2021-12-02
Consumatori spremuti tre volte
Per trovare i soldi per mitigare i costi di luce e riscaldamento il governo vuole usare parte dei fondi per il taglio Irpef. E in più i Comuni a secco alzeranno le tasse locali.Ogni promessa è a debito e così gli italiani finiscono per pagare due o tre volte. Il presidente del Consiglio Mario Draghi di fronte alla prospettiva che il prossimo anno inizi con una stangata senza precedenti su luce e gas (previsti aumenti del 50% del gas del 29% della luce) invece di chiarire come stanno le cose ha annunciato: «Per limitare i rincari e aiutare in particolare le famiglie più povere, abbiamo stanziato 1,2 miliardi di euro a giugno e oltre 3 miliardi a settembre. Interveniamo in legge di bilancio e siamo pronti a continuare a farlo, con particolare attenzione per le fasce più deboli». Detta così sembra un gran regalo e invece no. Mario Draghi ragiona come se lo Stato avesse dei propri denari dimenticando che ogni centesimo speso dal pubblico viene dalle tasche dei privati. Tra l’altro il nuovo aiutino alle famiglie più deboli (ormai chi guadagna 20.000 euro lordi all’anno è più povero di chi sta nella no tax area) si ricava dal risparmio che il governo, secondo indiscrezioni, vuol fare sulla riduzione dell’Irpef. Si tratta di un trasferimento di risorse mascherato. Al netto del fatto che l’Inps è passata quest’anno da erogare 800.000 a 2,5 milioni di bonus energia. Alle famiglie - quelle senza aiutini e che con le loro imposte consentono a Draghi di fare solidarietà - già oggi i rincari energetici sono costati un aggravio di oltre 340 euro, con gli aumenti d’ inizio anno e l’incremento di consumo per i riscaldamenti si arriva alla cifra di oltre 650 euro che porta il conto energetico annuo oltre i 2.000 euro. Né il presidente del Consiglio né il suo ministro dell’Economia Daniele Franco però possono dire perché tutto questo accade: non si può svelare che a determinare l’abnorme aumento di gas ed energia sono le politiche europee volute da Ursula von der Leyen e suggerite da Greta Thunberg e la totale dipendenza dall’estero dell’Italia. L’Europa peraltro ha consegnato, in attesa della transizione green, a Vladimir Putin i rubinetti del gas e la Russia può così condizionare gli andamenti delle economie. Nell’ultima audizione alla Camera il presidente dell’Arera (è l’Agenzia per l’energia) Stefano Besseghini ha annunciato che si prevedono per il primo quadrimestre del 2022 fortissimi rincari. «I prezzi si manterranno attorno a 170 euro per megawattora e si avranno delle condizioni simili all’ultimo quadrimestre di quest’anno». La bolletta del gas perciò potrebbe rincarare di oltre il 50%, quella della luce del 29%. E c’è un ulteriore inghippo. Nella manovra di settembre con cui il governo ha cercato di sterilizzare gli aumenti (riuscendoci solo in parte) ha tolto di mezzo l’Iva e gli oneri di sistema (servono a pagare le energie rinnovabili) che torneranno a gravare sulle bollette da gennaio in avanti. La batosta è durissima. Il governo ha investito per mitigare il caro gas 5 miliardi (900 milioni saranno il nuovo intervento), ma i rincari effettivi sono stati pari in questo periodo a 10 miliardi per le famiglie e a 30 miliardi per le imprese. Il governo riuscirà dunque a mitigare solo il 12,5% del caro energia. E pensa di farlo prelevando soldi dall’Erario. Dunque ha fatto il gioco delle tre bollette. Agli italiani però verrà imposto un altro balzello. Il caro bollette grava anche sui Comuni che già adesso hanno bisogno di circa 700 milioni di euro aggiuntivi. Ma l’esecutivo non paga. Perciò i Comuni o aumentano le addizionali d’imposta locali o tagliano i servizi. Se per le famiglie è un pianto, per molte industrie è la fine. Ci sono interi comparti come la ceramica, il vetro, la siderurgia che rischiano di andare fuori mercato. Due esempi bastano a capire: una bottega di vetrai di Murano passa da 20.000 a 60.000 euro di bolletta del gas, un forno per le piastrelle a Sassuolo da 1,2 a 3,5 milioni di euro. Forse è il caso che Mario Draghi più che aiutini prometta «faremo luce».
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)
13 agosto 2025: un F-35 italiano (a sinistra) affianca un Su-27 russo nei cieli del Baltico (Aeronautica Militare)
La mattina del 13 agosto due cacciabombardieri F-35 «Lightning II» dell’Aeronautica Militare italiana erano decollati dalla base di Amari, in Estonia, per attività addestrativa. Durante il volo i piloti italiani hanno ricevuto l’ordine di «scramble» per intercettare velivoli non identificati nello spazio aereo internazionale sotto il controllo della Nato. Intervenuti immediatamente, i due aerei italiani hanno raggiunto i jet russi, due Sukhoi (un Su-27 ed un Su-24), per esercitare l’azione di deterrenza. Per la prima volta dal loro schieramento, le forze aeree italiane hanno risposto ad un allarme del centro di coordinamento Nato CAOC (Combined Air Operations Centre) di Uadem in Germania. Un mese più tardi il segretario della Nato Mark Rutte, anche in seguito all’azione di droni russi in territorio polacco del 10 settembre, ha annunciato l’avvio dell’operazione «Eastern Sentry» (Sentinella dell’Est) per la difesa dello spazio aereo di tutto il fianco orientale dei Paesi europei aderenti all’Alleanza Atlantica di cui l’Aeronautica Militare sarà probabilmente parte attiva.
L’Aeronautica Militare Italiana è da tempo impegnata all’interno della Baltic Air Policing a difesa dei cieli di Lettonia, Estonia e Lituania. La forza aerea italiana partecipa con personale e velivoli provenienti dal 32° Stormo di Amendolara e del 6° Stormo di Ghedi, operanti con F-35 e Eurofighter Typhoon, che verranno schierati dal prossimo mese di ottobre provenienti da altri reparti. Il contingente italiano (di Aeronautica ed Esercito) costituisce in ambito interforze la Task Air Force -32nd Wing e dal 1°agosto 2025 ha assunto il comando della Baltic Air Policing sostituendo l’aeronautica militare portoghese. Attualmente i velivoli italiani sono schierati presso la base aerea di Amari, situata a 37 km a sudovest della capitale Tallinn. L’aeroporto, realizzato nel 1945 al termine della seconda guerra mondiale, fu utilizzato dall’aviazione sovietica per tutti gli anni della Guerra fredda fino al 1996 in seguito all’indipendenza dell’Estonia. Dal 2004, con l’ingresso delle repubbliche baltiche nello spazio aereo occidentale, la base è passata sotto il controllo delle forze aeree dell’Alleanza Atlantica, che hanno provveduto con grandi investimenti alla modernizzazione di un aeroporto rimasto all’era sovietica. Dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, i velivoli della Nato stazionano in modo continuativo nell’ambito delle operazioni di difesa dello spazio aereo delle repubbliche baltiche. Per quanto riguarda l’Italia, quella del 2025 è la terza missione in Estonia, dopo quelle del 2018 e 2021.
Oltre ai cacciabombardieri F-35 l’Aeronautica Militare ha schierato ad Amari anche un sistema antimissile Samp/T e i velivoli spia Gulfstream E-550 CAEW (come quello decollato da Amari nelle immediate circostanze dell’attacco dei droni in Polonia del 10 settembre) e Beechcraft Super King Air 350ER SPYD-R.
Il contingente italiano dell'Aeronautica Militare è attualmente comandato dal colonnello Gaetano Farina, in passato comandante delle Frecce Tricolori.
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Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 17 settembre con Carlo Cambi