2020-06-13
Arrivano in Italia i treni a idrogeno. Meno inquinanti e più economici
I convogli saranno sviluppati nel 2021 grazie a un accordo tra la costruttrice tedesca Alstom e Snam Un'altra alternativa valida, per evitare i costi di elettrificazione della rete, è il gas metano liquido (Gnl).Ci sono svariate buone ragioni che spingono il trasporto regionale di tutta Europa e non soltanto, a riconsiderare le linee ferroviarie non elettrificate, anche se i treni destinati a percorrerle non sarebbero certamente quelli a cherosene o diesel, bensì elettrici alimentati a idrogeno. Ironia della storia, a guardare questi capolavori di tecnologia la somiglianza con le littorine italiane di un secolo fa è innegabile: corti e dalla forma un po' arrotondata.In mezzo mondo si stanno realizzando impianti ferroviari più semplici e dalla manutenzione meno onerosa, ma soprattutto senza elettrificazione, che significa anche minori possibilità di dover fermare la linea per sistemare la parte aerea al minimo inconveniente. Ma a guidare la tendenza c'è soprattutto la necessità di ridurre le emissioni inquinanti. Quanto possa funzionare lo hanno dimostrato in Sassonia percorrendo 180.000 km negli ultimi 18 mesi utilizzando i primi due convogli spinti a idrogeno, due esemplari di pre serie modello Coradia iLint realizzati da Alstom e configurati per il trasporto passeggeri. La tratta è quella tra le cittadine di Cuxhaven, Bremerhaven, Bremervörde e Buxtehudehe e i risultati ottenuti sono tanto incoraggianti che la Bassa Sassonia entro il 2022 ne metterà in linea 14 con l'idea di farli marciare per 30 anni. Attualmente Alstom ha in portafglio ordini 60 unità che viaggeranno anche nella Renania settentrionale-Vestfalia, nel Baden-Württemberg e nell'Assia Rhein-Main-Verkehrsverbund.Il sistema di propulsione è quello delle celle a combustibile, tecnologia che negli ultimi 20 anni ha fatto passi da gigante grazie a nuovi materiali e che ora ha convinto l'Autorità locale dei trasporti Lnvg ad acquistare questi treni la cui manutenzione sarà fatta a Salzgitter. La società di ingegneria Linde ha costruito e gestisce la stazione per il rifornimento di idrogeno nei pressi di quella ferroviaria di Bremervoerde. Il Coradia iLint è stato quindi il primo treno passeggeri al mondo ad essere alimentato da una cella a combustibile a idrogeno che genera energia elettrica, un convoglio che al passaggio lascia poco rumore e acqua di condensa.Ma la bella notizia è che Alstom ha firmato un accordo quinquennale per sviluppare i treni a idrogeno in Italia insieme con la nostra Snam il 4 giugno scorso. L'intesa prevede ovviamente una fase di studio che si concluderà in autunno, alla quale seguirà nel 2021 la realizzazione di progetti per la mobilità ferroviaria basata sull'idrogeno, con l'arrivo di convogli Alstom e la loro manutenzione, mentre la creazione dell'infrastruttura di gestione farà capo alla società italiana. A tal proposito Marco Alverà, amministratore delegato di Snam, ha dichiarato: «Con questa iniziativa vogliamo dare un ulteriore contributo alla decarbonizzazione dei trasporti e allo sviluppo di una economia dell'idrogeno in Italia. L'idrogeno prodotto da rinnovabili diventerà competitivo con le fonti fossili nel giro di pochi anni e avrà un ruolo centrale nella transizione energetica, in particolare nell'industria, nel riscaldamento e nel trasporto pesante. Sarà un pilastro del Green New Deal europeo e degli investimenti per la ripartenza post-Covid. Snam sta investendo e innovando per rendere la propria rete compatibile con l'idrogeno, per favorire lo sviluppo di nuove tecnologie e creare una filiera italiana perché il nostro Paese ha l'opportunità di essere tra i protagonisti mondiali nel settore, cogliendo benefici ambientali ed economici».Oltre che in Germania, treni a idrogeno e celle a combustibile sono in servizio anche in Giappone, Cina e Olanda, e anche se l'Italia parte un po' in ritardo i margini per recuperare e divenire più competitivi ci sono. Se l'idrogeno per la produzione di energia elettrica mediante celle a combustibile è il prossimo futuro, il gas rappresenta oggi un'alternativa valida per evitare i costi necessari per elettrificare reti ferroviarie situate in zone nelle quali esistono problemi ambientali tali da richiedere investimenti e generare costi di manutenzione molto alti. Si pensi per esempio alla necessità di creare l'impianto su terreni irregolari o nelle gallerie, soprattutto considerando che la rete italiana è ancora da elettrificare per circa il 28% del totale, soprattutto in zone come Umbria, Calabria, Sicilia e Sardegna. E proprio in queste Regioni treni di questo tipo potrebbero risolvere i non pochi problemi di mobilità collettiva esistenti, a patto però di svecchiare i binari, non certo in ottimo stato.Ad aver fretta ci sarebbe anche una soluzione intermedia, quella dei treni ibridi, ovvero diesel-elettrico, ma il presente potrebbe essere anche il gas metano in forma liquida. Si tratta in questo caso di una tecnologia nella quale sono stati pionieri i russi per le lunghissime tratte dei convogli merci, ma alla quale hanno guardato con interesse anche gli americani, che l'hanno scelta una decina d'anni fa per la rete locale nello stato della Florida, e gli spagnoli che già nel 2014 concorrevano per ottenere fondi comunitari finalizzati alla creazione di simili sistemi di trasporto.Per questo alla fine di marzo del 2019 le Fs italiane, Snam e Hitachi rail firmarono un protocollo per la conversione di una parte dell'attuale flotta di Fondazione Fs italiane da diesel a gas naturale liquefatto che saranno utilizzati sui circa 700 chilometri di rete gestita da Fondazione Fs. Un'iniziativa della quale però non si sa più nulla.Sono piccoli passi se vogliamo, ma importanti. Pensando di sostituire 100 treni, il risparmio di carburante annuo sarebbe di 2,5 milioni di euro. Questa tecnologia riduce molto l'inquinamento, permette la quasi totale eliminazione del particolato ma non risolve completamente il problema delle emissioni di CO2, che tuttavia viene ridotta del 20%, anche grazie all'utilizzo di nuovi tipi di convogli più leggeri del 30% realizzati con materiali di riciclo.Le direzioni sulle quali concentrare la ricerca sono quindi essenzialmente due. La prima è rendere la produzione di idrogeno, oggi ottenuto come sottoprodotto della raffinazione del petrolio (il cosiddetto Steam reforming), oppure mediante elettrolisi meno onerosa con l'utilizzo di energie rinnovabili. Vari gli studi e le sperimentazioni in questo senso, dall'uso di biomasse fino allo sfruttamento di alghe e batteri. La seconda è migliorare la filiera e la tecnologia del gas naturale liquefatto, che per poter essere mantenuto in questa forma deve essere raffreddato -162 °C quindi refrigerato continuamente con apporto di altra energia. Ecco perché l'uso di metano liquido oggi ha senso per grandi macchine come navi, treni e tir, ma non risulta conveniente per mezzi di trasporto personale. E anche perché, agli albori di questa tecnologia, quando certi materiali tolleranti al freddo non erano ancora disponibili, al gas liquefatto erano così interessati i russi: mantenere liquido il metano laddove il clima è ben lontano dall'essere quello mediterraneo è certamente più semplice. Proprio di questo si parlerà il 16 giugno all'evento «Infrastrutture Gnl e trasporti, dall'emergenza al rilancio» da seguire online su conferenzagnl.com.
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