
Il Veneto chiederà competenze anche sul commercio estero, nonostante i niet di Antonio Tajani. Il 12 novembre udienza alla Consulta sulla costituzionalità della legge.L’autonomia differenziata inizia a diventare un fatto concreto: oggi a Roma, presso il ministero per gli Affari regionali e le autonomie, il presidente del Veneto, Luca Zaia, parteciperà al primo incontro indetto dal ministro Roberto Calderoli con i rappresentanti delle Regioni che hanno chiesto l’avvio dei negoziati per il trasferimento delle materie non Lep, come prevede la legge. Le materie non Lep, ricordiamolo, sono quelle per le quali l’autonomia può scattare già prima della definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni: organizzazione della giustizia di pace; rapporti internazionali e con l’Ue; commercio con l’estero; professioni; protezione civile; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. «Domani (oggi, ndr)», ha detto Zaia, «ci sarà un nuovo e concreto passaggio verso l’autonomia differenziata nel nostro Paese. Entrando finalmente nello specifico, si apre l’occasione per provare con i fatti che l’autonomia non è né la secessione dei ricchi né un atto di egoismo che spacca l’Italia. Cominceremo a definire le tappe del percorso verso l’attuazione della riforma che è richiesta dal Veneto e da altre Regioni ma che sarà una grande opportunità per tutta l’Italia». Il Veneto chiederà l’avvio dei negoziati per tutte le nove materie per le quali non sono previsti i Lep. La stessa strada dovrebbe essere suita da Liguria, Piemonte e Lombardia.Paradossale la posizione del vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che prima ha approvato senza battere ciglio, insieme con tutto il suo partito, la legge sulla autonomia differenziata, e adesso si lamenta avendo Forza Italia un importante bacino elettorale al Sud. «Non si può avere», ha detto nei giorni scorsi Tajani, «un’autonomia differenziata sull’export che rappresenta il 40% del nostro Pil. Non lo possiamo affidare al coordinamento di questa o quella Regione, va affidato allo Stato. Non possiamo affidare alle singole Regioni le competenze che, in tutto il mondo, sono affidate allo Stato. Io ho inviato una lettera al ministro Calderoli, non sono in lite con lui. Ho espresso le mie perplessità per quanto riguarda alcune competenze che, secondo me, non possono essere toccate», ha aggiunto Tajani, «perché aldilà di quelle previste, soprattutto per quello che riguarda il mio portafoglio. Io sono responsabile dell’export e credo sia sbagliato affidare l’export a ogni Regione. Poi che cosa facciamo, la guerra tra i vini piemontesi e pugliesi?». Dato per scontato che sia Tajani che i suoi parlamentari abbiano letto la legge prima di votarla, queste prese di posizione post datate appaiono solo e soltanto elettoralistiche. Ha infatti gioco facile Luca Zaia nello smontare le critiche di Tajani: «L’autonomia differenziata», ha replicato, «non è la volontà di creare 20 ministeri del Commercio con l’estero, o degli Esteri, ma la volontà di chiedere qualche funzione all’interno di questa materia, che potrebbe essere più utile per fare un abito su misura nella promozione, nel portare magari alcune produzioni che sono tipicamente venete nei mercati internazionali». Intanto, il presidente della Corte costituzionale Augusto Barbera ha fissato, per l’udienza pubblica del 12 novembre 2024, la discussione delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Regione Puglia e dalla Regione Toscana sulla legge che introduce l’autonomia differenziata. Seguirà, a scadenza termini prevista per martedì 8 ottobre, la fissazione, sempre per l’udienza pubblica del prossimo 12 novembre, della discussione delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Regione autonoma della Sardegna e dalla Regione Campania riguardanti la stessa legge.
Da sinistra: Piero De Luca, segretario regionale pd della Campania, il leader del M5s Giuseppe Conte e l’economista Carlo Cottarelli (Ansa)
La gabella ideata da Schlein e Landini fa venire l’orticaria persino a compagni di partito e possibili alleati. Dopo la presa di distanza di Conte, il dem De Luca jr. smentisce che l’idea sia condivisa. Scettici anche Ruffini (ex capo dell’Agenzia delle entrate) e Cottarelli.
«Continuiamo così: facciamoci del male», diceva Nanni Moretti, e non è un caso che male fa rima con patrimoniale. L’incredibile ennesimo autogol politico e comunicativo della sinistra ormai targata Maurizio Landini è infatti il rilancio dell’idea di una tassa sui patrimoni degli italiani. I più ricchi, certo, ma anche quelli che hanno già pagato le tasse e le hanno pagate più degli altri.
Jannik Sinner (Ansa)
All’Inalpi Arena di Torino esordio positivo per l’altoatesino, che supera in due set Felix Auger-Aliassime confermando la sua solidità. Giornata amara invece per Lorenzo Musetti che paga le fatiche di Atene e l’emozione per l’esordio nel torneo. Il carrarino è stato battuto da un Taylor Fritz più incisivo nei momenti chiave.
Agostino Ghiglia e Sigfrido Ranucci (Imagoeconomica)
Il premier risponde a Schlein e Conte che chiedono l’azzeramento dell’Autorità per la privacy dopo le ingerenze in un servizio di «Report»: «Membri eletti durante il governo giallorosso». Donzelli: «Favorevoli a sciogliere i collegi nominati dalla sinistra».
Il no della Rai alla richiesta del Garante della privacy di fermare il servizio di Report sull’istruttoria portata avanti dall’Autorità nei confronti di Meta, relativa agli smart glass, nel quale la trasmissione condotta da Sigfrido Ranucci punta il dito su un incontro, risalente a ottobre 2024, tra il componente del collegio del Garante Agostino Ghiglia e il responsabile istituzionale di Meta in Italia prima della decisione del Garante su una multa da 44 milioni di euro, ha scatenato una tempesta politica con le opposizioni che chiedono l’azzeramento dell’intero collegio.
Il sindaco di Milano Giuseppe Sala (Imagoeconomica)
La direttiva Ue consente di sforare 18 volte i limiti: le misure di Sala non servono.
Quarantaquattro giorni di aria tossica dall’inizio dell’anno. È il nuovo bilancio dell’emergenza smog nel capoluogo lombardo: un numero che mostra come la città sia quasi arrivata, già a novembre, ai livelli di tutto il 2024, quando i giorni di superamento del limite di legge per le polveri sottili erano stati 68 in totale. Se il trend dovesse proseguire, Milano chiuderebbe l’anno con un bilancio peggiore rispetto al precedente. La media delle concentrazioni di Pm10 - le particelle più pericolose per la salute - è passata da 29 a 30 microgrammi per metro cubo d’aria, confermando un’inversione di tendenza dopo anni di lento calo.






