2023-04-04
Le assicurazioni usano già il riconoscimento facciale per decidere se «coprirci»
Report dell’Ivass sull’intelligenza artificiale: serve per valutare la propensione agli incidenti. Con la scansione dei volti si prevedono le malattie. E pagheremo di più.Mentre infuria un dibattito fin troppo ideologico sulle richieste di adeguamento alla privacy nostrana da parte di ChatGpt, la piattaforma di intelligenza artificiale fondata da Elon Musk, basta guardarsi in giro per capire che altre forme di Ia, compreso il cosiddetto machine learning, sono già in uso. L’Ivass, Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, ha da poco reso pubblica una relazione sugli effetti diretti agli assicurati italiani dell’utilizzo delle nuove tecnologie digitali dopo aver inviato un questionario a 93 assicurazioni, per la maggior parte italiane e 4 extra europee.Chiaramente, siamo solo agli inizi (la percentuale è ancora bassa), ma il settore assicurativo ha già cominciato a sfruttare l’intelligenza artificiale per elaborare dati e fornire nuovi servizi ai clienti. Ma questo, oltre a comportare seri rischi per la gestione dei dati e il rispetto per la privacy di noi cittadini, potrebbe portare anche a una importante revisione del metodo di accettazione di nuove pratiche fino ad arrivare a un aumento dei prezzi delle singole polizze, in particolare quelle sanitarie. Massimo riserbo sui nomi delle compagnie, ma i dati parlano chiaro. Al momento, i principali ambiti di utilizzo degli algoritmi sono quelli legati alla prevenzione delle frodi o alla gestione dei sinistri, soprattutto in ambito di assicurazione per le auto. Quattro imprese sulle 93 intervistate, hanno spiegato di avere negli ultimi anni implementato un chatbot di intelligenza artificiale. Peccato che però, a fronte di questo nuovo sforzo innovativo, non sia corrisposta un maggiore controllo nel mantenimento dei dati o nella amministrazione della nuove tecnologie. L’indagine, infatti, spiega che riguardo alla gestione dei nuovi strumenti di intelligenza artificiale - per i quali sottolinea Ivass è «fondamentale un utilizzo consapevole e responsabile» - solo una compagnia su 93 indica di aver definito una policy specifica. Altre 19 sostengono che la stanno definendo mentre cinque fanno sapere di non avere ancora affrontato il tema. In ogni caso, almeno il 56% delle imprese che utilizzano algoritmi dichiara di essersi dotata di meccanismi interni per valutare la correttezza verso gli assicurati e rilevare indesiderate esclusioni o discriminazioni dei clienti: una toppa che speriamo non sia peggio del buco. Almeno 4 compagnie infatti, utilizzano chatbot anche per la determinazione del prezzo delle polizze e per identificare con maggiore facilità la clientela a rischio. L’assicurazione può determinare così un premio il più possibile aderente alle probabilità che il cliente incorra in un sinistro, con tecniche sempre più sofisticate. Del resto, come riporta Ivass, l’algoritmo, permette di costruire «cluster di rischio in cui classificare i veicoli e le zone geografiche, per determinare i coefficienti di tariffa nel calcolo del premio». Si sfrutta l’intelligenza artificiale anche per ottimizzare i tempi stessi della di gestione di un incidente, con la valutazione del danno mediante foto effettuate e inviate dal danneggiato, poste a confronto con una banca dati di foto di danni similari già liquidati. Si sfrutta, infine, il cosiddetto machine learning anche per prevenire le intenzioni di abbandono dei sottoscrittori delle assicurazioni, spesso per fissare il prezzo “giusto” che garantisca il rinnovo della polizza. La notizia più delicata si trova però alla pagina 4 del report.Alcune compagnie utilizzano persino il riconoscimento facciale del cliente «in caso di contatto a distanza e, nelle polizze salute, per la previsione di malattie che possono insorgere con maggiore probabilità da portare alla conoscenza dell’intermediario finanziario che sottoscrive il rischio, sulla base dell’anagrafica e della storia clinica dei clienti». Come noto, il riconoscimento facciale è una tecnica biometrica che punta a identificare la persona confrontando e analizzando modelli basati sui suoi «contorni facciali». In Italia, secondo la legge sulla privacy, si può utilizzare solo previo consenso dell’individuo coinvolto. Ma è una questione su cui si dibatte da diversi anni, tanto che esistono anche applicazioni sul cellulare tramite le quali, grazie a una veloce scansione del volto, sarebbe possibile riconoscere persino malattie genetiche rare. Il margine di errore, bene ricordarlo, è molto ampio. E questo comporta una serie di rischi. Innanzitutto, la possibilità che il cliente possa senza particolari spiegazioni vedersi negare il prodotto assicurativo. Il secondo rischio è di natura commerciale. Se la pratica diventasse di massa, è molto facile immaginare che meno persone verrebbero scartata, ma si ritroverebbero a pagare premi molto più alti per coprire la maggiore propensione alla spesa di indennizzo. Infine, terzo rischio di natura legale. Se ci dovessimo vedere negare una polizza a chi fare causa? Alla compagnia o a chi ha sviluppato l’algoritmo. Non è una domanda buttata lì. In Colorado da diversi mesi si sta studiando il fenomeno per evitare il rischio che l’intelligenza artificiale di fatto penalizzi le minoranze. La Division of insurance del Colorado sta collaborando con il Senato locale per sviluppare una legge che limiti l’applicazione dell’Ia ed eviti il proliferare di cause e contenziosi commerciali nel settore. Certo, da noi non esiste il modello americano della class action, non da meno è il caso di approcciare l’uso della digitalizzazione spinta nel comparto assicurativo finché resta un fenomeno non preminente. C’è infine, un problema di trattamento di dati sanitari, che come tutti sanno, rappresentano un pacchetto ancora più delicato da gestire rispetto alle informazioni basilari sulla persona. Dettaglio non da poco. Basti pensare che diverse associazioni di agenti assicurativi si sono rivolte al Tar per segnalare diversi obblighi di utilizzo della piattaforma e presunte anomalie nella finalizzazione dei dati raccolti tramite il portale nazionale che va sotto il nome di preventivass.it. In pratica, pur essendo un portale pubblico, il database è fruibile anche dalle compagnie assicurative. Legittimo, ma senza che i clienti abbiano un ritorno se non la facile consultazione dei preventivi. Questa è una bazzecola rispetto ai temi che l’intelligenza artificiale porterà sui tavoli dei tribunali.