiesa è fatta di uomini ma non dagli uomini, dalle loro idee e dalle maggioranze. Tanto meno dalle mode e dagli slogan. Scaturisce dal cuore di Cristo crocifisso, vive della Scrittura, si nutre dei sacramenti, della tradizione che non è un insieme di abitudini mutevoli, ma un patrimonio di vita e di valori spesso bagnato dal sangue dei martiri e dalla santità. Uno solo è il vero maestro, Gesù. I vescovi ne sono i primi servitori».Il mondo ha particolarmente apprezzato in questi anni una serie di presunte «aperture» fatte dal Papa sul tema degli omosessuali. La Chiesa necessità di un cambio di atteggiamento a tal proposito secondo lei? «Il Santo Padre ha ribadito ufficialmente la dottrina della Chiesa nell’enciclica Laudato si’ , al numero 155. Per quanto riguarda gli atteggiamenti da tenere, essa ha sempre accolto e accompagnato le singole persone nelle loro situazioni, fedele alla sua missione di condurre all’incontro con Cristo».Un tratto comune degli ultimi tre pontificati è la messa in guardia da un rischio di perdita d’identità dell’Europa. Oggi il Vecchio continente può definirsi ancora cristiano? Quali sono le preoccupazioni della Chiesa in questa parte di mondo? Può essere ancora salvata dall’avanzata del transumanesimo e quali sono i rischi principali? «La Chiesa guarda all’Europa con stima, sapendo che essa è nata nell’alveo del Vangelo. Basta leggere la storia. L’identità non è, come si pensa, esclusione, nazionalismo o populismo, ma è casa, storia, ideali e valori, amore e sacrificio. È condizione per dialogare con tutti, donando il meglio senza dissolversi. Senza, l’uomo non sa chi è e dove va: è apolide. Si possono avere molte dimore, ma senza una “casa” non si può essere “cittadini del mondo”, come si dice con enfasi. Si è solo dei vagabondi, degli sbandati. L’Europa, come scriveva Novalis nel Settecento, se si allontanasse da Cristo non sarebbe più se stessa. Non è una affermazione confessionale, ma logica: grazie al Vangelo, il continente ha raggiunto la visione più alta della dignità umana. E questo è un dono da offrire al mondo intero. Ma deve essere conservato e fondato sulle sue radici storiche, religiose e culturali. Per capire meglio l’Europa, bisogna leggerla a due livelli. Quello della cultura che rumoreggia, segnata da un secolarismo che non ha niente a che fare con la giusta laicità. E quello del popolo o, meglio, dei popoli che riconoscono al fondo della propria identità la matrice cristiana. Certo, non bisogna illudersi: non si può vivere di rendita, nella luminosità della fede senza coltivarla. Dipende dai cristiani ravvivare la fede con la vita e la parola, senza ritirarsi nel silenzio per timore del giudizio altrui. Al riguardo, l’unico criterio è Gesù, non gli equilibrismi. Il Vangelo ha ispirato l’umanesimo, non l’umanitarismo. Questo porta al “trans umanesimo”, cioè al controllo universale con passi progressivi e, quindi, alla manipolazione giuliva e criminale dell’umano».L’Italia, e quasi tutto il continente europeo, sta attraversando un inverno demografico più volte denunciato. Eppure l’emergenza sembra quella dell’aborto, inteso come «diritto» negato. A suo modo di vedere, in questo deserto di famiglie, dominano motivazioni socio-economiche o, per così dire, culturali? «L’inverno demografico è sotto gli occhi di tutti, tranne di chi predica che siamo troppi e che la Terra si sta tragicamente esaurendo. Non credo a questa narrazione. Penso che siano in atto interessi giganteschi a favore di élite sempre più ristrette: interessi di profitto e di potere. Perché, ad esempio, non si fertilizzano i deserti? Perché non si semplifica la desalinizzazione del mare? Gli esperti dicono che è possibile. Per quanto riguarda la diminuzione demografia, si invocano da decenni politiche familiari vere e incisive, che non diano da una parte e tolgano dall’altra. Ma ciò non basta: in certe parti del mondo, dove il livello di vita si è elevato, sono diminuiti i figli. Qui entrano motivazioni spirituali e culturali: i figli sono un bene, una grazia per tutti anche se necessariamente pongono dei limiti, ma sono limiti d’amore. Ogni volta che, per i vicoli di Genova, vedo genitori con i loro bambini, sorrido, saluto e prego per loro». Una vulgata tende a descrivere l’era Bergoglio come quella che ha portato, in Italia, a un drastico calo del potere «nazionale» e politico e della Cei. Nella sua esperienza questo è vero? E perché? «Nei dieci anni di presidente dei vescovi italiani, ho scoperto che il mondo sociale e politico poneva una notevole attenzione alle parole dei vescovi: erano un punto di confronto, riflessione e discussione nei loro ambienti. Questo anche da parte di mondi non vicini alla Chiesa. Direi addirittura che aspettavano questi momenti, anche se a volte erano mediaticamente critici. Penso che sia la posizione giusta nel rapporto fra lo Stato italiano e la Cei. Le valutazioni possono essere differenti, ma il rispetto, il confronto anche a distanza, il desiderio di collaborare per il bene comune, sono ingredienti per sintesi più alte su problemi che riguardano il bene comune, i valori morali».Papa Francesco ha dichiarato che il celibato degli ecclesiastici non è una norma eterna ma temporanea. La Chiesa si appresta, dunque, a consentire il matrimonio per i sacerdoti? «Il Santo Padre ha ricordato ciò che la Chiesa ha sempre detto, sapendo che alla base di questa norma vi sono anche ragioni di opportunità pastorale e di carattere spirituale e ascetico: l’esempio di Gesù, sposo della Chiesa». È passato un anno dall’inizio della guerra tra Russia e Ucraina. La Chiesa sembra sola, in Occidente, nell’indicare una via di trattativa. Perché non viene ascoltata né dalle parti in causa né soprattutto da Stati uniti e Unione europea? «Bisogna pregare perché si aprano i cuori di tutti, ma anche l’intelligenza e la saggezza, poiché i popoli soffrono, la gente muore e la paura dilaga. Se sotto a ciò che si vede ci fossero, come serpenti nella sabbia, interessi diversi dalla giustizia, ma di ordine economico che traggono profitto dalla sofferenza di tanti, allora sarebbe un crimine mascherato da paraventi ideali. Sarebbe la logica della forza e dell’interesse di singoli, lobby, nazioni o continenti. Ognuno dovrà rispondere alla propria coscienza e al tribunale della storia. Ma non solo. Auspico che il mondo faccia al più presto un esame di coscienza globale per non arrivare mai più a situazioni del genere né in Europa né nel mondo. Ci vorrebbe molta onestà e coraggio. Ci saranno?».Negli ultimi giorni il dibattito politico si è infiammato sul tema della maternità surrogata. La Cei, in conclusione della sessione primaverile del Consiglio episcopale permanente, ha definito «una pratica inaccettabile» l’utero in affitto. Un tema che si sovrappone a quello del riconoscimento all’anagrafe dei figli di coppie di persone dello stesso sesso. Come valuta le posizioni dei sindaci di vario colore politico che hanno manifestato l’intenzione di procedere con le registrazioni? «Per quanto riguarda il riconoscimento all’anagrafe dei figli di coppie dello stesso sesso, è necessario seguire l’articolata e puntuale sentenza della Corte di Cassazione del 30 dicembre 2022».Ultima domanda. La Chiesa ha dato pubblico apprezzamento dell’era Draghi. La vittoria della coalizione di centrodestra ha colto impreparate le gerarchie? Posto che ovviamente né la Cei né la Chiesa svolgono attività partitico-politiche in senso stretto, da osservatore esperto che giudizio dà dei primi mesi di questo governo su reddito di cittadinanza, guerra e posizioni «etiche»? «Se un politico fa qualcosa di veramente buono per il Paese deve essere riconosciuto, specialmente se lo fa in modo democratico, leale verso la nazione, e libero da condizionamenti esterni. Ai pastori interessa questo. Azzardare un giudizio così dettagliato mi sembra quanto meno prematuro: è più importante osservare senza pregiudizi e senza retoriche inutili. Chi ha responsabilità di governo certamente deve essere dotato di coraggio per non inseguire il facile consenso, deve avere una visione complessiva del nostro splendido Paese che desta comprensibile invidia a molti oltre Italia: una visione d’insieme che permetta di collocare in modo coerente gli obiettivi. La vita umana è più grande di noi, l’uomo è qualcuno, non qualcosa che si può ordinare e produrre, e i bambini hanno bisogno a un padre e una madre. Ecco i valori fondamentali della persona. Infine, camminare insieme è bello ma impegnativo: ci sono patti e regole. Penso che l’importante sia stare con gli altri con la propria dignità di persone, di popolo e di nazione».
La commemorazione di Charlie Kirk in consiglio comunale a Genova. Nel riquadro, Claudio Chiarotti (Ansa)
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Charlie Kirk (Getty Images)