Accordo Italia-Inghilterra-Giappone (con benedizione Usa) per la costruzione di un sistema integrato di difesa elettronica. Surclassato del tutto il progetto franco-tedesco. Il nostro Paese conquista così un ruolo di leadership pure in ambito Nato.
Accordo Italia-Inghilterra-Giappone (con benedizione Usa) per la costruzione di un sistema integrato di difesa elettronica. Surclassato del tutto il progetto franco-tedesco. Il nostro Paese conquista così un ruolo di leadership pure in ambito Nato.La notizia è finalmente arrivata. Parte il progetto del caccia di sesta generazione targato Italia, Gran Bretagna e Giappone. Per di più con la benedizione Usa e la possibilità per noi di ritornare ad avere un peso nel mercato saudita ed emiratino. Con un comunicato coordinato tra politica e aziende della Difesa, il presidente Giorgia Meloni, il suo omologo britannico Rishi Sunak e quello giapponese Fumio Kishida, hanno dato il via al progetto Global Combat Air Programme (Gcap), volto a sviluppare il cosiddetto Tempest, ovvero un sistema che parte dall’uso dei satelliti e passa da vari modelli d’arma fino al cervello a terra, il tutto pronto entro il 2035.Non si tratta infatti solo di un nuovo caccia, ma di creare una serie di inedite tecnologie definite multi-dominio, quindi anche elettroniche e informatiche, che consentiranno al velivolo, per esempio, di muoversi con droni armati e sistemi terrestri e spaziali di difesa cibernetica. Dunque nel Gcap confluiscono le idee e gli studi finora condotti nel Regno Unito, anche grazie a Leonardo, per il Tempest e quelli giapponesi per lo F-X. Il progetto andrà a sostituire i vecchi Eurofighter Uk ed italiano e persino gli F2 e gli F16 Usa che implicitamente hanno confermato il percorso approvando Gcap con una nota congiunta del Pentagono e del ministero della Difesa giapponese datata 8 dicembre, poiché a Washington si discute già dei finanziamenti del progetto che definirà il successore dello F-35, programma oggi chiamato «Next generation air dominance», in grado di volare a partire dal 2030. Attraverso il Gcap noi italiani potremo sviluppare i nostri rapporti di difesa di lunga data, questo progetto accelererà la nostra capacità militare avanzata e il nostro vantaggio tecnologico, approfondirà la cooperazione nel settore della Difesa, la collaborazione scientifica e tecnologica, le catene di approvvigionamento integrate e rafforzerà ulteriormente la nostra base industriale della Difesa. Tanto che ieri mattina il numero uno di Leonardo, Alessandro Profumo, ha dichiarato: «Siamo di fronte a uno dei programmi più sfidanti e avveniristici per l’industria dell’aerospazio e della difesa, che garantirà l’autonomia tecnologica dei Paesi coinvolti e fornirà alle forze armate prestazioni e capacità operative senza precedenti. Il Gcap agirà anche da volano di sviluppo per l’industria nazionale nei decenni a venire, a beneficio delle future generazioni. Grazie alla nostra forte presenza nel Regno Unito, rappresentiamo nel programma due delle nazioni partner». Va ricordato che Piazza Montegrappa svolge un ruolo primario sia in Gran Bretagna che in Italia. Il progetto finora ha impegnato circa 2.500 persone, il cui numero crescerà secondo le stime superando le 20.000 entro i prossimi 25 anni. Includendo il personale delle aziende con sedi fuori dal Regno Unito come Mitsubishi Electric, Mitsubishi Heavy Industries e Ihi in Giappone; Leonardo, Avio Aero ed Elettronica ed Mbda Italia. Non a caso, ieri, sono intervenuti Lorenzo Mariani, che ha ribadito l’importanza del settore missilistico, e il presidente e Ceo di Elettronica, Enzo Benigni. «Partendo da una rilevante esperienza collaborativa in qualità di co-progettisti dell’elettronica di combattimento del Typhoon», ha detto quest’ultimo, «porteremo nel programma una solida maturità ingegneristica e sistemistica, fondamentale in un contesto in cui la sfida della guerra elettronica è molto complessa ma strategica». Il programma Gcap è destinato a rivoluzionare le capacità tecnologiche delle industrie, il futuro della difesa elettronica in Europa e il modo in cui finora si è operato negli scenari operativi militari, dove saranno valorizzate le capacità di interoperabilità base del futuro della Difesa. Siamo arrivati dunque adesso al culmine di un percorso politico costruito fino ad oggi un po’ sotto traccia - tanto si deve ad esempio all’input dell’ex ministro Lorenzo Guerini (vedasi anche il suo viaggio in Giappone) - e l’inizio di un nuovo percorso tutto da costruire che però metterà l’Italia finalmente in una posizione di primo piano nello schema della tutela dei cieli e dello Spazio. Innanzitutto a livello Nato dove saremo in grado di operare congiuntamente con tutti gli alleati anche su scenari differenti da quello europeo, come nella regione Asiatico-Pacifica, nella quale oggi il Giappone subisce le pressioni di Cina e Corea del Nord. Ma l’altro grado di importanza del progetto si rifletterà dentro gli equilibri europei. La scelta del governo e il lavoro del precedente mettono Francia e Germania a un gradino inferiore. Il timbro Usa sul Gcap nei fatti definisce per l’industria aeronautica un dominio anglosassone ed italiano, il che significa che il progetto ancora sulla carta del velivolo franco-tedesco tendenzialmente farà fatica a decollare. Certo, a fronte di ciò da tempo assistiamo al predominio di Parigi nel settore spaziale e per noi sarà difficile trovare un contrappeso. Ma la firma apposta ieri ci spiega per l’ennesima volta che la strada degli accordi bilaterali/trilaterali (con gli Usa e non solo) è fondamentale per non rimanere l’ultima ruota dell’Ue. Uno schema che dovremmo tenere presente pure nei futuri progetti per la Difesa terrestre. Sbloccato il Tempest, ora tocca a Oto Melara e Wass. La tedesca Reinhmetall può essere il partner giusto per sviluppare un comparto che finora Leonardo ha tenuto in secondo piano e per entrare nello schema del carro europeo. Senza contare che con Fincantieri la componente dei cannoni marittimi potrebbe trovare il pezzo mancante. Prima la politica traccia la strada, poi i manager uniscono i tasselli. Fino ad ora troppo spesso è avvenuto il contrario.
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