2021-03-23
Astrazeneca zittisce l’Ue: «Mai esportato dosi». E si posiziona nella sfera Usa
(Johanes Christo/NurPhoto via Getty Images)
Gli Stati Uniti promuovono il farmaco anglosvedese. Offrendo una sponda a Boris Johnson. Mentre Mosca trova un accordo per produrre 200 milioni di fiale del suo siero in India.Dopo aver paventato il blocco dei confini, ieri il portavoce Ue, Eric Mamer, è andato avanti sulla linea di Ursula von der Leyen e ha annunciato i primi contatti con Londra per bloccare l'esportazione di fiale Astrazeneca. «Il nostro problema non è ottenere garanzie da una fabbrica che produce i vaccini, è di ottenerle da Astrazeneca per avere le dosi previste», ha detto Mamer, aggiungendo: «È con Az che abbiamo un contratto ed è su questo punto che stiamo discutendo con l'azienda». Il riferimento, volutamente vago, è al sito olandese di Halix dove il produttore anglosvedese non ha ancora ricevuto il via libera dell'Ue, chiesto lo scorso agosto. La supply chain di Astrazeneca dedicata all'Europa continentale si compone infatti, escludendo i fornitori secondari, dell'olandese Halix e di uno stabilimento a Seneffe, in Belgio, che si occupa di produrre e fornire il vettore virale. Questo impianto, che oggi regge la maggior parte della produzione di adenovirus, era di proprietà di Novasep, ma a metà gennaio è stato rilevato dall'americana Thermo Fisher. A Seneffe si sono verificati alcuni problemi alla fase di filtraggio che hanno provocato la riduzione della produzione già nei mesi scorsi. Intanto ci sono dosi stoccate nello stabilimento olandese che attendono l'ok di Ema e di Bruxelles per essere rilasciate. La cosa strana è che l'Agenzia del farmaco olandese (corrispondente alla nostra Aifa) ha già dato a dicembre il suo ok alla prima linea produttiva. Quindi, da una parte l'Ue continua a minacciare misure contro Astrazeneca perché «non sta facendo di tutto per onorare i suoi impegni», come aveva già tuonato due settimane fa il commissario all'industria, Thierry Breton, chiamando in causa addirittura il cda dell'azienda. E dall'altra non concede le autorizzazioni. Un gioco che può piacere ai tedeschi, i quali puntano a spingere le proprie partnership o brevetti, ma che fa male al piano vaccinale europeo. Soprattutto un gioco furbetto che ha le gambe corte. Ieri infatti a rispondere alle dichiarazioni del portavoce Mamer ci ha pensato direttamente Astrazeneca. «Non abbiamo mai esportato nel Regno Unito vaccini o componenti di vaccino anti Covid prodotti in impianti con sede in Paesi Ue», ha spiegato il vicepresidente esecutivo, Ruud Dobber, smentendo in pieno quanto affermato da Bruxelles al riguardo. Intervenendo al suo fianco a un briefing, un altro vicepresidente del colosso farmaceutico anglosvedese, Mene Pangalos, ha precisato che «un minuscolo lotto» uscito dai laboratori di un partner olandese dell'azienda, Halix, è stato a suo tempo inviato oltre Manica, ma «solo perché questo impianto non aveva ancora ricevuto l'autorizzazione a produrre sul territorio dell'Ue». Affermazione che ci riporta dopo settimane al punto di partenza. È ormai chiaro che nella guerra dei vaccini il Vecchio continente segue le mosse tedesche. Ma se era già pericoloso prima da ieri lo è ancora di più. La novità su Az arrivata dagli Usa domenica notte rende ora l'Europa agli occhi degli inglesi un mercato di secondo livello. È infatti arrivato il responso positivo della sperimentazione americana alla Fase 3 del farmaco anglosvedese. I nuovi dati «confermano i risultati precedenti osservati nei trial in tutte le popolazioni adulte, ma è entusiasmante vedere per la prima volta dati di efficacia simili nelle persone di età superiore ai 65 anni», ha spiegato Ann Falsey, il professore della Rochester school of medicine, che ha coordinato lo studio. «Questa analisi convalida il vaccino Astrazeneca come un'opzione di vaccinazione aggiuntiva tanto necessaria, offrendo la certezza che gli adulti di tutte le età possono beneficiare della protezione contro il virus». Insomma, un'ulteriore svolta per gli americani e pure per gli inglesi. I primi hanno adesso la certezza di vaccinare l'intera popolazione entro i primi di luglio come promesso da Joe Biden e la possibilità, come ha confermato Anthony Fauci, di gestire già all'indomani dell'Indipendence day il surplus vaccinale. In pratica alle 4 milioni di dosi già promesse a Canada e Messico se ne aggiungeranno molte di più per l'Asia e pure per l'Europa (che diventerà per gli Usa un mercato di consumo). L'ok americano ad Astrazeneca significa per Londra il rilancio della filiera farmacologica e il consolidamento di un rapporto bilaterale che troverà una seconda sponda nel Pacifico. Non a caso, l'Australia, che partecipa attivamente al progetto Quad con Usa, Giappone e India, ha sbloccato la produzione in loco proprio del vaccino anglosvedese. Un messaggio anche al nostro governo che aveva bloccato l'export (legittimo) di una manciata di fiale. Ma il progetto Quad, fortemente rilanciato da Biden, permette a quest'ultimo di agire su più livelli. Dopo aver insultato Vladimir Putin dandogli dell'assassino ha in realtà benedetto l'accordo tra India e Russia. Virchow Biotech produrrà infatti almeno 200 milioni di dosi di Sputnik. Ieri il commissario Breton ha di fatto bocciato il siero di Mosca spiegando che l'Ue non ne ha bisogno. La dichiarazione sembra piuttosto presa dalla favola di Esopo, quella della volpe e l'uva. È vero che fino a oggi erano i russi ad aver bisogno di siti produttivi non avendo in patria sufficiente capacità. Ma con l'accordo indiano il Vecchio continente diventa irrilevante anche verso Est. La startegia della von der Leyen comincia a essere molto pericolosa. La sovranità vaccinale si può perseguire se si hanno brevetti pronti e si possiede l'intera filiera produttiva. L'Ue non ha nessuno dei due elementi. Basti pensare che il solo prodotto nasce comunque dalla joint venture tra la tedesca Biontech e l'americana Pfizer. Se gli Usa copiassero ciò che sta facendo Bruxelles con Az ci troveremmo a secco.
(Totaleu)
«Tante persone sono scontente». Lo ha dichiarato l'eurodeputato della Lega in un'intervista al Parlamento europeo di Strasburgo.