2018-12-07
Auto elettriche verdi solo nel nome Inquinano più di quelle normali
Studi provano che l'energia usata per costruire le batterie produce la stessa C02 emessa in otto anni di guida con veicoli a benzina. E spesso le centrali che forniscono la corrente per la ricarica impiegano fonti fossili.Alla Camera spunta la stangata per chi acquista mezzi tradizionali. Una sciocchezza copiata da Parigi che colpisce i meno abbienti. Matteo Salvini: «Diciamo no». Ma il M5s insiste: «Resta, è nel contratto».Lo speciale contiene due articoli.Potremmo chiamarla fregola ecologica o tentativo di raccattare lo 0,4% sul rapporto deficit Pil, ma finirebbe per diventare un regalo ai produttori esteri di automobili. Parliamo dell'idea di mettere una tassa sui motori che producono più di 110 grammi di CO2 al chilometro.Se la norma passasse così com'è, il conto lo pagherebbero automobilisti, concessionari e stabilimenti soprattutto di Fca in termini di mancate vendite. E queste hanno già visto segnare un -26% del diesel a ottobre, -6% del totale. Una catastrofe. Nonostante Luigi Di Maio abbia smorzato i toni, il pericolo non è scongiurato. Per dare una dimensione a ciò che ci aspetterebbe se le cose rimanessero così, una Panda costerà quasi 500 euro in più su circa 11.000 euro e una berlina che emetta più di 250 grammi di CO2 per chilometro anche fino a 3.000 euro oltre il suo listino. Ma chi potrà portare a casa una Tesla model s che costa 118.000 euro avrebbe un incentivo fino a 6.000 euro perché a «impatto zero». Qualche esempio: tassa di 150 euro per il motore che emette circa 110 g/km come quello di una Volkswagen Golf 1.5 a benzina; 500 euro per chi ne produce poco più di 140 come un'Alfa Romeo Stelvio 2.2 Td. Sarebbe invece incentivata di 1.500 euro una Toyota C Hr 1.8 ibrida e promossa con 3.000 euro una Nissan Leaf elettrica. Entrambe auto da 30.000-36.000 euro. La falsità ideologica del provvedimento sta nell'impatto zero: il livello di inquinamento di un'auto elettrica dipende non solo dalle emissioni, ma anche da come viene prodotta l'energia per caricare le batterie, e se questa è generata con impianti che bruciano un combustibile fossile e deve poi essere trasportata per centinaia di chilometri l'anidride carbonica totale è senza dubbio maggiore di quella prodotta dai motori endotermici.Non siamo neppure certi che la tecnologia sia ecologicamente sostenibile. Serve un piano globale per il riciclo delle batterie ad alta capacità, poiché anche quelle più moderne difficilmente superano i quattro anni di vita. In Europa lo smaltimento tocca ai produttori, ma in molti altri Paesi del mondo, come la Cina, la questione non ha regole chiare, con potenziali impatti sulla salute e sull'inquinamento dei terreni e delle falde idriche. Non solo: secondo uno studio dell'istituto di ricerca ambientale svedese Ivl, la produzione delle batterie comporta emissioni molto elevate: per ogni kilowattora di capacità di stoccaggio nella batteria vengono generate emissioni da circa 150 a circa 200 chili di diossido di carbonio. Considerando le dimensioni delle batterie delle auto attuali, queste rilascerebbero nell'aria - ancor prima di abbandonare le fabbriche - fino a 17,5 tonnellate di CO2. Secondo i ricercatori, quindi, servirebbero più di otto anni di guida di un'auto a benzina per emettere la stessa quantità di diossido di carbonio generato dalla produzione delle batterie di una Tesla Model s. Un primo protocollo sensato sarebbe quello di decidere che la fornitura d'energia elettrica per autotrazione avvenga solo se questa è prodotta con valori inferiori a 350-400 grammi per kilowattora, ovvero da centrali a ciclo combinato fossile/rinnovabile, e venga poi distribuita alle colonnine di ricarica entro un raggio massimo di 150 chilometri dal punto di produzione. In Europa la lotta alle emissioni di CO2 è disciplinata da norme che prevedono il pagamento di multe salate, norme che per esempio il settore dell'aviazione si era data quasi 30 anni fa e che sono state applicate progressivamente sia per via tecnologica, sia ottimizzando le rotte, accorciandole e disegnandole con variazioni di quota meno repentine. Purtroppo sulle strade questo non è possibile se non rendendo i tragitti più scorrevoli. Esattamente l'opposto di quello che sta avvenendo nelle metropoli, dove proliferano marciapiedi enormi e si moltiplicano le rotatorie. Gli incentivi inoltre sarebbero disponibili soltanto per i veicoli fino 3,5 tonnellate e con al massimo nove posti totali, escludendo gli autocarri, ovvero la parte più vetusta del parco circolante. E il tutto fino a terminare i 300 milioni di euro stanziati ogni anno dal disegno di legge senza neppure prevedere alcun obbligo di rottamazione. Basterebbe un calo del 3,8% delle nuove immatricolazioni per causare una perdita di gettito Iva.Ci vorrà almeno un quinquennio perché le infrastrutture rendano conveniente la circolazione elettrica, senza però smettere di rendere la produzione di energia più «green». A pensar male si fa peccato, ma pare che provvedimenti come questo, graditi a Bruxelles, farebbero felici le case che puntano sui modelli elettrici - Renault, Nissan, Bmw, Volkswagen, Opel - e vogliono fare le scarpe a Fca, che con la Panda 1.2 domina il mercato italiano.Per favorire le auto elettriche sarebbe più intelligente garantire per almeno cinque anni la detassazione dell'energia elettrica per autotrazione. Se vogliamo mettere a bilancio 300 milioni di euro, dedichiamoli a costruire colonnine di ricarica e per favorire l'adeguamento degli impianti nei garage privati. Anche perché, acquistando un'auto elettrica da 50.000 euro, chi la lascerebbe in strada la notte?<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/auto-elettriche-verdi-solo-nel-nome-inquinano-piu-di-quelle-normali-2622621082.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-tassa-ecologica-sulle-utilitarie-spacca-la-maggioranza-e-fa-paura-agli-italiani" data-post-id="2622621082" data-published-at="1758201299" data-use-pagination="False"> La tassa «ecologica» sulle utilitarie spacca la maggioranza e fa paura agli italiani Ecotassa sì, ecotassa no. La vicenda che ha messo in allarme l'Italia automobilistica divide la maggioranza, anche se i suoi esponenti ostentano serenità. I fatti sono noti: nella seduta della commissione bilancio della Camera svoltasi martedì è stato approvato un emendamento all'articolo 79 bis per l'introduzione di «un'imposta parametrata al numero di grammi di biossido di carbonio eccedenti la soglia di 110 CO2 g/km». Tradotto con parole più semplici, una tassa nei confronti di chi acquista auto più inquinanti, con importi che vanno dai 150 euro dovuti per la soglia inferiore (110-120 g/km) fino ai 3.000 euro per quella eccedenti i 250 g/km. L'intento a prima vista può sembra più che nobile. Peccato però che la norma finisca per penalizzare le utilitarie (specie quelle a benzina), senza dubbio più inquinanti ma anche più economiche e perciò maggiormente alla portata delle tasche degli italiani. Secondo un'elaborazione dell'Unione petrolifera basata su dati Unrae, infatti, a fronte del prezzo medio di un veicolo benzina pari a 12.591 euro, quello di un'auto ibrida sale a 24.736 euro, mentre un'elettrica arriva a 36.244 euro. Una spesa che sicuramente al giorno d'oggi non è alla portata di tutti. Per contro, il comma 4 dello stesso articolo contiene, per il triennio 2019-2021, una misura incentivante che premia l'acquisto delle auto con minori emissioni. Un bonus, «corrisposto all'acquirente dal venditore mediante sconto sul prezzo d'acquisto», che va dai 1.500 euro (70-90 g/km) ai 6.000 euro per i veicoli più virtuosi (0-20 g/km). Com'era ampiamente prevedibile, non appena la notizia dell'inserimento della nuova tassa all'interno della manovra ha iniziato a circolare si è levato un coro di critiche. Alle preoccupazioni degli automobilisti italiani si sono aggiunte le perplessità di sindacati, associazioni di categoria e costruttori di autovetture. Alberto Dal Poz, presidente di Federmeccanica, si è spinto a dichiarare che «se la norma non verrà ritirata scenderemo in piazza con i lavoratori». Marco Bentivogli, segretario Fim-Cisl, ha definito la misura «un altro schiaffo all'industria italiana», che «rischia solo di penalizzare la nostra industria automobilistica e quella europea a favore della concorrenza estera, mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro e penalizzando le fasce più povere della popolazione che non possono permettersi un'auto nuova». Con questo emendamento «si rischia di imboccare la strada sbagliata», ha commentato il segretario nazionale Fiom, Michele De Palma, «investendo milioni di euro della collettività per pochi privati a cui scontare con un bonus l'acquisto dell'auto elettrica e invece scaricare sui cittadini che non potendo acquistare l'elettrico sono condannati a pagare un'imposta aggiuntiva che farebbe lievitare il costo del veicolo». Scontenti anche i costruttori, che temono che il mix di incentivi e imposte influisca negativamente sulle vendite. Nell'anno in corso, il mercato sconta già una flessione importante. Secondo gli ultimi dati diffusi appena qualche giorno fa dall'Unrae, nel mese di novembre le immatricolazioni sono diminuite del 6,3% rispetto al mese precedente. Negativo anche il dato dall'inizio dell'anno: da gennaio sono state immatricolate 1.785.000 autovetture, in calo del 3,46% rispetto ai primi undici mesi del 2017. Giudizi negativi arrivano anche dall'opposizione. Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera, sceglie Twitter per esprimere il proprio disappunto: «Arriva una nuova stangata sulle auto. L'esecutivo tassa le utilitarie, diesel e benzina. Una bastonata, un salasso per chi deve comprare una nuova autovettura e per chi magari ha già parecchie difficoltà nel farlo». Critico anche Raffaele Nevi, capogruppo azzurro alla commissione Agricoltura, che definisce la tassa auto una «follia». L'aspetto politico più rilevante, tuttavia, è la disparità di vedute all'interno della maggioranza. Durante la giornata Matteo Salvini si è dissociato a più riprese dal provvedimento. «Mettere nuove tasse è l'ultima cosa da fare», ha dichiarato il premier a Mattino 5. Concetto ribadito in serata rispondendo alle domande del forum Ansa: occorre «tutelare l'ambiente ma senza imporre nuove tasse», ha spiegato Salvini, specificando che l'ecotassa «con me, con il sostegno della Lega non passerà mai». Posizioni diverse si registrano invece nel Movimento 5 stelle. Laura Castelli, sottosegretario al Mef, difende la norma sostenendo che «l'ecotassa resta, era nel contratto di governo». In realtà, al punto dedicato ai trasporti, infrastrutture e telecomunicazioni dell'accordo di programma, si fa menzione solo a «meccanismi premiali per l'incentivazione dei mezzi a bassissime emissioni». Dopo aver lasciato la porta socchiusa parlando di «norma migliorabile», in serata Luigi Di Maio cerca ancora di smorzare i toni e annuncia che lunedì ci sarà un incontro al Meg con sindacati e costruttori: «Nessuno scontro con la Lega, l'ecotassa è un bonus per le auto elettriche e a metano e le ibride. Non c'è nessuna tassa alle auto, è un bonus per chi acquista auto che non inquinano».
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)