2024-02-21
I timori dei superstiti di Avdiivka: «I russi avanzano, hanno più armi»
Uomini del battaglione «Argo» a Avdiivka (Niccolò Celesti)
Attorno all’avamposto appena conquistato dalle forze di Mosca, il morale dei soldati ucraini è a pezzi «All’inizio l’invasore ha commesso molti errori, ora è meglio equipaggiato di noi. L’ora è delicatissima».Di Niccolò Celesti, da Avdiivka.Il comandante Nazar siede sulla panca da sollevamento pesi nel rifugio sicuro del suo gruppo d’assalto, la compagnia Argo, dove ci ospita per qualche giorno nei dintorni del fronte di Avdiivka. Siamo venuti qui per verificare con i nostri occhi la situazione sul campo di battaglia, uno scacchiere che cambia di giorno in giorno, e registrare il pessimo momento che attraversa l’esercito ucraino: infatti qui ha appena perso la battaglia per il controllo di questa città che era sotto assedio russo da oltre sette anni. Una sconfitta simbolica e sconfortante per il governo di Kiev. Nazar comanda un gruppo di uomini provenienti per la maggior parte dal Sud America, ma ci sono anche francesi e ucraini. A lui, che ha passato alcuni anni come emigrato in Argentina, vengono affidati i soldati di lingua spagnola. Hanno partecipato alla difesa disperata di questi territori nella regione del Donetsk attraverso furiosi combattimenti che sono culminati con la vittoria strategica e la conquista della città di Avdiivka da parte delle truppe russe. Noi vi eravamo entrati l’ultima volta a ottobre, quando questo borgo era sotto assedio, un attacco che gli ucraini riuscivano con fatica a respingere. La città era ormai ridotta in macerie, e i pochi civili rimasti degli oltre 30.000 cittadini che un tempo abitavano questo luogo sopravvivevano grazie all’aiuto dei volontari di associazioni umanitarie che portavano dentro provviste e generi di prima necessità. I soldati asserragliati nell’area urbana erano tesi e preoccupati per quello che poi è avvenuto negli scorsi giorni e che oggi è motivo di dibattito politico nel mondo occidentale. La disfatta di Avdiivka, infatti, appare qui come il risultato di mesi di ritardi nelle forniture militari, che sono stati ben sfruttati dalle truppe russe a proprio vantaggio. Anche la mancanza di copertura mediatica degli eventi e il disinteresse montante per questa guerra a livello di opinione pubblica internazionale vengono considerati da queste parti tra i fattori che hanno condotto alla resa. Sul campo ora c’è un grande fermento tra le truppe ucraine, una riorganizzazione della logistica, a partire da una nuova disposizione di molti battaglioni lungo il fronte. Da quando siamo rientrati in Ucraina, qualche giorno fa, abbiamo trovato per la prima volta segnali diffusi di malcontento fra i soldati. Una sensazione generale di insicurezza e paura, non lamentele su singoli fatti come accadeva prima nei comprensibili momenti di sconforto che assalivano i fanti di un esercito giovane e provato dalla guerra. Il comandante Nazar ci racconta come nei combattimenti a Sud di Avdiivka, a pochissimi chilometri dal famoso aeroporto di Donetsk, nel 2015 al centro di una celebre battaglia, ma anche questo conquistato dai russi, lui e i suoi uomini abbiano vissuto un vero inferno: solo nell’ultimo scontro, su 14 militari impegnati, 5 sono stati feriti e un ragazzo è deceduto. «Sono settimane che siamo sotto attacco», ci racconta questo soldato di 34 anni, «non potevamo fare molto di più, ho scelto di salvare gli uomini. Ho già perso 18 soldati, oltre un terzo del gruppo iniziale, quando eravamo più di 50». Molti dispersi sono stati recuperati il giorno dopo, il 18 febbraio scorso. Avevano passato la notte nei campi e si sono salvati grazie al fatto che il cellulare aveva linea e hanno potuto inviare le coordinate ai compagni che sono andati a recuperarli sotto il fuoco dell’artiglieria. Nazar ci racconta di aver perso due villaggi nelle ultime settimane: «I russi sono molto più numerosi e ben equipaggiati, ogni missione perdiamo uomini. L’ultimo deceduto aveva 24 anni. È morto alla sua prima missione, era appena arrivato dal periodo di addestramento. Ora che siamo fuori dalla città, fuori dalla guerriglia urbana, ritorneremo probabilmente a combattere nelle trincee, perché i russi non smettono di attaccare e cercano di conquistare ancora territori approfittando del fatto che l’esercito ucraino si sta riposizionando». Il comandante confessa che siamo in una fase decisiva per la guerra: «Questo è un momento delicatissimo, molto differente dall’inizio, quando venni a combattere in Ucraina sotto il comando di mio fratello. All’epoca i russi hanno commesso molti errori e noi eravamo meglio armati e avevamo posizioni più vantaggiose». Mentre parliamo con il comandante della situazione sul campo, nella stanza accanto una soldatessa colombiana, giovanissima, inizia a piangere a dirotto. Il suo capo si alza dalla sedia e le si avvicina domandando «que pasa?» («cosa cosa succede?» in spagnolo). Lei singhiozza, spiega che ha appena saputo che il fratello è ancora vicino ad Avdiivka, disperso o catturato, piange fra le braccia del comandante che le rimprovera fraternamente chiedendole di non farlo fino a quando non avrà notizie reali: «Tornerà domani, sicuramente lo esfiltreranno», prova a consolarla. Intanto fuori ha iniziato a nevicare. Altri due giovanissimi soldati colombiani stanno parlando di come si siano salvati il giorno prima, scappando a piedi con le bombe che esplodevano tutto intorno. Dal loro sguardo si intuisce che lo shock non è ancora superato. Guardano verso il fuoco e raccontano di come siano rimasti nascosti in un campo per 24 ore con i russi che gli davano la caccia, prima di riuscire a salvarsi. «Siamo vivi per miracolo» riescono a dirci, prima che torniamo a colloquiare con Nazar. Ma chi è questo comandante che ci racconta apertamente ciò che sta accadendo in questa parte di fronte? Nazar ha gli occhi azzurri, la barba lunga, una pancia importante e uno sguardo che ti penetra. In poco tempo è passato dal fare il tassista in Argentina al comandare un gruppo di assalto composto da decine di uomini. La sua esperienza militare è cominciata quando ha preso il fucile in mano poco più di un anno e mezzo fa. E uno dei moltissimi ucraini tornati a combattere per liberare il proprio Paese. Nonostante si fosse ormai stabilito in Sud America, quando è scoppiata la guerra, con il fratello, pure lui immigrato in Argentina, i due non hanno messo in dubbio la necessità di tornare, discutendo solo di chi sarebbe partito prima. Il primo a tornare è stato il fratello maggiore, Taras, per arruolarsi e preparare il campo. Dopo pochi mesi, Taras, nome di battaglia «Argo», diventa comandante del battaglione dei Carpazi e chiama Nazar per combattere con lui. Hanno lottato fianco a fianco per mesi, sino a quando Nazar, nel novembre del 2022, si è girato verso il fratello e ha visto che era stato colpito. Ha cercato di salvargli la vita in tutte le maniere, ma alla fine Taras gli è morto tra le braccia e gli ha lasciato il comando dell’unità che oggi ha preso il suo nome di battaglia, «Argo». Che, purtroppo, sino a oggi, non ha portato troppa fortuna.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.