2025-09-17
Asl torinese brama la morte dolce. «Ma non si cura dei malati disabili»
L’azienda sanitaria To4 valuta in autonomia una domanda di suicidio assistito perché manca una legge regionale. Un’associazione denuncia: «Niente prestazioni, invece, per 3.000 persone non autosufficienti».Prima di adoperarsi per il suicidio assistito, si pensi ai 3.000 malati non autosufficienti lasciati a loro stessi. È una denuncia forte e puntuale, quella levatasi dall’associazionismo dei malati non autosufficienti nel Piemonte governato da Alberto Cirio, dove iniziano ad avanzare delle spinte pro morte assistita. Ma andiamo con ordine, riepilogando la vicenda dall’inizio. Nei giorni scorsi si è diffusa la notizia che, per la prima volta nella regione sabauda, un malato ha presentato domanda di suicidio medicalmente assistito. La richiesta risale allo scorso giugno ed era stata avanzata all’Asl To4, sul cui territorio di riferimento - quello di Chivasso, Ciriè ed Ivrea - risiede l’aspirante suicida e la sua Azienda sanitaria. Ricevuta tale richiesta, l’Asl ha si è interfacciata con la Regione per sapere se esistessero «linee guida regionali da adottare in un ambito non definitivamente normato», cioè quello del suicidio assistito per l’appunto. Ottenuta risposta negativa, la stessa Asl To4 ha quindi proposto alla Regione «un percorso di presa in carico del paziente e di valutazione dei requisiti in modo congiunto». Siccome la Regione non ha assecondato tale istanza, pochi giorni fa la direzione dell’Asl ha deciso di procedere in autonomia con l’istituzione di una propria commissione per la verifica dei requisiti del paziente.Tanto zelo pro suicidio assistito da parte dell’Asl To4 ha lasciato senza parole, tra gli altri, l’Unione per la promozione sociale, organizzazione di volontariato attiva dal 1994 nella difesa dei diritti dei malati non autosufficienti, che anzitutto definisce «controversa» l’avviata «procedura di nomina di un’apposita «commissione di valutazione». Non solo. In una nota diffusa ieri a firma del suo presidente, Andrea Ciattaglia, l’Unione per la promozione sociale ricorda che i dati della Regione Piemonte - inseriti nella bozza del Piano socio-sanitario regionale - «certificano che a inizio 2025 l’Asl To4 ha negato cure Lea residenziali a 937 malati cronici non autosufficienti e che altri 2.228 malati non autosufficienti residenti nel suo territorio hanno fatto richiesta di cure domiciliari che non hanno ricevuto. In totale, si tratta di oltre 3.000 casi di cure negate».«Senza timore di smentita», prosegue Ciattaglia, «si può dire che l’Asl To4 non eroga nemmeno le prestazioni di livello essenziale, cioè non arriva nemmeno alla sufficienza per la garanzia del diritto fondamentale alla tutela della salute sul suo territorio». Di qui un dubbio, relativo al cittadino che ha chiesto di morire: «Prima della sua richiesta di aiuto a morire, sono stati forniti al malato, come previsto dai livelli essenziali delle cure socio-sanitarie, le cure domiciliari o residenziali - a sua scelta - previste dalla norma?». La domanda non è banale, dato che prima di assicurare il suicidio assistito bisognerebbe sincerarsi che sia stato assicurato il diritto alle cure. «Sono state attivate, senza riserve, quelle previste dalla legge vigente in materia di livelli essenziali?», si chiede sempre Ciattaglia, rivolgendosi alla direzione dell’Asl in questione.In attesa che queste ed altre domande trovino risposta, il suicidio assistito resta al centro del dibattito politico. Anzitutto grazie all’infaticabile Marco Cappato, che proprio ieri ha annunciato di volersi adoperare per aiutare «Fabrizio», un ligure di 79 anni con «una malattia irreversibile che gli causa sofferenze insopportabili» e «tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale» cui «il Servizio sanitario nazionale ha rifiutato l’aiuto medico alla morte volontaria». Per questo Cappato ha annunciato la costituzione dell’associazione Soccorso civile, da lui guidata e che arruolerà soci (sono già 43) che si assumeranno - rispetto alla possibilità di condurre in Svizzera aspiranti suicidi - «la responsabilità di contribuire all’organizzazione di questi viaggi, esponendosi pubblicamente ai rischi di eventuali conseguenze giudiziarie, sollevando da ogni responsabilità amici e familiari della persona malata».Ma il suicidio assistito tiene banco anche nei Consigli regionali. Ieri, per esempio, nella Sardegna governata da Alessandra Todde il Consiglio regionale ha avviato la discussione, che proseguirà oggi, su una proposta di legge - la numero 59, con primo firmatario il consigliere dem Roberto Deriu - intitolata, per l’appunto, Procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 242/2019. Si tratta di una proposta di legge strutturata in sette articoli e di chiara impronta radicale essendo stata - come recita la sua stessa relazione introduttiva - «elaborata e promossa dall’associazione Luca Coscioni». Sulla scia di quella Toscana (già impugnata dal governo), la legge mira ad assicurare il suicidio assistito - vagliando le richieste in tempi se non record certamente celeri - entro massimo 30 giorni ai cittadini desiderosi di morire. Una tempistica davvero stretta che, c’è scommettere, i cittadini, non solo in Sardegna, vorrebbero tanto poter avere per le visite e i controlli medici. Ma, a quanto pare, le attese nella sanità restano: salvo, ahinoi, per chi non voglia togliere il disturbo.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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