Le polizze saranno sempre più care perché riparare i componenti danneggiati può essere rischioso e quindi si preferisce cambiarli. Intanto salgono i prezzi dell’usato, più 30%, ma aumentano le vendite.
Le polizze saranno sempre più care perché riparare i componenti danneggiati può essere rischioso e quindi si preferisce cambiarli. Intanto salgono i prezzi dell’usato, più 30%, ma aumentano le vendite.Le auto elettriche sono sempre più un problema per l’ambiente oltre che per le tasche. Sembra un paradosso, ma non lo è. L’ultima complicazione rilevata riguarda ancora una volta le batterie. Negli Stati Uniti, ma non solo, cresce il numero di automobili Ev messe fuori uso da piccoli incidenti. Questo accade, perché specialmente per alcuni modelli di auto, come le Tesla, riparare le batterie ha un costo enorme: anche fino a metà del valore dell’auto stessa. Finisce così che conviene rottamarla per acquistarne una nuova. Non proprio il massimo dell’ecosostenibilità insomma. Accade negli Stati Uniti, ma non solo. È successo anche ad un ingegnere informatico di Torino, proprietario di una Tesla Model 3, che dopo un incidente stradale ha visto ricevere un conto delle riparazioni salatissimo: 80.000 euro di danni a fronte di un’auto pagata 54.000. Viene da chiedersi che tipo di incidente possa provocare un danno del genere. La riposta è piuttosto sconvolgente perché l’ingegnere informatico ha dichiarato di aver preso un semplice muretto. Come se non bastasse, questo si traduce in un problema ancora più grande che coinvolge le assicurazioni. I pacchetti assicurativi che coprono i danni subiti dal mezzo per questo motivo stanno costando sempre di più. Esiste un modello di Tesla, la model Y, ad esempio, per cui non esiste possibilità di assicurazione (oltre l’Rca naturalmente) perché nessuna compagnia è disposta a coprire eventuali danni a causa degli altissimi costi di riparazione e della mancanza di condivisione dei dati da parte della casa automobilistica. Assicurare un’auto elettrica negli Stati Uniti costa circa il 28% in più rispetto all’assicurazione di un auto a motore diesel o benzina. Forbes Advisor ha rilevato che assicurare un veicolo elettrico costa circa 100 euro in più all’anno rispetto ad un veicolo simile a combustione interna. «I premi assicurativi già elevati continueranno ad aumentare man mano che le vendite di veicoli elettrici aumenteranno» assicurano gli esperti del settore. Ed è già successo nel Regno Unito dove le assicurazioni costano fino al 50% in più. Accade anche perché i pacchi batteria possono costare decine di migliaia di dollari e rappresentano fino al 50% del prezzo di un veicolo elettrico, rendendo spesso antieconomica la loro sostituzione. Il pacco batteria della model Y di Tesla dal momento che è strutturale è stato descritta dagli esperti come avente «riparabilità zero». La decisione di Tesla di rendere i pacchi batteria «strutturali» - parte della carrozzeria dell’auto - le ha permesso di tagliare i costi di produzione ma rischia di farli ricadere sui consumatori e sugli assicuratori. Andy Keane, responsabile dei prodotti per motori commerciali del Regno Unito presso l'assicuratore francese Axa, ha spiegato che visto che gli assicuratori non possono accedere ai dati della batteria di Tesla «Una compagnia di assicurazioni non correrà il rischio di certificarla» a causa dei rischi legali in caso di incendio. La mancanza di accesso a dati diagnostici critici è stata sollevata a metà marzo in un’azione collettiva intentata contro Tesla presso il tribunale distrettuale degli Stati Uniti in California. Gli assicuratori hanno affermato di sapere come risolvere il problema: bisogna creare batterie in sezioni più piccole, o in moduli, che le rendano più semplici da riparare e aprire i dati di diagnostica a terze parti per determinare lo stato delle celle della batteria.Fino a che non si risolve il problema è naturale che questo rappresenta un ulteriore disincentivo al passaggio dell’auto elettrica. Problema che si aggiunge agli alti costi iniziali di acquisto, alla scarsa disponibilità di colonnine elettriche e ai lunghissimi tempi di attesa per la consegna di auto nuove a causa dello shortage delle materie prime. Tutti questi motivi hanno fatto impennare le vendite delle auto usate (372.696 trasferimenti di proprietà solo a gennaio, +7,8% su base annua) ma soprattutto il loro prezzo. Secondo Federcarrozzieri, l'associazione delle autocarrozzerie italiane, nel 2022 i prezzi delle auto di seconda mano hanno subito un rincaro medio del 24%. Nel 2023 il fenomeno è cresciuto, tanto che nei primi 3 mesi dell’anno l’aumento dei listini si aggira attorno al 30%. Inoltre Assoutenti ha osservato che nel 2013 per acquistare un’autovettura nuova in Italia si spendevano in media 18.000 euro, cifra salita oggi a 26.000 euro con un aumento spropositato del +44,4% in appena 10 anni. Insomma è sempre più chiaro che imporre al mercato una tecnologia in favore di altre solo per pura ideologia sta provocando nella vita reale grandissime storture. L’effetto immediato è che possedere un’auto, che sia nuova o usata, elettrica o a combustione interna oggi costa molto di più. È sempre più vicino il giorno in cui avere un’auto di proprietà diventerà un lusso per ricchi.
Stefano Puzzer (Ansa)
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Stefano Antonio Donnarumma, ad di Fs
L’amministratore delegato Stefano Antonio Donnarumma: «Diamante 2.0 è il convoglio al centro dell’intero progetto».
Rete ferroviaria italiana (Rfi), società del gruppo Fs, ha avviato un piano di rinnovo della propria flotta di treni diagnostici, i convogli speciali impiegati per monitorare lo stato dell’infrastruttura ferroviaria. L’operazione prevede nei prossimi mesi l’ingresso in servizio di due nuovi treni ad Alta velocità, cinque destinati alle linee nazionali e 15 per le reti territoriali.
L’obiettivo dichiarato è quello di rafforzare la sicurezza e la regolarità del traffico ferroviario, riducendo i rischi di guasti e rendendo più efficace la manutenzione. Tra i nuovi mezzi spicca il convoglio battezzato Diamante 2.0 (Diamante è l’unione delle prime tre sillabe delle parole «diagnostica», «manutenzione» e «tecnologica»), un treno-laboratorio che utilizza sensori e sistemi digitali per raccogliere dati in tempo reale lungo la rete.
Secondo le informazioni diffuse da Rfi, il convoglio è in grado di monitorare oltre 500 parametri dell’infrastruttura, grazie a più di 200 sensori, videocamere e strumenti dedicati all’analisi del rapporto tra ruota e rotaia, oltre che tra pantografo e catenaria. Può viaggiare fino a 300 chilometri orari, la stessa velocità dei Frecciarossa, consentendo così di controllare le linee Av senza rallentamenti.
Un’ulteriore funzione riguarda la misurazione della qualità della connettività Lte/5G a bordo dei treni ad Alta velocità, un aspetto considerato sempre più rilevante per i passeggeri.
«Diamante 2.0 è il fiore all’occhiello della flotta diagnostica di Rfi», ha affermato l’amministratore delegato del gruppo, Stefano Antonio Donnarumma, che ha viaggiato a bordo del nuovo treno in occasione di una corsa da Roma a Milano.
Attualmente, oltre al nuovo convoglio, Rfi dispone di quattro treni dedicati al monitoraggio delle linee tradizionali e di 15 rotabili destinati al servizio territoriale.
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