2023-03-21
Assalto a Trump: spunta una nuova indagine
La decisione della Procura di Manhattan sul possibile arresto slitta a domani: ma i guai dell’ex presidente Usa ricompattano i repubblicani. L’offensiva non è finita: in Georgia vogliono il tycoon alla sbarra per estorsione e associazione per delinquere.Sembra ormai vicinissimo l’arresto di Donald Trump, attualmente braccato dalla Procura distrettuale di Manhattan in relazione al caso di Stormy Daniels. Nel momento in cui La Verità è andata in stampa, Politico riferiva che l’incriminazione sarebbe scattata o nella serata di ieri o nella giornata di domani. Sempre ieri, il dipartimento di polizia di New York City stava mettendo a punto misure di sicurezza in previsione di una simile eventualità. Nubi per Trump si addensano intanto dalla Georgia, dove la procuratrice di Fulton, la democratica Fani Willis, starebbe considerando di accusarlo di estorsione e associazione a delinquere sulla presunta interferenza nelle elezioni del 2020. E intanto ci si chiede quali potrebbero essere le conseguenze, qualora Trump finisse in manette nelle prossime ore. In primis, la Florida – Stato in cui il diretto interessato risiede – sarebbe costretta ad estradarlo in base all’articolo IV della Costituzione, sebbene il suo governatore, Ron DeSantis, possa teoricamente ritardare il processo. Quello stesso DeSantis che, sulla carta, è ad oggi considerato il più serio sfidante dell’ex inquilino della Casa Bianca per la nomination presidenziale repubblicana del 2024 e che si è pronunciato sulla vicenda soltanto ieri. Il governatore ha accusato la Procura di Manhattan di politicizzazione ma ha lasciato intendere di non voler essere coinvolto nella questione relativa all’ex presidente, non risparmiandogli inoltre una frecciatina. In secondo luogo, se Trump finisse in manette, risulterebbe il primo ex inquilino della Casa Bianca a subire questa sorte. Non sarebbe tuttavia il primo candidato presidenziale a trovarsi in una tale situazione: il socialista Eugene V. Debs partecipò infatti alle elezioni presidenziali del 1920, mentre era detenuto nel penitenziario federale di Atlanta, prendendo quasi un milione di voti. Ne consegue che, anche in caso di incriminazione, Trump, ricandidatosi alla nomination repubblicana il 15 novembre, resterebbe probabilmente in corsa per la Casa Bianca. E qui veniamo alle questioni di natura politica.Primo: non è affatto escludibile che un arresto possa avvantaggiare elettoralmente Trump. Nonostante abbiano preso le distanze dalla sua esortazione a protestare, molti repubblicani non hanno potuto far altro che difendere l’ex presidente davanti a un simile scenario. In sostegno di Trump è arrivato non solo lo Speaker della Camera, Kevin McCarthy, ma anche un papabile candidato alla nomination repubblicana, come Mike Pence, i cui rapporti con Trump sono da tempo tutt’altro che rosei. Insomma, l’ex presidente ha ridotto i margini di manovra dei suoi avversari interni che, adesso, avranno più difficoltà ad attaccarlo. Non è comunque escludibile che in futuro alcuni alti esponenti del Gop possano seguire la linea di DeSantis. Il secondo aspetto da considerare è che Trump continuerà prevedibilmente a sostenere che l’eventuale incriminazione è politicamente motivata. Del resto, il procuratore distrettuale di Manhattan, Alvin Bragg, appartiene al Partito democratico e, come riferito dal New York Post, la sua campagna elettorale del 2021 poté contare anche sui soldi del miliardario liberal George Soros. Proprio ieri, Bragg è stato convocato dai deputati repubblicani per una futura deposizione alla Camera dei rappresentanti, mentre Trump lo ha accusato di «interferenza in un’elezione presidenziale». Pare inoltre che Bragg abbia intensificato la linea dura contro Trump dopo che, lo scorso febbraio, l’ex assistente procuratore di Manhattan Mark Pomerantz pubblicò un libro, accusandolo di eccessiva timidezza verso l’ex presidente. Dimessosi nel febbraio 2022, Pomerantz aveva guidato le inchieste contro Trump. Tuttavia, secondo Nbc News, le sue indagini avevano suscitato dubbi all’interno della procura. «Diversi pubblici ministeri hanno presto espresso preoccupazioni sul caso che Pomerantz stava costruendo, inclusa la sua interpretazione della legge e la mancanza di fatti chiave nei promemoria sul potenziale atto d’accusa», riportò la testata il mese scorso. Il sospetto di politicizzazione emerge dal fatto che il procedimento che dovrebbe portare all’arresto ha basi un po’ traballanti. Tutto ruota attorno al fatto che Trump rimborsò il suo avvocato di allora, Michael Cohen, dopo che costui aveva pagato, alla vigilia delle presidenziali del 2016, la pornostar Stormy Daniels, per evitare che rivelasse una presunta relazione avuta col magnate nel 2006. Ora, sulla base di una rendicontazione errata, la Procura distrettuale sospetta una falsificazione dei documenti aziendali della Trump Organization che potrebbe celare una violazione della legge sui finanziamenti elettorali. Non è tuttavia chiaro come sarà in caso possibile dimostrare irrefutabilmente che quel pagamento sia avvenuto per tutelare la campagna elettorale e non, magari, per salvaguardare aspetti relativi alla vita privata del magnate: fu proprio questo uno dei punti su cui, nel 2012, naufragò il processo contro l’ex candidato presidenziale dem John Edwards, che era rimasto invischiato in una vicenda simile a quella di Trump. «L’accusa è del tutto politica», ha detto ieri alla Verità Alan Dershowitz, che fu avvocato di Trump durante il primo impeachment. «Queste normative non sarebbero mai state usate contro una persona comune. Il reato è sostanzialmente inventato. Tutti i dem (come me) e i repubblicani dovrebbero opporsi a questo procedimento illegittimo», ha aggiunto.
Jose Mourinho (Getty Images)