2025-09-15
L’arsenale segreto di Kim
Kim Jong-un (Getty Images)
Individuata dagli Usa una base sotterranea finora ignota, con missili intercontinentali lanciabili in tempi ultra rapidi: un duro colpo alla deterrenza del resto del mondo. La «lezione» iraniana: puntare sui bunker.Il regime vuole entrare nella ristretta élite di Paesi con un sistema di sorveglianza orbitale. Obiettivo: spiare i nemici e migliorare la precisione delle proprie armi.Pyongyang dispone già di 30-50 testate nucleari operative e arriverà a quota 300 entro il 2035. Se fosse attaccata, per reazione potrebbe distruggere Seul all’istante.Lo speciale contiene tre articoli.Un nuovo rapporto del Center for Strategic and International Studies (Csis), think tank con sede a Washington, getta nuova luce sulla crescente minaccia rappresentata dal programma missilistico nordcoreano. Secondo le ricerche degli analisti la Corea del Nord dispone di una base militare sotterranea fortemente fortificata, nei pressi del villaggio di Sinpung-dong, a circa 27 chilometri dal confine cinese. Una struttura rimasta nell’ombra per anni e che potrebbe ospitare missili balistici intercontinentali in grado di colpire la terraferma degli Stati Uniti. Il Csis sostiene che la costruzione della base sia iniziata attorno al 2004 e che sia diventata operativa circa un decennio dopo. Per identificarla il centro di ricerca ha incrociato interviste con fonti riservate, immagini satellitari, documenti declassificati e dati open source. Finora, l’istituto ha pubblicato rapporti su nove di questi siti, ma gli esperti stimano che il regime disponga di almeno 15-20 basi missilistiche non dichiarate sparse su tutto il territorio nazionale.Il sito di Sinpung-dong appare diverso dagli altri. Non presenta infatti piattaforme di lancio né sistemi di difesa aerea nelle immediate vicinanze, un dettaglio che lascia pensare a un utilizzo specifico: ospitare missili balistici intercontinentali mobili a combustibile solido. Queste armi, trasportabili su enormi camion, hanno due vantaggi: possono spostarsi per eludere i sistemi di sorveglianza e sono più difficili da neutralizzare in caso di attacco preventivo. Inoltre, grazie al combustibile solido, possono essere mantenute pronte al lancio senza lunghi tempi di rifornimento. «Non è affatto una buona notizia» ha dichiarato Victor D. Cha, coautore del rapporto e già funzionario del Consiglio di sicurezza nazionale americano. «Con queste armi Pyongyang avrebbe la capacità di colpire in tempi rapidissimi, riducendo drasticamente la finestra utile per neutralizzarle prima del lancio». Secondo il Csis, la base ha una superficie paragonabile a quella dell’aeroporto internazionale John F. Kennedy di New York. Potrebbe ospitare da sei a nove Icbm avanzati, i veicoli necessari al loro trasporto e migliaia di soldati addetti alle operazioni.Gli esperti sottolineano che, per motivi di sicurezza, i missili balistici intercontinentali (Icbm) non vengono generalmente immagazzinati con le testate nucleari già montate. L’assemblaggio avverrebbe in siti separati, comunque raggiungibili in meno di mezz’ora. Una stima dello Stockholm International Peace Research Institute calcola che la Corea del Nord abbia già pronte circa 50 testate nucleari e materiale fissile sufficiente a produrne fino a 40 in più. La spinta di Pyongyang a rafforzare la propria rete di basi sotterranee sarebbe cresciuta dopo i bombardamenti statunitensi di giugno contro tre siti nucleari in Iran, strutture che, secondo alcune ricostruzioni, sarebbero state progettate con l’aiuto nordcoreano negli anni passati. Per il leader Kim Jong-un, il programma nucleare è la «spada preziosa» che garantisce indipendenza, deterrenza e sopravvivenza del regime. La guerra in Ucraina ha ulteriormente accelerato questo processo. L’uso da parte della Russia di armi a corto raggio fornite dalla Corea del Nord ha offerto a Pyongyang esperienza pratica sull’impiego in combattimento dei propri sistemi. Dopo l’improvvisa interruzione dei colloqui con Donald Trump nel 2019, Kim ha revocato la moratoria sui test a lungo raggio, rilanciando i lanci sperimentali e presentando nuovi Icbm capaci di trasportare più testate nucleari e di colpire distanze ancora maggiori. Da allora, il regime non ha mostrato alcun interesse a riprendere negoziati sul disarmo, preferendo potenziare la propria capacità offensiva. Il programma nucleare nordcoreano affonda le sue radici negli anni Ottanta, con l’assistenza tecnologica proveniente dall’Unione sovietica e, in parte, dal Pakistan. Il primo test atomico risale al 2006 e da allora Pyongyang ha condotto oltre sei esplosioni sotterranee. Ogni tentativo di dialogo con la comunità internazionale, dal processo dei Six Party Talks fino ai vertici di Singapore e Hanoi con Donald Trump, si è concluso senza risultati concreti.Per Kim la lezione è chiara: la rinuncia all’arma nucleare equivarrebbe a esporre il regime a un rischio esistenziale. Un calcolo che rende improbabile qualsiasi reale concessione nei negoziati, a meno che non vengano garantite garanzie di sopravvivenza al regime, difficili da accettare per Washington e i suoi alleati. La notizia della base di Sinpung-dong ha suscitato preoccupazioni immediate in Corea del Sud e Giappone, già sotto la minaccia dei missili a corto e medio raggio. Seul teme che la nuova generazione di Icbm solid-fuel aumenti la pressione militare e riduca la possibilità di prevenire un attacco. La Cina, pur essendo formalmente alleata di Pyongyang, osserva con cautela. Un’espansione incontrollata dell’arsenale nordcoreano rischia infatti di destabilizzare l’intera regione e complicare i rapporti con Washington. Tuttavia, Pechino ha tutto l’interesse a evitare un collasso del regime vicino al proprio confine, preferendo mantenere un fragile equilibrio. Gli Stati Uniti hanno ribadito che continueranno a rafforzare la cooperazione con Seul e Tokyo, incrementando le esercitazioni congiunte e migliorando i sistemi di difesa missilistica, come il Thaad. Washington teme che il rapido avanzamento delle capacità nordcoreane possa non solo minacciare il territorio americano, ma anche erodere la credibilità del proprio ombrello nucleare sugli alleati asiatici. La scoperta della base di Sinpung-dong conferma quanto difficile sia monitorare la reale estensione del programma missilistico nordcoreano. L’esistenza di strutture sotterranee non dichiarate rende complessa la valutazione della minaccia e riduce i margini d’azione per una risposta militare preventiva. La scelta di puntare su sistemi a combustibile solido rappresenta una svolta qualitativa. A differenza dei missili a combustibile liquido, che richiedono lunghi tempi di preparazione e sono vulnerabili durante il rifornimento, gli Icbm solidi possono essere lanciati quasi istantaneamente. Una caratteristica che, secondo gli esperti, «complica enormemente la pianificazione militare americana». Non si tratta soltanto di un problema di difesa regionale. Con missili in grado di raggiungere il continente americano, la Corea del Nord consolida la sua capacità di deterrenza strategica globale. Un arsenale che, se combinato con l’instabilità politica e l’imprevedibilità del regime, costituisce una delle sfide più complesse per la sicurezza internazionale.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/arsenale-segreto-kim-jong-un-2673993306.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-corea-del-nord-accelera-sulla-tecnologia-spaziale-grazie-al-supporto-di-mosca" data-post-id="2673993306" data-published-at="1757882958" data-use-pagination="False"> La Corea del Nord accelera sulla tecnologia spaziale grazie al supporto di Mosca Secondo analisti e think tank internazionali ripresi dal Wall Street Journal, questa espansione dimostra la determinazione del leader Kim Jong-un. In cambio dell’appoggio politico e militare offerto al Cremlino nella guerra contro l’Ucraina, Pyongyang avrebbe già ricevuto sistemi di difesa aerea, tecnologia sui droni e copertura diplomatica contro nuove sanzioni. L’aiuto russo potrebbe però spingersi oltre, fornendo al regime le competenze per compiere un salto di qualità nella tecnologia spaziale. Per gli esperti di sicurezza un supporto diretto da parte russa può comprimere drasticamente i tempi di sviluppo delle capacità spaziali nordcoreane. «Il solo aiuto russo può ridurre un processo decennale a uno o due anni», ha dichiarato Yang Uk, analista dell’Asan Institute for Policy Studies di Seul.Un sistema di sorveglianza orbitale non solo consentirebbe a Pyongyang di monitorare meglio i movimenti militari dei rivali, ma renderebbe anche più precisi gli attacchi missilistici intercontinentali diretti verso gli Stati Uniti. Kim ha fatto dello sviluppo dei satelliti spia una priorità assoluta, consapevole che solo una ristretta élite di Paesi – Russia, Stati Uniti e Corea del Sud in testa – è in grado di costruire e mettere in orbita simili strumenti. L’attuale tecnologia nordcoreana resta però rudimentale: i pochi satelliti inviati nello spazio non hanno mai dimostrato piena operatività e i tentativi di lancio si sono spesso conclusi in fallimenti spettacolari. Il sito di Sohae, già noto per i test missilistici, è stato ampliato con nuovi edifici, linee ferroviarie e un centro di assemblaggio per razzi di grandi dimensioni. Secondo Martyn Williams, autore di un rapporto per 38 North, queste modifiche confermano la volontà di Pyongyang di superare le difficoltà tecniche grazie al know-how russo. «È un club d’élite e la Corea del Nord vuole entrarvi», ha osservato l’analista.Dal 2022 il regime ha smesso di presentare i propri satelliti come strumenti esclusivamente pacifici, modificando la legge spaziale per consentirne l’uso militare. Quell’anno i primi due tentativi di lancio fallirono, evidenziando gravi limiti tecnologici. Nell’agosto 2023 Kim incontrò Vladimir Putin al cosmodromo di Vostochny: i due visitarono insieme una rampa di lancio, con Putin che confermò l’interesse nordcoreano per la tecnologia missilistica. A novembre 2023 Pyongyang riuscì a mettere in orbita il suo primo satellite spia, affermando di aver fotografato la Casa Bianca e il Pentagono. Tuttavia, l’esercito sudcoreano ha sottolineato che il dispositivo appare non operativo e in grado di scattare solo immagini a bassa risoluzione. Per il 2024 Kim aveva annunciato tre nuovi lanci, ma solo uno è stato tentato: a maggio il razzo esplose poco dopo il decollo, probabilmente per problemi legati a un nuovo motore di derivazione russa. Dopo quel fallimento, numerosi tecnici russi sono stati avvistati in Corea del Nord, presumibilmente per assistere nei lavori di miglioramento. Da allora non sono stati effettuati altri lanci, ma gli esperti ritengono che Pyongyang stia incorporando tecnologie avanzate fornite da Mosca per garantire la riuscita delle future missioni. Per acquisire vere capacità di ricognizione, la Corea del Nord dovrebbe però schierare decine di satelliti spia, imparando a mantenerli in orbita stabile e a trasmettere immagini ad alta risoluzione. «La Corea del Nord è nelle primissime fasi dello sviluppo di capacità di sorveglianza spaziale», ha spiegato Doo Jin-ho, ricercatore del Korea Research Institute for National Strategy. «La Russia può accelerare il processo, ma Pyongyang resta lontana dalle grandi potenze spaziali». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/arsenale-segreto-kim-jong-un-2673993306.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="tutto-il-globo-e-potenziale-bersaglio" data-post-id="2673993306" data-published-at="1757882958" data-use-pagination="False"> Tutto il globo è potenziale bersaglio L’arsenale di Kim Jong-un non è più soltanto una minaccia confinata alla penisola coreana: negli ultimi anni si è trasformato in uno strumento di proiezione di potere capace di condizionare la politica internazionale. Oggi Pyongyang non si limita a collezionare qualche test nucleare da esibire a uso interno, ma lavora sistematicamente alla costruzione di una vera e propria triade strategica: missili intercontinentali, sottomarini e bombardieri. Gli esperti stimano che la Corea del Nord possieda già tra le 30 e le 50 testate operative, con materiale fissile sufficiente per avvicinarsi a quota 90. Numeri piccoli rispetto agli arsenali di Stati Uniti o Russia, ma enormi se rapportati alle capacità economiche del Paese. E soprattutto in costante crescita: secondo studi indipendenti, Kim potrebbe arrivare a 300 ordigni entro il 2035. Un salto che renderebbe il regime non solo in grado di minacciare i vicini, ma potenzialmente di influenzare l’equilibrio globale.Il fattore che ha cambiato il gioco negli ultimi anni è l’asse con Mosca. Dalla Russia arrivano tecnologie missilistiche e navali, in cambio di armi convenzionali e perfino truppe destinate al fronte ucraino. Questo scambio ha permesso a Pyongyang di accelerare progetti a lungo rimasti sulla carta: un nuovo cacciatorpediniere da 5.000 tonnellate, capace di lanciare missili balistici, e un sottomarino a propulsione nucleare che ridà fiato al sogno di una deterrenza anche sotto il mare. Sul fronte missilistico, i modelli Hwasong-12 e Hwasong-17 rappresentano la vetrina delle ambizioni: il primo in grado di colpire le basi americane a Guam, il secondo progettato per arrivare fino alla terraferma degli Stati Uniti e, forse, per ospitare testate multiple. Parallelamente, nei siti di Yongbyon e Yongbon l’attività di arricchimento dell’uranio e di produzione di plutonio non si è mai fermata. Un reattore sperimentale ad acqua leggera, operativo dal 2023, fornisce trizio utile a testate più sofisticate e in grado di moltiplicare l’effetto distruttivo.A questo si aggiunge la dimensione convenzionale. L’esercito nordcoreano dispone di migliaia di cannoni e lanciarazzi puntati su Seul, con scorte tali da sostenere mesi di bombardamenti. Una minaccia immediata che serve da scudo per le mosse nucleari: chiunque volesse colpire le infrastrutture atomiche di Kim dovrebbe mettere in conto la devastazione istantanea della Corea del Sud. La narrazione del regime presenta tutto ciò come un «deterrente necessario» contro gli Stati Uniti. Ma in realtà l’arsenale nucleare è diventato lo strumento più efficace per garantire la sopravvivenza del potere dinastico dei Kim e ottenere legittimità internazionale. Ogni nuovo missile testato, ogni parata militare, sono un messaggio di forza all’interno e una moneta di scambio all’esterno. Il quadro, quindi, non è quello di una minaccia isolata, ma di un arsenale in espansione, sostenuto da nuove alleanze e da una logica chiara: rendere la Corea del Nord intoccabile e trasformarla da «paria» a pedina decisiva nel grande gioco delle potenze.
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.